lunedì, aprile 16, 2012
In scena al Teatro Antigone di Roma lo spettacolo “Doppie punte”, lavoro teatrale su due atti unici di Fabio Salvati.

di Monica Cardarelli

Da sempre il teatro svolge non solo una funzione artistica ma anche sociale, basti pensare alle prime farse di teatro comico fino ad arrivare a capolavori come i testi di Molière o alle tragedie di Racine e Corneille, in cui i protagonisti incarnavano vizi e virtù, qualità e difetti dell’animo umano e in particolare nella scena teatrale era riportato uno spicchio di umanità, di società dell’epoca. Era ed è un modo per riflettere e sorridere sull’animo umano e sulla società in cui viviamo. Con questo intento Fabio Salvati scrive i suoi testi teatrali e con la stessa intenzione e professionalità sono stati messi in scena “Era perfetta” e “Un bene dell’anima”, con la regia di Piergiorgio Saracino e la spontaneità e la bravura di Daniela Moccia, Giulia Nicolai, Roberto Di Michele e Gianfranco Corteggiano. Il lavoro è stato messo in scena al Teatro Antigone di Roma, un piccolo e accogliente spazio teatrale nel cuore di Testaccio, con la direzione artistica di Riccardo Greco (www.teatroantigone.it).

I due atti unici di Salvati propongono due diversi ambiti estremamente attuali. In “Era perfetta” si assiste ad un colloquio di lavoro, una selezione lavorativa che si snoda in un crescendo di ritmi ed emozioni. I due personaggi, il selezionatore da un lato della scrivania e la candidata dall’altro, sono presentati con estrema ironia e finezza e riescono a poco a poco a proporre al pubblico le loro paure, i loro timori e le loro incertezze, il tutto intercalato da momenti di comicità. In un altalenarsi continuo, i due personaggi passano dal ruolo del più forte a quello del più debole, scoprendo così i lati umani del carattere e non del ruolo che rivestono: in questo modo lo spettatore scoprirà dei caratteri universali. Lo spazio ristretto e gli oggetti, così come l’uso del corpo da parte degli attori, sono elementi fondamentali per questa scena che determinano e allo stesso tempo lasciano trasparire le diverse emozioni.

Simpatica agli occhi del pubblico, la presenza/interferenza della madre del selezionatore, che telefona al figlio nei momenti meno opportuni, o forse più opportuni, per spezzare la tensione della scena e dare la possibilità al personaggio di uscire allo scoperto dal suo ruolo di forza. Inoltre, come il ‘giullare di corte’ o il ‘folle’ shakespeariano, anche in “Era perfetta”, testo dei nostri giorni, il personaggio del barista interviene in vari momenti della selezione e dice delle verità utili sia alla selezionata che al pubblico. Una scena, dunque, in cui non solo viene presentato un problema come quello del lavoro e della disoccupazione con tutte le implicazioni sociali e umane che comporta, ma viene data anche la possibilità di sorridere di tanti nostri difetti, personali e sociali.

Nell’atto unico “Un bene dell’anima” invece la scena cambia completamente. Lo spettatore è catapultato all’interno di un salone di una parrucchiera, ambiente in cui si muove la protagonista del monologo. Anche qui, la ristrettezza dello spazio in cui si svolge la scena accresce la tensione dando la possibilità all’attrice di alternare momenti ironici ad altri estremamente intensi e veri. In un dialetto romanesco volutamente marcato, il personaggio rivolgendosi all’amica parrucchiera che in quel momento è nella stanza adiacente, svela allo spettatore la propria vita, i suoi sogni e i desideri infranti, il trascorrere degli anni e la difficoltà di crescere una figlia da sola. Tutto vissuto e interpretato nella massima spontaneità alternando momenti di leggerezza mai superficiale a momenti di forte emozione, trovando così un modo di sopravvivere alla quotidianità. La scena termina in un crescendo di sentimenti e culmina nel dramma di una madre che comunque non perde la speranza di credere in un domani.

In questi testi Fabio Salvati non manca di inserire riferimenti ironici ma mai irriverenti ad alcune realtà odierne, restituendo così il carattere sociale al teatro. Ciò che più colpisce lo spettatore è comunque la possibilità di ritrovarsi e specchiarsi nei caratteri proposti che restano sempre universali.

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