mercoledì, maggio 23, 2012
Almeno 100mila persone sono rimaste senza assistenza sanitaria nel nord del Darfur, la turbolenta regione sudanese dove da anni imperversa il conflitto tra i separatisti e le truppe di Khartum.  

Radio Vaticana - In seguito alle crescenti limitazioni imposte dalle autorità sudanesi, l‘organizzazione Medici Senza Frontiere (Msf) è stata infatti costretta a sospendere gran parte delle attività mediche nello Jebel Si, nello stato del Darfur settentrionale. Msf è l‘unica organizzazione che fornisce assistenza sanitaria in quella zona. Negli ultimi tempi nessun invio di farmaci o di forniture mediche è stato più autorizzato, e Msf ha avuto sempre più difficoltà nell‘ottenere i permessi di lavoro e di viaggio per i propri operatori, ha riferito all'agenzia Sir Alberto Cristina, responsabile delle attività di Msf. Contemporaneamente, le possibilità di trasporto da e verso Jebel Si sono state interrotte. Attualmente Msf è in grado di garantire solo assistenza nutrizionale limitata, consulenze prenatali ed educazione sanitaria. “Se non ci viene permesso di garantire l’approvvigionamento di farmaci e forniture mediche al nostro ospedale e ai piccoli centri sanitari - avverte Cristina -, presto potrebbero scoppiare epidemie e aumentare i decessi di madri e neonati durante il parto, rischiando di raggiungere livelli di emergenza”. Msf chiede al governo del Sudan di garantire il supporto necessario a riprendere il lavoro svolto finora e fornire assistenza medica alla popolazione. (M.G.)

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