giovedì, maggio 03, 2012
Negli anni '70 i medici pensavano di averla sconfitta del tutto, oggi con le sue forme resistenti ai farmaci e l'alleanza letale con l'Hiv è tornata a essere pericolosa. Ne parliamo con Giovanni Maga dell'Igm-Cnr

Cnr (Almanacco della scienza) - Fino a qualche anno fa i sanatori e le tracce di sangue sul fazzoletto erano solo un brutto ricordo. Negli anni '70 i medici pensavano di averla sconfitta del tutto nei paesi avanzati. Oggi eccola tornare. È la tubercolosi (Tb), che con le sue forme resistenti ai farmaci e l'alleanza letale con l'Hiv sta diventando sempre più pericolosa. "Nei paesi occidentali si combattono patologie considerate 'vecchie'", spiega Giovanni Maga dell'Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Igm-Cnr) di Pavia.

"Un processo in cui è particolarmente incisivo l'impatto dei flussi migratori". Secondo il rapporto della Commissione di salute pubblica del Parlamento europeo, nel 2010 in Europa sono stati segnalati 310.000 casi di Tb, con un'incidenza di 34 infezioni ogni 100.000 abitanti, mentre i decessi sono stati oltre 60.000. Sebbene l'incidenza globale in Europa resti bassa (circa il 5% dei casi mondiali), desta preoccupazione la diffusione di ceppi resistenti alla terapia farmacologica a cui sono ascrivibili quasi la metà delle recidive e circa il 15% delle nuove infezioni. Questo causa un declino dei tassi di successo, che al momento sono del 68% per le nuove infezioni e del 47% per le recidive. "In questo contesto", continua il ricercatore dell'Igm-Cnr, "l'Italia è tra i paesi con incidenza più bassa (7 casi ogni 100.000 abitanti), anche se con una notevole sproporzione tra popolazione residente (4 casi) e popolazione immigrata (50 casi). La distribuzione dei malati risulta disomogenea anche all'interno del territorio nazionale, con il 73% dei malati provenienti dalle regioni del centro-nord il 25% tra Lazio e Lombardia". Le fasce di popolazione più a rischio sono gli anziani, per le riattivazioni di infezioni latenti, e i migranti, per l'incidenza della malattia nelle regioni di provenienza e la particolare fragilità dei contesti socio-economici in cui si trovano a vivere nel nostro paese.

 "Il numero di infezioni nelle persone nate all'estero è raddoppiato e la popolazione immigrata è ancora soggetta a un rischio di contrarre la malattia di oltre dieci volte maggiore rispetto alla popolazione autoctona" aggiunge Maga. "I nuovi casi sono oltre 4.000 l'anno, il 5% nella fascia pediatrica (0-14 anni). I più colpiti risultano i giovani adulti". Ma cos'è la tubercolosi? "È una malattia contagiosa causata dal 'Mycobacterium tubercolosis'. La trasmissione avviene attraverso il contatto con saliva o aereosol (starnuto, tosse)" afferma Maga, "e il contagio nella maggioranza degli individui determina un'infezione latente, che si trasforma in malattia conclamata solo nel 10-15% dei casi, diventando contagiosa. Una precedente esposizione al batterio, indice spesso di un'infezione latente, può costituire solo un importante fattore di rischio".

 Il test tubercolinico di Mantoux è in grado di evidenziare l'esposizione. "Tuttavia la positività non implica necessariamente la malattia (e quindi la contagiosità), ma solo l'avvenuto contatto con il germe. In tal caso si richiedono esami supplettivi (RX torace, test microbiologico dell'espettorato) per valutare l'esistenza o meno di un'infezione attiva e l'opportunità di trattarla con i farmaci", precisa il ricercatore. In caso di tosse persistente, sangue nell'espettorato, dolore toracico e febbre è importante sottoporsi subito a visita medica per valutare il possibile rischio e gli eventuali accertamenti. "In caso di malattia bisogna assumere antibiotici per 6-8 mesi. È raccomandata inoltre la profilassi di tre-sei mesi per tutte le persone eventualmente esposte". Contro la Tb esiste anche un vaccino (Bcg), che tuttavia ha una limitata efficacia negli adulti. Al momento è obbligatorio solo per gli operatori sanitari o chiunque, negativo al test Mantoux, operi professionalmente in un ambito ad alto rischio di contagio. È fortemente raccomandato, invece, ai bambini sotto i cinque anni (negativi al test di Mantoux), che vivano in stretto contatto con persone affette o che debbano recarsi in paesi con elevata incidenza di questa patologia. "È necessaria una corretta campagna di informazione alla cittadinanza e di formazione agli operatori sanitari, come già previsto dalle linee guida del ministero della Salute". conclude Maga.

S.M.

Fonte: Giovanni Maga, Istituto di genetica molecolare, Pavia, email maga@igm.cnr.it

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