giovedì, maggio 31, 2012
«Un giorno affermano una cosa e il giorno seguente l’opposto. E’ questo il problema dei Fratelli musulmani, non mantengono le promesse. Se vogliono vincere devono fornire ulteriori garanzie».

Acs (Italia) - Non nasconde le sue perplessità monsignor Antonios Aziz Mina, vescovo di Giza, parlando con Aiuto alla Chiesa che Soffre. Dopo il primo turno delle elezioni presidenziali egiziane di mercoledì e giovedì scorsi, il presule non fa pronostici sull’esito del ballottaggio tra il candidato dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi, ed il generale Ahmed Shafiq, ex ministro dell’Aviazione civile di Mubarak e primo ministro nei giorni della rivolta.Un risultato piuttosto inatteso, almeno per quanto riguarda Morsi, che ha contraddetto molti dei sondaggi pre-elettorali e sollevato polemiche sulla legittimità delle consultazioni. In una lunga lista di candidati – tredici - i favoriti sembravano essere Shafiq, Amr Moussa, ex-ministro degli affari esteri del governo di Mubarak ed ex-segretario della Lega Araba, e Moneim Abul Fotouh - cacciato via a marzo dalla Fratellanza proprio per via della sua candidatura – che proponendo un nuovo Egitto più ispirato ai principi coranici ma pluralista e democratico, si era conquistato perfino il sostegno di alcuni cristiani.

Stando ai dati della commissione elettorale, il tasso di affluenza alle urne è stato del 46,42%, circa 23 milioni di persone. Morsi ha ricevuto più di 5,6 milioni di voti (24,8%) e il generale Shafiq 5,4 (23,9%). Il totale, però, non supera il 50 percento delle preferenze. «Per vincere il ballottaggio dovranno conquistare la fiducia di metà elettorato e non so dire chi dei due ne sarà capace» afferma monsignor Mina, mettendo l’accento sull’importanza di assicurare libertà ai fedeli di ogni religione. «Il nuovo presidente deve garantire libertà, democrazia ed una nuova Costituzione che permetta a tutti gli egiziani, nessuno escluso, di trovare il proprio posto nel Paese».

E’ ancora presto per i pronostici, ma in attesa del secondo turno del 16 e 17 giugno il vescovo di Giza non perde la fiducia e intravede nel futuro dell’Egitto democrazia e libertà religiosa. «Sono sempre stato un ottimista, stavolta, però, continuare a sperare è una scelta».

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