martedì, maggio 22, 2012
“Mentre gli afghani si rialzano, non si troveranno soli”. Così Barack Obama, al termine del vertice Nato di Chicago, che ha prodotto un complesso accordo per la “exit strategy” dall’Afghanistan. Previsto anche un sostegno economico al Paese, pari a 4,3 miliardi di dollari all’anno, per tre anni.

Radio Vaticana - Questo per sostenere l’esercito locale, che già dal prossimo anno assumerà la guida della sicurezza in tutto il Paese. Per i particolari sul documento siglato durante il summit dell’Alleanza Atlantica, ascoltiamo il servizio di Salvatore Sabatino: ascolta. L’Afghanistan, o meglio quello che sarà in futuro, riparte da Chicago, da quel vertice Nato – il più grande dalla nascita dell’Alleanza Atlantica – che ha prodotto un accordo che in molti definivano “difficilissimo da raggiungere”. Accordo che prevede due tempi:da metà 2013 le forze di sicurezza afghane assumeranno la guida della sicurezza in tutto il Paese, mentre dalla fine del 2014 le truppe Isaf abbandoneranno completamente l’Afghanistan. Non però, per quanto riguarda formazione e sostegno alle forze locali; e qui la svolta, perché i 60 leader presenti a Chicago hanno voluto consegnare un messaggio di speranza a Karzai – anch’egli presente – perché continueranno ad occuparsi del suo Paese, almeno fino al 2024. Una missione, quella annunciata, per la quale è stata auspicata la “cornice giuridica” di una risoluzione Onu e che, come ha assicurato il numero uno della Nato, Rasmussen, “non sarà un’Isaf con un altro nome”. Il presidente Usa, Obama, da parte sua, ha assicurato che “mentre gli afghani si rialzano, non si troveranno soli”. Parole dietro le quali si celano aiuti concreti, pari a 4,3 miliardi di dollari all’anno, per tre anni. Fondi destinati a finanziare l’esercito. Abbiamo chiesto ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, come si può definire l’accordo raggiunto:

R. – Direi, il migliore dei mali possibili. Nel senso che alcune nazioni decidono di sfilarsi anzitempo, altre – coerentemente e con un impegno preso anni fa – decidono di andare avanti. Naturalmente, il ritiro è un dato di fatto ma dopo il 2014 comunque gli afghani potranno continuare a contare su una importante presenza occidentale.

D. – Il vertice di Chicago ha confermato le alleanze, con un’unica defezione: la Francia di Hollande, che continua ad insistere sull’anticipo del ritiro delle proprie truppe dall’Afghanistan. Se si guardano gli equilibri interni dell’Alleanza, Parigi oggi quanto conta?

R. – Parigi conta comunque molto, perché la Francia è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è una potenza nucleare, è un Paese di riferimento dell’Europa. Ma l’Europa non è soltanto la Francia: ad esempio, l’Italia a Chicago ha pesato, e non poco.

D. – Obama ha spinto moltissimo affinché si raggiungesse questo accordo. Quanto è legato, secondo lei, alla campagna elettorale per la corsa alla Casa Bianca, e quanto invece alle difficoltà economiche che sta attraversando l’America, che non riesce più a sostenere questa guerra?

R. – Credo che non sarebbe cambiato l’impegno di un presidente statunitense in momenti diversi. Naturalmente, le elezioni in America sono sentite e non poco, ma non soltanto negli Stati Uniti. Però quello che esce da Chicago è una Nato dove si riconosce che tutti hanno più bisogno degli altri.

D. – Restano, poi, le frizioni con la Russia per lo scudo missilistico in Europa. Come si potranno superare queste tensioni che durano da anni?

R. – La Russia è stata invasa spesso, nel XX secolo, ed è comprensibile che abbia delle perplessità; ma è bene continuare ad insistere con Mosca sul fatto che l’Europa ha bisogno di un ombrello protettivo, e sarebbe molto importante che la Russia salti a bordo di questo programma.

D. – Il summit di Chicago chiude i battenti: quale la definizione che possiamo dare della Nato uscita dal vertice?

R. – Nato più forte, più Europa nel futuro della Nato.



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