venerdì, aprile 13, 2012
Nel 2011, su un totale di 186 persone decedute nei penitenziari italiani 63 sono stati suicidi.

Radio Vaticana - A fine febbraio su una capienza complessiva di 46 mila posti, nelle carceri italiane i detenuti erano quasi 67 mila, 54 dei quali sono bambini reclusi con le loro madri. Una realtà grave, come la condizione dei migranti nei Cie, Centri di identificazione ed espulsione. Sono questi i temi principali del rapporto della Commissione Diritti Umani del Senato sullo stato dei diritti negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti presentato oggi a Roma. Il servizio di Irene Pugliese: ascolta

Sovraffollamento, più di 60 suicidi in un anno, bambini reclusi con le loro madri e scarsità di misure alternative e di recupero. E’ questa la situazione delle carceri in Italia, descritta dal Rapporto della Commissione Diritti Umani del Senato, presentata oggi a Roma e di cui è presidente Pietro Marcenaro:

“Viviamo in condizioni di violazione della legalità. La violazione dei diritti umani non è solo una violazione dei principi etici, è una violazione di vere e proprie leggi. Si parla molto del sovraffollamento, che è una cosa molto seria, ma non è la causa; il sovraffollamento è la conseguenza di una visione della pena, che ha dimenticato la priorità di recuperare le persone, di offrire alle persone una nuova possibilità, una visione nella quale la parola ‘pena’ è ormai identificata con la parola ‘carcere’”.

Ma le carceri non sono l’unica realtà ad emergere come drammatica da questo Rapporto. Le condizioni nelle quali sono detenuti molti migranti irregolari nei centri d’identificazione ed espulsione sono spesso molto peggiori di quelle dei penitenziari. Il primo problema riguarda i 18 mesi di reclusione previsti. Secondo Marcenaro si tratta di tempi troppo lunghi:

“Questi 18 mesi sono 18 mesi vuoti, in cui non c’è nulla, in strutture inadeguate e con una promiscuità veramente pericolosa; ragazzini che non hanno fatto niente, se non arrivare qua per cercare di migliorare la propria vita, sono messi nella stessa stanza con persone che escono dal carcere, dopo aver scontato pene gravi per reati di ogni tipo; quindi è una situazione assurda, inaccettabile”.

Per presentare questa indagine è stata scelta la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e questo non è un caso, come spiega il presidente del sindacato, Roberto Natale:

“Ci sono troppi ostacoli ad un concreto esercizio del nostro diritto e dovere di raccontare quello che avviene dentro i Cie”.(ap)

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