Vent’anni dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, migliaia di ragazzi dicono no alla mafia ricordando Falcone e Borsellino
Oltre duemila ragazzi a bordo delle navi Snav “Lazio” e “Toscana”, ribattezzate simbolicamente per l’occasione “Giovanni” e “Paolo”, sono partiti da Civitavecchia e da Napoli con destinazione Palermo. Con loro ci sono anche don Luigi Ciotti, il ministro Profumo e il procuratore antimafia Piero Grasso. Altri giovani li aspettano sul molo, urlando ad una sola voce: “Benvenuti a casa”. Si rispondono poi scambiandosi i nomi dei magistrati, dei due eroi italiani, siciliani, che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia. Poi si incontrano e diventano un lungo fiume colorato, un fiume in piena di emozioni: palloncini, striscioni, slogan e canzoni. E poco importa se piove. La voglia di legalità vince anche contro un cielo cupo che riversa una pioggia battente sui ragazzi. “Non li avete uccisi – si legge in tanti cartelloni – le loro idee camminano sulle nostre gambe”.
Una parte dei giovani si dirige verso l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, dove si è tenuto il primo maxiprocesso alla mafia, oggi cuore di questa giornata di commemorazione. L’aula è affollata di autorità. Le parole di Falcone e di Borsellino sono il riferimento morale più alto. “Loro hanno iniziato e noi continueremo a dire no alla mafia”: lo hanno scritto col blu su uno dei tanti cartelloni che hanno preparato. Non c’è retorica nei volti puliti di questa gioventù. Intorno a mezzogiorno, sul palco improvvisato dell’aula bunker, Claudio Baglioni canta “Noi no”. I ragazzi gli fanno da coro. E si respira emozione, voglia di cambiare, speranza. Si respira ciò che auspicava Borsellino, “il fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità…”. Noi no. Non ci stiamo. Giovani che vent’anni fa ancora non c’erano ma che hanno ben capito da che parte stare. Giovani che volgono lo sguardo indietro, insieme a chi ha seguito in diretta gli avvenimenti tragici di allora. Giovani e meno giovani che non dimenticheranno. Che porteranno avanti l’esempio di due grandi uomini per rendere finalmente realtà le parole di Falcone: «La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine».
Tra i ragazzi presenti ci sono anche i compagni di Melissa, la sedicenne morta a Brindisi. Con forza Napolitano ha affermato: «Se hanno osato troncare la vita di Melissa e minacciare quella di altre sedicenni, aperte alla speranza e al futuro, per offendere la memoria di una donna coraggiosa, di una martire come Francesca Morvillo Falcone, la pagheranno, saranno assicurati alla giustizia. Se hanno pensato di sfidare questa stessa commemorazione oggi a Palermo di Giovanni Falcone, delle vittime della strage di Capaci, stanno già avendo la vibrante prova di avere miseramente fallito».
«Scendete al più presto in campo – è stato l’invito del Presidente della Repubblica ai giovani – aprendo porte e finestre se vi si vuole tenere fuori, per rinnovare la politica e la società. L’Italia ne ha bisogno, l’Italia ve ne sarà grata».
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