mercoledì, maggio 16, 2012
La salute degli italiani a rischio per la crisi economica. In 424 pagine del Rapporto Osservasalute, coordinato dall’Università Agostino Gemelli di Roma, emerge una fotografia allarmante sui fattori di rischio in aumento e sulla diminuita risposta dei servizi socio-sanitari a livello regionale.  

Radio Vaticana - Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo cattolico, coordinatore della ricerca alla quale hanno lavorato 175 esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, matematici, statistici ed economisti: ascolta

Depressioni e prescrizione di antidepressivi in aumento, ma anche suicidi spie di un malessere sociale che va oltre il dato economica e con il rischio emulazione del gesto estremo amplificato dai media. Non tutto si spiega con il minor reddito, ma certo la crisi viene minando la salute degli italiani come ci spiega il prof. Ricciardi:

R. – Per una serie di motivi comportamentali e pratici, la salute degli italiani è a rischio. Faccio alcuni esempi. Gli italiani non comprano più cibi salubri, probabilmente perché costano troppo, e si rifugiano nel cibo-spazzatura. Gli italiani non si muovono più perché fare sport e far fare sport ai figli costa. Quindi, praticamente, la stragrande maggioranza degli italiani non fa più attività fisica. Invece, le cattive abitudini come il fumo e l’alcol continuano. La combinazione di questo aumento di fattori in futuro porrà a rischio la salute degli italiani.


D. – Nel Rapporto, c’è una denuncia che preoccupa molto: in dieci anni è più che quadruplicato il consumo di antidepressivi. Ma questo si può spiegare solo con difficoltà economiche?


R. – No, direi che i motivi sono diversi, anche perché questo aumento è cominciato già prima della crisi, però si sta intensificando ulteriormente. I motivi sono diversi. Uno è che probabilmente sia le persone che i medici sono più aperti: le persone nel dichiarare e i medici nel diagnosticare patologie come la depressione, che prima magari erano un po’ stigmatizzate. Invece, in questo modo escono fuori e questo porta i medici a prescrivere farmaci antidepressivi e i pazienti, le persone, a prenderli. Non c’è dubbio però che la crisi economica e forse il disagio, l’incertezza e la precarietà stiano ulteriormente accelerando questo percorso e i problemi di salute mentale - sia minori come le depressioni, sia maggiori come quelli che portano al suicidio - stiano aumentando.


D. – Diminuisce anche la prevenzione da parte del Servizio sanitario nazionale…


R. - Sì perché, di fatto, non c’è quasi nessuna Regione - si contano veramente sulla punta delle dita di una mano - che spende quel 5% che dovrebbe essere speso in prevenzione. Invece, con questa crisi finanziaria, soprattutto nelle regioni del centro-sud che sono in piano di rientro, addirittura si riduce, quindi si taglia ulteriormente in prevenzione. Questa è una scelta miope, perché è chiaro che la prevenzione per avere risultati ha bisogno di tempi medio-lunghi. Il fatto di non farlo adesso significherà scaraventare sulle spalle di chi verrà, non dopo di noi, ma su noi stessi, tra 5-6-7 anni, un carico di malattie che sarà difficilissimo da gestire.


D. – Ci sono proposte nel Rapporto?


R. – Sì, la proposta è innanzitutto acquisire consapevolezza di questa situazione, quindi non è con banali risparmi ragionieristici che si risolvono i problemi della salute dei cittadini. Il sistema non ha bisogno di nuove risorse perché i circa 110 miliardi di euro che vengono stanziati per la sanità in Italia sono più che sufficienti, però bisogna organizzarsi per spenderli meglio, per canalizzarli e per raccordarli meglio con quelle che sono le esigenze dei cittadini. Naturalmente la prevenzione – non la prevenzione generica ma la prevenzione specifica contro le malattie oncologiche, contro le malattie cardiovascolari, contro il diabete – è necessaria perché altrimenti noi avremo nel prossimo futuro milioni di cittadini con problemi e non avremo i servizi sanitari per assisterli.

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