Il papa ha parlato per la prima volta dell’indagine sulla diffusione dei documenti, non nascondendo la sua tristezza ma confidando nell’aiuto dello Spirito Santo.
“Paolo vive in grande tribolazione, sono molte le difficoltà e le afflizioni che ha dovuto attraversare, ma non ha mai ceduto allo scoraggiamento, sorretto dalla grazia e dalla vicinanza del Signore Gesù Cristo, per il quale era diventato apostolo e testimone consegnando nelle sue mani tutta la propria esistenza”. Così papa Benedetto XVI nell’udienza generale di ieri mattina in piazza San Pietro e, mutatis mutandis, la catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo sembra assai calzante alla sua condizione di dolore e amarezza per l’indagine che ha condotto all’arresto del suo aiutante di camera, Paolo Gabriele, da una settimana rinchiuso in una delle tre camere di sicurezza del Vaticano. All’origine quel fiume di documenti che sono usciti dall’appartamento papale per finire in qualche redazione giornalistica e ancor più tra le mani di Gianluigi Nuzzi che, senza tanti scrupoli né freni deontologici, ha utilizzato quel materiale per dare corpo a un libro che è andato a fomentare curiosità del popolo e, più presumibilmente, qualche battaglia interna alla Curia. Non certo per testimoniare quell’amore della verità che avrebbe spinto i “corvi” a indossare le vesti di fustigatori dei malcostumi d’Oltretevere, facendo trapelare fuori dalle mura leonine lettere e documenti. L’amore per la Chiesa conduce ad agire in prima persona per conto di se stessi e della propria coscienza, a viso aperto e senza infingimenti. Il cristianesimo lo sa bene, contemplando nel proprio martirologio un numero di vittime per la difesa della fede che inorgoglisce ogni credente. Le indagini proseguono per andare oltre la figura del maggiordomo del papa, per scoprire chi sta all’ombra di questo membro della famiglia pontificia, per portare alla luce eventuali connivenze e mandanti. La Gendarmeria, guidata da Domenico Giani, procede implacabile e con la riservatezza che da sempre ammanta le vicende vaticane, prima che qualcuno mettesse in piazza i documenti del papa e dei suoi più stretti collaboratori. Un furto in piena regola che potrebbe vedere anche un coinvolgimento delle autorità italiane per perseguire i responsabili del nostro Paese implicati nel furto stesso e nella ricettazione. Uno scandalo che è finito sulle pagine dei media mondiali, non giovando di certo all’immagine del Vaticano e creando dolore a un pontefice anziano che si è ritrovato alla guida della Chiesa in un momento difficile, nel corso del quale sono confluiti, quasi dandosi appuntamento, tanti e troppi problemi. Le sofferenze sembrano talvolta piegare la figura di Benedetto XVI, incupendo quello sguardo che da sette anni scruta con grande sensibilità e lungimiranza chiesa e società. “Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore – ha detto al termine dell’udienza - ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino. Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni, amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà. Desidero per questo - ha aggiunto il papa - rinnovare la mia fiducia, il mio incoraggiamento ai miei più stretti collaboratori e a tutti coloro che quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio mi aiutano nell’adempimento del mio ministero”. Il papa teologo tiene mano ferma sul timone di uno stato che sta attraversando un mare in tempesta e di una Chiesa che rischia, nella visione semplificata di molti, di finire nel cono d’ombra di meccanismi qualche volta intuibili e talvolta spinti oltre ogni più ardita immaginazione. Benedetto XVI si ritrova così a camminare sull’esile filo di logiche umane e a tradurle in un messaggio evangelico che, talvolta, è davvero difficile rendere dinanzi a certe situazioni. Ma è proprio questa la forza di papa Benedetto che, nonostante l’immagine fragile, incarna un nocchiero dallo sguardo limpido e dal polso fermo. A dispetto di chi vorrebbe sgombrare il campo dalla sua figura, pensionandolo in un eremo della Baviera a pregare e scrivere libri. Non è quello il posto per Benedetto XVI che ancora tanto può dare alla Chiesa e che tanto ancora deve ricevere dai fedeli. Semmai c’è da augurargli che l’indagine sui “corvi” si concluda al più presto bonificando gli angoli grigi del Palazzo per liberare il suo sguardo da ogni sofferenza e testimoniare con serenità la bellezza della sua Chiesa.
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Sono presenti 2 commenti
Facciamo lavorare lo Spirito che purifica. La Barca non affonda!
Non prevalebunt!!
Simone Emili
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