sabato, aprile 28, 2012
Dalla relazione del prof. Giovanni Grandi, docente di Antropologia applicata all’Università di Padova, in occasione del Convegno delle Presidenze diocesane di AC "Esperti in umanità"

«Quando utilizziamo la società, le sue articolazioni e le sue dinamiche come modello per comprendere la Chiesa è inevitabile poi dividersi – come intuito da Maritain – tra «conservatori» e «progressisti», tra «destra» e «sinistra». Ben presto poi si finisce per disporsi gli uni contro gli altri, come se si trattasse, anche nella Comunità ecclesiale, di conquistare il governo e di ridurre al silenzio la compagine sconfitta. Ma questo è un modo per conseguire l’integrità e la pace radicalmente diverso da quello suggerito dalla logica della riconciliazione, di cui ha bisogno invece la Persona. Ed è un modo in definitiva fallimentare per tenere insieme le diversità, per quanto generi temporaneamente l’illusione del successo».

«Nel corso degli ultimi 50 anni abbiamo sperimentato nella Comunità ecclesiale la forza disgregatrice delle partigianerie socio-politiche, talvolta travestite da atteggiamenti religiosi. Se la generazione che oggi ha 40 anni non ha potuto formarsi adeguatamente sul piano socio-politico è anche perché proprio dagli anni Novanta a parlare di politica ci si divideva così animosamente all’interno della comunità cristiana, che i parroci per lo più hanno optato per mettere al bando l’argomento. E forse ancora oggi – pur nella caoticità dei punti di riferimento socio-politici – anche quando chiediamo a qualcuno una testimonianza sulla fede finiamo più spesso per preoccuparci anzitutto della flessione socio-politica del suo pensare e del suo parlare».

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