Elezioni in Grecia: puniti i partiti storici, avanza l'estrema sinistra, in parlamento i filo-nazisti
Le elezioni in Grecia hanno lasciato i partiti pro-austerità - i conservatori di Nea Dimokratia (ND) e i socialisti del Pasok - senza un numero sufficiente di seggi per formare da soli una grande coalizione.
Radio Vaticana - Forte l'avanzata dei partiti di estrema sinistra ed estrema destra. Intanto la Commissione europea fa appello allo "spirito di responsabilità" delle forze politiche greche affinchè "formino un governo sostenuto da una maggioranza stabile"; compito che toccherà al leader conservatore Antonis Samaras (ND), che avrà un incarico difficilissimo. Per creare una coalizione che sia abbastanza forte, serve per lo meno un terzo partito. A chi si rivolgerà? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al giornalista greco Nicola Nellas:
R. - Sicuramente si rivolgerà a tutti coloro che credono che il futuro della Grecia è interno all’Unione Europea, anche se non concordano con le misure di austerità. In qualsiasi caso, dalle ultime dichiarazioni si prevede che Samaras parlerà con tutti tranne che con il partito filo-nazista.
D. - La vera vincitrice di queste elezioni è la sinistra radicale, contraria alle misure di austerità ma favorevole alla permanenza di Atene nell’area Euro. E’ una posizione piuttosto bilanciata, o no?
R. - Sembra che sia bilanciata, anche perché da tutto quello che abbiamo visto in Francia, sembra che la politica di austerità possa davvero cambiare. D’altra parte, però, la Grecia ha firmato, sia con l’Unione Europea e sia con il Fondo Monetario Internazionale, degli accordi che la legano all’attuazione di certe misure entro il mese di giugno.
D. - Altra novità di questa tornata elettorale è l’ingresso, in Parlamento, di un partito dichiaratamente filo-nazista. Questa forza politica quanto influirà sui lavori parlamentari?
R. - Nessuno degli altri partiti ha voglia di discutere un’alleanza con il partito filo-nazista, quindi non prevedo un impatto ed un’influenza che possa dirsi importante.
D. - L’estrema frammentazione del Parlamento aiuterà il Paese ad uscire dalla crisi?
R. - Abbiamo assistito alla fine del bipolarismo. Il voto si è rivelato un voto di rabbia nei confronti dei due grandi partiti storici. E’ arrivato il momento di cercare nuove risposte ed anche nuove aspettative. La pluralità dei partiti credo possa aiutare il Paese, ma solo fino ad un certo punto.
D. - La gente come ha vissuto queste elezioni e quanto è concreto il rischio che si torni alle urne in breve tempo?
R. - La partecipazione non è stata molto alta: i dati finali danno l’astensione al 35 per cento. Nelle precedenti elezioni parlamentari, in Grecia, l’astensione era al di sotto del 30 per cento. Quest’anno, sia per via dell’aumento dei biglietti dei trasporti pubblici e sia per l’aumento del prezzo della benzina, molta gente non è andata a votare. Parlando con le persone, tantissime erano indecise, fino all’ultimo minuto, su chi votare. Credo che le elezioni siano avvenute nel momento più sbagliato. Tra l’altro, a giugno si dovrà tornare alle urne per altre misure di austerità: calcolando i numeri e conoscendo le dichiarazioni dei partiti, non c’è una maggioranza solida per nessuno. Si può arrivare al massimo a 151 parlamentari che, ovviamente, con la frammentazione politica esistente, non possono bastare.
D. - I segnali che arrivano dalle borse non sono certo rassicuranti. La Grecia, forse, meritava una fiducia maggiore da parte dei mercati…
R. - Le borse fanno quello per cui sono state create: profitto. Non mi stupisce, quindi, il fatto che non abbiano dato fiducia alla Grecia. L’unica cosa sicura, sia per la Grecia e sia per l’Europa, è che è arrivato il momento di cambiare certe aspettative e puntare sullo sviluppo anziché sull’austerità.
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