Le università on line cambiano il volto alla formazione rendendola più fruibile e moderna. Intanto le università storiche, nei vecchi palazzi, cercano di rinnovarsi per continuare ad intercettare le aspettative dei giovani.
Il novecento è già lontano anni luce e si è trascinato dietro tante cose belle e pure tante illusioni, tra cui l’idea di un mondo universitario ubicato dentro vecchi palazzoni con gradinate allucinanti ed ambienti stracolmi di armadi, con libri o strumenti a seconda delle discipline e infrastrutture e cerimoniali che in alcune città italiane contano addirittura vari secoli. Le antiche università italiane, con strutture edilizie atte a costituire anche la “vera seconda casa dei cattedratici”, hanno formato le centinaia di migliaia di professionisti che oggi operano nella società. Ma hanno anche rigenerato ed incrementato se stesse secondo ferree regole, talvolta ispirate all’autogoverno ed all’autoconservazione. Forse è stato un bene, ma oggi nell’epoca del predominio multimediale di internet e quindi di nuove necessità economico-gestionali, comincia a traballare l’idea stessa di università “stanziali” alla vecchia maniera, anche per i costi necessari per lo stipendio dei docenti e l’accoglienza degli studenti in palazzi, istituti e aule, con l’aggiunta di telefoni, riscaldamento e manutenzione. Una spesa immane sulle spalle del contribuente e forse soltanto per circa il dieci per cento su quelle dello studente, che pure è costretto a sborsare talvolta mille o più euro l’anno per l’iscrizione. Un’immensa spesa che da una parte sostiene la cultura scientifica, ma dall’altra deprime il bilancio dello Stato sottraendo risorse. Pertanto da parecchio tempo si stanno levando voci critiche sui costi e sui benefici del vecchio sistema universitario.
Non sono tutte rose e fiori, anzi, sui giornali non di rado vengono pubblicati penosi risultati e statistiche che mettono in luce sia l’enorme numero della dispersione degli studenti che abbandonano dopo qualche anno i corsi sia le carenze culturali e formative specifiche mostrate da molti laureati durante le prove di accesso ai concorsi nazionali. Molte critiche riguardano anche il modo di fare ricerca scientifica e l’esiguo numero degli studenti frequentanti che riescono effettivamente, in prima persona, a partecipare alla ricerca epistemologica. Di quale ricerca possiamo parlare se lo studente non vi partecipa effettivamente, ma si limita ad ascoltare il docente ed a studiarne i trattati?
In effetti nelle università tradizionali ci sono i sintomi dello studio on line a tutti gli effetti, ma lo studente, invece di starsene a casa davanti al suo computer, è in un’aula rumorosa ed ascolta il docente attraverso un vecchio altoparlante! Credo che il crescente successo delle università on line sia proprio la soluzione della futura formazione.
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