sabato, giugno 16, 2012
Si è concluso, qualche giorno addietro, il contenzioso legale tra Benetton e la Santa Sede.

Uccr - Il tema del perdono è profondamente inattuale. Ed incompreso, peraltro, poiché sovente scade nel perdonismo. L’idea diffusa secondo cui la Chiesa e il suo popolo, diffusori di un messaggio teso alla comprensione debbano allora fingere di non vedere errori, offese, sopraffazioni, è decisamente fuorviante. E così, dinanzi a contenziosi legali in cui appaiono i religiosi, si storce il naso. Ma in realtà è proprio quando si mette di fronte all’errore commesso,l’altro, che si continua a proporre una testimonianza.

A tal proposito, si è concluso, qualche giorno addietro, il contenzioso legale tra Benetton e la Santa Sede. Tutto era iniziato, nel novembre scorso, con la pubblicazione di un’immagine raffigurante Benedetto XVI che bacia l’ imam egiziano Al-Azhar. Il fotomontaggio, esposto anche in prossimità del Vaticano, faceva parte della campagna pubblicitaria Unhate (senza odio), che però potrebbe essere ribattezzata “Unrespect” (senza rispetto) dato che si è presentata come un’offesa ai cattolici tutti oltre che al Pontefice, in primis. L’arte infatti non esula dai criteri di rispetto e legalità.

Ebbene, il ritiro della fotografia «come atto di pubbliche scuse» da parte di Benetton, è stato l’epilogo della vicenda. L’azienda si è impegnata «a non utilizzare in futuro l’ immagine del Papa senza autorizzazione»; d’altro canto la Santa Sede, ed anche questa scelta è stata emblematica, ha rinunciato a chiedere un risarcimento in denaro, ma ha ottenuto l’ impegno di Benetton per una donazione ad un’attività caritativa. Un risarcimento morale che riconosce l’abuso compiuto e afferma la volontà di difendere anche con mezzi legali l’immagine del Papa. Comportamento che ha indicato il senso della giustizia senza rivalsa, non scivolata nella superficialità di “chiudere un occhio”, atteggiamento che tenderebbe alla complicità verso l’errore o all’occultamento della colpa e che rischia di sprofondare nella corresponsabilità.

Il perdono infatti non comporta mai l’elusione della verità ma implica inevitabilmente la capacità di distinguere l’errore dall’errante, spiega Giannino Piana, docente di teologia morale presso il Seminario Vescovile di Novara. L’errore va riconosciuto e possibilmente risanato; verso colui che ha errato invece il popolo cattolico cristiano applica il perdono; “per dono” ovvero la gratuita cancellazione di quanto è avvenuto nella costruzione del rapporto; e il regalo di una fiducia nuova e viva, avulsa dal (pre)giudizio. Discernere tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia è compito della Chiesa e del cristiano. Difendere i diritti lesi pure. Che questi tocchino un’immagine vaga o ben identificata. Che quel cristiano sia tizio o caio, o il pontefice in persona.

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