domenica, giugno 03, 2012
Manifestazioni, scontri e feriti in Egitto dopo la sentenza nel processo Mubarak che ha visto la condanna all’ergastolo per l’ex presidente accusato dell’uccisione di centinaia di manifestanti durante la rivoluzione del 2011. Ergastolo anche per il suo ministro dell’Interno, mentre la corte ha stabilito l’assoluzione per i capi dei reparti di sicurezza, collaboratori del ministro, e per i due figli del rais, assolti per prescrizione dei termini, decisione che ha fatto più infuriare la folla. Mubarak si trova nel frattempo nell’ospedale della prigione dopo aver avuto una crisi cardiaca subito dopo il suo arrivo in carcere.

Radio Vaticana - Trascorrerà tutta la vita in carcere Hosni Mubarak, quarto presidente egiziano, dal 1981 quando, in un clamoroso attentato, venne ucciso l’allora capo dello Stato, Sadat. In carica fino al 2011, venne deposto con la "primavera araba" che infuriò in tutto il Paese, in particolare al Cairo, dove piazza Taharir diventò il luogo simbolo della protesta anti-regime. Su di lui pesò da subito l’accusa di aver soffocato nel sangue ogni manifestazione. Alla lettura della sentenza si è presentato un Mubarak visibilmente malato e dimagrito. Violente le proteste in aula inscenate dai legali dell’accusa quando i giudici hanno pronunciato invece la prescrizione per l’ex rais e i suoi figli in merito ai reati di corruzione e abuso di potere. L’Egitto, comunque, sfugge alla logica perversa di fondare le nuove istituzioni sull’eliminazione fisica dei rappresentanti del passato regime. Ne abbiamo parlato con Antonio Marchesi, docente di diritto internazionale e membro del direttivo di "Amnesty International":

R. – Innanzitutto va detto che un processo c’è stato, una sentenza c’è stata e questo, evidentemente, è un passo avanti. Non è stata inflitta la pena di morte, che dal nostro punto di vista è importante, e non è stato neppure un processo-farsa. La sentenza appare adeguata alla gravità dei crimini che sono stati accertati. Da questo punto di vista, quindi, si può evidentemente esprimere un apprezzamento, anche se poi ci sono delle ombre: gli ostacoli posti dai servizi di sicurezza e dall’esercito hanno impedito l’accertamento di tutta la verità. I giudici, però, hanno fatto la loro parte pur nella difficoltà del contesto.

D. – Hosni Mubarak cade proprio di fronte alla sua miopia nel rispondere alle istanze che venivano dal popolo egiziano. Secondo lei il riconoscimento concreto dei diritti della persona può essere la chiave di volta per la stabilità futura dell’intera comunità internazionale, e quindi non soltanto per gli Stati di nuova formazione?
R. – Sì, è giusto che sia così e credo che, nel contesto della "primavera araba", si dovranno affermare regimi rispettosi dei diritti della popolazione. Poi, chiaramente, non si passa da una dittatura o da un regime autocratico ad un democrazia piena: probabilmente ci saranno ancora degli ostacoli da superare. Io, però, sono ancora fiducioso che la grande volontà della popolazione di poter vivere una vita in cui i propri diritti fondamentali siano rispettati alla fine prevarrà.

D. – L’Egitto, a suo avviso, tornerà ad essere un protagonista nell’area nord-africana e mediorientale?
R. – Sì, questo sicuramente. Molto probabilmente lo sarà in maniera diversa rispetto al passato. La questione si inserisce anche in un dilemma, nel senso che il ritorno della democrazia significa anche che, nell’ambito di libere elezioni, possano prevalere partiti che hanno un orientamento che non è pienamente in linea con il rispetto di tutti i diritti umani, civili e politici. Credo anche che il ‘nuovo’, in alcuni di questi Stati, a partire dall’Egitto, avrà bisogno di tempo per organizzarsi, e quindi è magari possibile che, in future elezioni, emergano forze più liberali e più rispettose dei diritti umani. Ma il principio della democrazia, evidentemente, non può essere messo in discussione.

È presente 1 commento

mogol_gr ha detto...

Le famosissime toghe "rosse".

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