Una serata di preghiera, di canto, di testimonianze alla cattedrale cattolica di Westminster per la libertà religiosa nel mondo
“It takes courage to be Christian, today.” Sul maxi-schermo della piazza della cattedrale la frase appare netta e luminosa. Per lunghi istanti, interminabili. “Ci vuole coraggio per essere cristiani oggi”. Pare voglia stamparsi nella mente di noi cristiani di altre latitudini e tradizioni… e dalle abitudini troppo facili. E sembra perfino paradossale: come sfondo si innalza la cattedrale cattolica di Westminster, ancora più solenne e maestosa del solito. Grandiosità e compostezza, forse, d’altri tempi. Tutto ciò, tuttavia, dà il “la” a una splendida serata di maggio, “Night of witness”(notte di testimonianza), in cui protagoniste sono le chiese di Nigeria, Egitto, Pakistan... e le loro tragedie. Dramma attuale nel mondo della fede cristiana: 50mila vite bruciate dalla violenza solo ultimamente.
Sul palco della piazza un giovane danzatore mima delle frasi musicali che si abbattono con violenza impressionante come schegge sul suo corpo. Quasi fosse sotto tortura. Cattura gli sguardi una danza estenuante, drammatica, espressiva, di un fascino tragico e straordinario. La folla della piazza palpita ad ogni minimo gesto. Come ad una vera passione. La bellezza plastica di un giovane corpo di danzatore alla fine rimane immobile in piedi, piega la testa e spira.
Le testimonianze, la preghiera, le melodie esotiche da altri mondi presentano la fede provata e torturata dei cristiani di Cina, Pakistan, Siria, Egitto... Brevi filmati di uccisioni, di violenza cieca o di chiese bruciate passano in rassegna il mondo. “Stand up for the faith and freedom” Alzati per la fede e la libertà: la frase appare allora più luminosa che mai.
Lo spirito inglese che solitamente spazia nel mondo si articola qui nell’ambito religioso, rivivendo i drammi di cristiani ai quattro angoli della terra. Ciò ricorda da vicino i tempi dei primi cristiani, origini eroiche dove coraggio e forza di credenti sapevano farsi inauditi, esemplari. Tutto rende coscienti dell’importanza vitale in un Paese della libertà di religione, “il primo dei diritti umani”, come sottolineava Benedetto XVI.
Una veglia di preghiera segue, poi, all’interno della cattedrale. Altre musiche, altre testimonianze, tra cui quella di Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, dell’arvicescovo Athanasius Toma Dawod della Chiesa ortodossa di Siria, del vescovo Michael Nazir-Ali. Poi, un rosario mariano dove il “padre nostro” è cantato con i melismi di altri mondi: libanese, copto, aramaico... Emerge, in questo modo, una fraternità quasi perduta con altre Chiese cristiane, oggi preziosa e necessaria.
Terminata la celebrazione, la gente passava di fronte alle grandi foto sorridenti del ministro pakistano Shahbaz Bhatti o altri giovani cristiani trucidati, le sfiorava devotamente con la mano come icone dei martiri dei nostri giorni. Sì, altrove è immenso il coraggio di essere cristiani. “I’m living for my community... and I will die to defend their rights”(vivo per la comunità... morirò per difendere i suoi diritti) ripeteva il ministro pakistano. Indimenticabile, attualissima lezione per noi.
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