Possono suscitare indignazione o diventare delle “antenne viventi”, ma in ogni caso i senzatetto sono lo specchio del cambiamento negativo della società
di Paola Bisconti
In francese li chiamano “clochard”, in inglese “homeless”, in italiano li definiamo “senzatetto” piuttosto che ”barboni”. Nel nostro paese sono 50.000 uomini, donne, bambini e anziani che vivono per strada e, a differenza dei “punkabbestia” che scelgono consapevolmente di diventare nomadi, dormono spesso nelle stazioni ricoperti dai cartoni oppure sotto i ponti. A confermarlo è la F.I.O.P.S.D. (Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora) che ha effettuato un censimento che constata che la gran parte dei senzatetto vivono sulla strada per problemi di alcolismo e/o tossicodipendenza ma anche per fallimenti matrimoniali, difficoltà di integrazione, malattie e disoccupazione.
Già nel 1990 molte donne decisero di abbandonare la propria famiglia perché erano vittime di continue percosse da parte dei mariti, oggi accade anche che molti padri divorziati non sopportano le spese di mantenimento della ex moglie e della prole ritrovandosi così per strada. A questi si aggiungono i malati di mente, come accade dal 1980: con la chiusura dei manicomi sono costretti a diventare dei senzatetto. Una situazione analoga riguarda i fuoriusciti dal carcere e quei pazienti che una volta dimessi dall’ospedale non hanno un posto dove stare spesso perché i familiari decidono di non occuparsene. Ci sono anche numerose vittime della malagiustizia che, non riuscendo ad ottenere nessun tipo di risarcimento economico e non trovando alcuna fonte di sostentamento, sono costrette a diventare dei clochard.
Un’altra categoria di nuovi poveri abita nelle nostre strade: sono i disoccupati. Stando alle stime dell’Istat sono 2,3 milioni di persone senza lavoro. Si tratta di un dato record che coinvolge equamente sia uomini che donne. Chi non ha un’occupazione vive in un malessere quotidiano che dalla vergogna si trasforma facilmente in depressione, una malattia mentale che frusta a tal punto il soggetto da renderlo spesso incapace di sostenere un peso così grande. Lo stesso disagio che ha portato ai cosiddetti “suicidi economici”, che partono da basi diverse ma che sono sempre causati dall’accumulo di debiti e dall’incapacità di pagarli: Giuseppe Pignataro (49 anni, di Trani), Vincenzo Di Tinco (60 anni, di Ginosa), Antonio Maggio (29 anni, di Scorrano), Pierluigi Manfredi (34 anni, anche lui di Scorrano), Silvano Pajano (28 anni, di Presicce), tutte vittime di una “tristezza sociale” che ha infranto i loro sogni, ha distrutto i loro progetti, ha ucciso la dignità dell’uomo.
Poi ci sono le storie che fanno commuovere, come quella di nonno Astorre, deceduto il 12 dicembre dello scorso anno a Treviso. Aveva 98 anni e da tempo aveva deciso di abbandonare il suo incarico di alto funzionario della Banca Commerciale di Firenze per diventare un clochard. La scelta è stata dettata dalla volontà di aiutare il figlio collassato dai debiti, tuttavia proprio l’amato rampollo si è rifiutato di far celebrare il funerale al padre che invece è stato ricordato dalla comunità marocchina. Gli immigrati, infatti, rappresentati da Abdallah Khezraji, hanno fatto una colletta per pagare le spese della cerimonia funebre ricordando con rispetto e affetto l’anziano uomo.
Proprio le nobili azioni confortano spesso i senzatetto, che durante i mesi invernali vedono le istituzioni, le associazioni, le parrocchie e i semplici cittadini offrire loro un piatto caldo e una coperta. In Campania sono aumentati i posti-letto nelle strutture di prima accoglienza, molti giovani volontari hanno offerto il loro servizio nelle mense e anche la Cgil ha accolto presso la sede di via Torino i numerosi barboni che affollavano piazza Garibaldi. Significativa è anche la campagna promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha distribuito 5000 copie della guida intitolata “Dove” che, attraverso 120 pagine che includono anche cartine e mappe, consente ai poveri di conoscere e raggiungere le strutture di accoglienza.
