venerdì, maggio 18, 2012
Maeve, Oroh, Sasha, Niamh, Laura... i nomi sfilano con un bel sorriso inglese, africano, indiano, portoghese o italiano. Sono una ventina di adolescenti... 

del nostro corrispondente a Londra Renato Zilio 

Composti e in silenzio, in sacrestia, il primo dei quattro gruppi di quest’anno. Ne raccolgo i nomi. All’interno della chiesa “Corpus Christi”, dalle lunghe, antiche vetrate gotiche, la gente intanto attende paziente, cullata dal ritmo del pianoforte. Ogni banco ha una famiglia e il posto per il loro ragazzo: oggi è giorno della sua prima comunione. Il modo di vestirsi è curato, non ostentato. Due settimane fa, le consegne ai genitori su come prepararsi... Un unico fotografo ufficiale, per conservare il clima di preghiera. Solo alla fine la possibilità di fare delle foto: sarà, come al solito, una cascata divertita di flash. “Le bambine potranno vestirsi in bianco o in color crema, ma non è questo l’essenziale” suggerisce un foglietto distribuito, “mentre i ragazzi lo saranno in maniera decorosa”. Nello spirito pratico degli inglesi vi si consiglia anche di prendere il tempo di ringraziare la catechista, di fare digiuno almeno un’ora prima, di seguire i canti sui fogli, di avvertire le persone invitate di una cerimonia piuttosto lunga. All’ultimo punto, una parola solo: “Enjoy!” Vivi davvero questo momento!

I primi passi sono magici. Viene chiamato il primo ragazzo, che dalla sacrestia avanza quasi fino all’altare. Mamma e papà sono già lì: con l’acqua santa da un grande vaso in cristallo gli tracciano una croce sulla fronte. Dolcemente, come se con le loro mani aprissero un fiore. Lui, si fa poi lentamente un segno di croce sul corpo:”I believe!”(io credo) sussurra. “È il legame con il loro battesimo,” mi soffia P.Tom. Così, presentano all’assemblea che guarda incantata il loro dono di Dio. E a Dio il frutto del loro amore. Meditativo, dolcissimo, il commento musicale del pianoforte. Un clima mistico vi invita ad assaporare questi pochi istanti di eternità. E allora, senti il secondo nome... “Life is first, love is second, understanding is third,” si ripete qui, in terra inglese.

La celebrazione continua, corale, intensa, ritmata. Alla comunione, si presenta solo un bambino; dietro di lui un grappolo di sei persone: i genitori, i parenti, il nonno. Chi prende la comunione, chi semplicemente una benedizione. Poi lentamente se ne vanno e lentamente arriva il secondo bambino, attorniato anche lui dal grappolo dei suoi... La fede nasce e cresce in famiglia, si nutre dell’esempio dei suoi, si rafforza con la preghiera tra le pareti domestiche. “Anche la famiglia get involved in questo cammino” mi ricorda qualcuno. Viene proposto loro anche il calice, come ogni domenica in tutte le chiese inglesi, ricordando le parole del Signore: “Prendete e mangiate, prendete e bevete!”

Quest’assemblea di fedeli dai volti, i colori e le culture differenti sembra un vero mosaico. E la coscienza in questi ragazzi di far parte dello stesso corpo di Cristo è un tesoro impagabile. È lo stesso stupore che vi prende quando si entra in una chiesa inglese, dove razze e culture più diverse dal Caraibi all’India si ritrovano gomito a gomito. Credere insieme allo stesso Cristo che riunisce l’umanità non è forse un miracolo dei nostri tempi? Per avere occhi nuovi e vedere la differenza dell’altro, della sua cultura e del suo mondo senza paura.

Anche per noi sarà uno dei grandi compiti di una parrocchia italiana: insegnare a vivere nel mondo d’oggi. Educare all’apertura di mente e di cuore all’altro, agli altri. Non era questa l’unica preoccu-pazione del Cristo incontrando i suoi? Dalla folla attorno alla chiesa inglese sbuca fuori, intanto, un’italiana: “Passa a prendere un caffè e un pezzo di dolce da noi?” Sì, perdersi e ritrovarsi in emigrazione è il nostro cammino. È il vivere con gli altri e con “i suoi.”

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