mercoledì, giugno 27, 2012
Le Edizioni Paoline propongono al pubblico italiano il Citra, la raccolta di poesie giovanili del grande poeta indiano e premio Nobel per la letteratura Robindronath Tagore. Un emozionante inno alla vita, da assaporare pagina per pagina.

di Bartolo Salone

Robindronath Tagore, raffinato poeta indiano nato a Calcutta nel 1861 e vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1913 grazie alla raccolta di poesie, da lui stesso tradotte in inglese dalla lingua originale bengali, che va sotto il nome di Gitanjali. Se il Gitanjali è l’opera più famosa in occidente, l’opera a cui è legato il Nobel, non per questo vanno considerate meno significative le altre due grandi opere poetiche, il Citra (1896) e il Balaka (1916), il primo comprendente i componimenti della giovinezza, il secondo risalente invece al periodo della maturità.

Le Edizioni Paoline propongono adesso al grande pubblico le poesie della giovinezza, tradotte in italiano da padre Marino Rigon, missionario salesiano che vive in Bangladesh dal 1953 e che può essere considerato come uno dei più grandi conoscitori del pensiero e della vita di Tagore. La raccolta prende il nome dalla prima delle liriche che la compongono, appunto il Citra, parola bengalese che può essere resa in italiano con il termine “varia” o “variopinta”: così Tagore definisce la Bellezza, a cui è dedicato il meraviglioso inno. Quello della Bellezza che pervade l’universo e che assume molteplici forme è uno dei temi più cari all’autore, in quanto riflette la sua concezione religiosa della vita, influenzata, fin dalla giovinezza, dalla spiritualità “baul”. I “baul” erano dei mistici cantori che si spostavano da un luogo all’altro dell’India, proponendo una spiritualità semplice e spontanea in contrapposizione alla complessità dei riti e delle regole proprie dell’induismo ufficiale: dunque una sorta di movimento religioso “eterodosso” il cui tema portante era quello dell’incontro, nell’intimità del cuore, tra l’uomo e Dio, che non a caso Tagore identifica con quella Bellezza che, al di fuori del cuore dell’uomo, assume diverse forme e colori.

Le poesie contenute nel Citra, tuttavia, affrontano una molteplicità di tematiche diverse, legate alla sua sensibilità non solo artistica, ma anche umana e politica. Tagore fu, infatti, una personalità poliedrica: poeta, uomo di cultura, ricco possidente terriero, ma anche benefattore e uomo politico. Da benefattore favorì la costruzione di scuole, ospedali, asili, università, e da politico si battè contro la piaga della povertà, della divisione della società in caste e dei matrimoni combinati di bambini (sua moglie, ad esempio, le fu offerta in sposa all’età di dieci anni). Questa singolare pluralità di tematiche, sempre affrontate con la delicatezza e l’introspezione del poeta, fanno del Citra un grandioso inno alla vita, quella vita che Robindronath amò fino in fondo, nonostante le mille contraddizioni e miserie di cui era consapevole e nonostante gli innumerevoli lutti familiari che costellarono la sua esistenza fin dal periodo della giovinezza. La purezza di sentimenti e la grandezza d’animo che traspaiono da queste pagine di intensa poesia costituiscono senza dubbio per il lettore uno stimolo a riflettere sul mistero profondo dell’esistenza umana, tutta protesa alla scoperta del “Dio della vita”: quel Dio che, pur manifestandosi all’esterno come bellezza variopinta, ciascuno può ritrovare dentro di sé.

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