Luciano Colella, Massimo Andrei e Luciano Bonetti sono gli ideatori di “Cogito ergo sud”, una campagna di sensibilizzazione iniziata nel 2010 che ha come obiettivo quello di riaffermare la centralità dell’essere umano. Il loro video è presentato nei metrò sotto forma di snack: “uno spuntino di riflessione” che invita a soffermarsi sul principio che una persona, pur non avendo il denaro necessario alla sopravvivenza, deve essere aiutato a riscoprire il senso civico perduto. Benedetta Ferone, responsabile del servizio per i senza dimora, ha infatti affermato che spesso si cerca di nascondere la povertà, perché magari si pensa che questa possa rovinare il decoro delle città. Pochi mesi fa per esempio una dichiarazione rilasciata su twitter da Roberto Bolle, l’etoile della Scala, diceva: “I clochard si accampano sotto i teatri di tutto il mondo. Sono basito! Che degrado!”. L’espressione dimostra come la condizione dei senzatetto crea uno stereotipo che l’associazione F.I.O.S.P.D., nata nel 1983, tenta di superare attraverso il coordinamento delle attività pubbliche e del privato sociale, il continuo sollecito sul tema della grave emarginazione, la promozione dei momenti di studio e dello scambio delle esperienze tra i soggetti operanti, il tentativo di mettere in pratica una legge emanata nel 2000 che prevede il riconoscimento della residenza dei senzatetto da parte del comune, che ha l’obbligo di pagare i servizi sociali o di provvedere a creare un domicilio di soccorso per assicurare loro un minimo di assistenza.
Tra i decreti e la realizzazione pratica degli emendamenti ecco che dall’America arriva un’idea che generato consensi e dissensi. Ad Austin, in Texas, la Bartle Bogle Hegarty, un’azienda che si occupa di comunicazione, in occasione del South By Southwest, un festival dedicato a tecnologia, musica e film, ha coinvolto i senzatetto trasformandoli in antenne wi-fi ambulanti. Indossando un dispositivo 4g-to-wifi, i clochard hanno circolato in mezzo alla gente consentendo di avere una connessione più veloce ad internet e guadagnando 20 dollari al giorno. La trovata un po’ bizzarra ci fa riflettere sul tipo di vita che sono costretti a vivere i barboni, che spesso soffrono di solitudine pur vivendo nella moltitudine…
di Paola Bisconti
In francese li chiamano “clochard”, in inglese “homeless”, in italiano li definiamo “senzatetto” piuttosto che ”barboni”. Nel nostro paese sono 50.000 uomini, donne, bambini e anziani che vivono per strada e, a differenza dei “punkabbestia” che scelgono consapevolmente di diventare nomadi, dormono spesso nelle stazioni ricoperti dai cartoni oppure sotto i ponti. A confermarlo è la F.I.O.P.S.D. (Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora) che ha effettuato un censimento che constata che la gran parte dei senzatetto vivono sulla strada per problemi di alcolismo e/o tossicodipendenza ma anche per fallimenti matrimoniali, difficoltà di integrazione, malattie e disoccupazione.
Già nel 1990 molte donne decisero di abbandonare la propria famiglia perché erano vittime di continue percosse da parte dei mariti, oggi accade anche che molti padri divorziati non sopportano le spese di mantenimento della ex moglie e della prole ritrovandosi così per strada. A questi si aggiungono i malati di mente, come accade dal 1980: con la chiusura dei manicomi sono costretti a diventare dei senzatetto. Una situazione analoga riguarda i fuoriusciti dal carcere e quei pazienti che una volta dimessi dall’ospedale non hanno un posto dove stare spesso perché i familiari decidono di non occuparsene. Ci sono anche numerose vittime della malagiustizia che, non riuscendo ad ottenere nessun tipo di risarcimento economico e non trovando alcuna fonte di sostentamento, sono costrette a diventare dei clochard.
Un’altra categoria di nuovi poveri abita nelle nostre strade: sono i disoccupati. Stando alle stime dell’Istat sono 2,3 milioni di persone senza lavoro. Si tratta di un dato record che coinvolge equamente sia uomini che donne. Chi non ha un’occupazione vive in un malessere quotidiano che dalla vergogna si trasforma facilmente in depressione, una malattia mentale che frusta a tal punto il soggetto da renderlo spesso incapace di sostenere un peso così grande. Lo stesso disagio che ha portato ai cosiddetti “suicidi economici”, che partono da basi diverse ma che sono sempre causati dall’accumulo di debiti e dall’incapacità di pagarli: Giuseppe Pignataro (49 anni, di Trani), Vincenzo Di Tinco (60 anni, di Ginosa), Antonio Maggio (29 anni, di Scorrano), Pierluigi Manfredi (34 anni, anche lui di Scorrano), Silvano Pajano (28 anni, di Presicce), tutte vittime di una “tristezza sociale” che ha infranto i loro sogni, ha distrutto i loro progetti, ha ucciso la dignità dell’uomo.
Poi ci sono le storie che fanno commuovere, come quella di nonno Astorre, deceduto il 12 dicembre dello scorso anno a Treviso. Aveva 98 anni e da tempo aveva deciso di abbandonare il suo incarico di alto funzionario della Banca Commerciale di Firenze per diventare un clochard. La scelta è stata dettata dalla volontà di aiutare il figlio collassato dai debiti, tuttavia proprio l’amato rampollo si è rifiutato di far celebrare il funerale al padre che invece è stato ricordato dalla comunità marocchina. Gli immigrati, infatti, rappresentati da Abdallah Khezraji, hanno fatto una colletta per pagare le spese della cerimonia funebre ricordando con rispetto e affetto l’anziano uomo.
Proprio le nobili azioni confortano spesso i senzatetto, che durante i mesi invernali vedono le istituzioni, le associazioni, le parrocchie e i semplici cittadini offrire loro un piatto caldo e una coperta. In Campania sono aumentati i posti-letto nelle strutture di prima accoglienza, molti giovani volontari hanno offerto il loro servizio nelle mense e anche la Cgil ha accolto presso la sede di via Torino i numerosi barboni che affollavano piazza Garibaldi. Significativa è anche la campagna promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha distribuito 5000 copie della guida intitolata “Dove” che, attraverso 120 pagine che includono anche cartine e mappe, consente ai poveri di conoscere e raggiungere le strutture di accoglienza.
Luciano Colella, Massimo Andrei e Luciano Bonetti sono gli ideatori di “Cogito ergo sud”, una campagna di sensibilizzazione iniziata nel 2010 che ha come obiettivo quello di riaffermare la centralità dell’essere umano. Il loro video è presentato nei metrò sotto forma di snack: “uno spuntino di riflessione” che invita a soffermarsi sul principio che una persona, pur non avendo il denaro necessario alla sopravvivenza, deve essere aiutato a riscoprire il senso civico perduto. Benedetta Ferone, responsabile del servizio per i senza dimora, ha infatti affermato che spesso si cerca di nascondere la povertà, perché magari si pensa che questa possa rovinare il decoro delle città. Pochi mesi fa per esempio una dichiarazione rilasciata su twitter da Roberto Bolle, l’etoile della Scala, diceva: “I clochard si accampano sotto i teatri di tutto il mondo. Sono basito! Che degrado!”. L’espressione dimostra come la condizione dei senzatetto crea uno stereotipo che l’associazione F.I.O.S.P.D., nata nel 1983, tenta di superare attraverso il coordinamento delle attività pubbliche e del privato sociale, il continuo sollecito sul tema della grave emarginazione, la promozione dei momenti di studio e dello scambio delle esperienze tra i soggetti operanti, il tentativo di mettere in pratica una legge emanata nel 2000 che prevede il riconoscimento della residenza dei senzatetto da parte del comune, che ha l’obbligo di pagare i servizi sociali o di provvedere a creare un domicilio di soccorso per assicurare loro un minimo di assistenza.
Tra i decreti e la realizzazione pratica degli emendamenti ecco che dall’America arriva un’idea che generato consensi e dissensi. Ad Austin, in Texas, la Bartle Bogle Hegarty, un’azienda che si occupa di comunicazione, in occasione del South By Southwest, un festival dedicato a tecnologia, musica e film, ha coinvolto i senzatetto trasformandoli in antenne wi-fi ambulanti. Indossando un dispositivo 4g-to-wifi, i clochard hanno circolato in mezzo alla gente consentendo di avere una connessione più veloce ad internet e guadagnando 20 dollari al giorno. La trovata un po’ bizzarra ci fa riflettere sul tipo di vita che sono costretti a vivere i barboni, che spesso soffrono di solitudine pur vivendo nella moltitudine…
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