Un Papa popolare, umile e colto che piace ai fedeli. L’importanza della liturgia e della sua missione: annunciare in tutto il mondo Gesù crocifisso e risorto.
Chi osserva da anni papa Benedetto XVI vede un Pastore, un uomo mite, tranquillo che promana una grande spiritualità. Non vede certo un Papa arrogante, superbo e distante dalla gente. Ma, contrariamente a come lo dipingono i suoi detrattori, è anche un Papa sicuro e fermo nella sua missione dottrinale affidatagli da Gesù, senza essere né un conservatore illuminato né un innovatore ante litteram. Il successore di Pietro beneficia di un’esortazione speciale di Cristo a svolgere questo ruolo e aiutare i suoi fratelli a credere: le parole evangeliche “Pasci i miei agnelli”, “Pasci le mie pecorelle” non enunciano esplicitamente una missione dottrinale, ma la implicano direttamente.
Pascere il gregge per Benedetto XVI consiste nel procurare al popolo un nutrimento solido di vita spirituale, e in questo nutrimento c’è la comunicazione della dottrina rivelata per alimentare la fede. E' un Papa con la volontà di promuovere in tutta la Chiesa la vera fede di Cristo. E' certamente un Papa teologo (tra i più conosciuti al mondo) che conosce bene la sacra Scrittura, la storia della Chiesa, i Padri e i Dottori della Chiesa, i Santi, la Cristologia, la Teodicea e la Mariologia.
Ama in particolar modo la Liturgia, che per lui è Mistero, armonia, sentimento di fede e di pietà, come è possibile vedere in ogni sua messa. La liturgia per il Papa imprime al rito una forza e una bellezza particolari: essa diventa coro, diventa concerto, diventa ritmo d’una immensa ala volante verso le altezze del mistero e del gaudio divino. E l’anima entra in un’attività di attenzione, di colloquio, di canto, di azione. Durante la Messa c'è la presenza reale del Corpo di Cristo, e non già solo la memoria di derivazione protestante. Tutto perciò va preparato accuratamente e tutto deve essere a posto. Tutte queste cose, evidentemente, piacciono ai fedeli e ai pellegrini cattolici e trovano il consenso del popolo di Dio. A Madrid c'erano un milione di giovani venuti da ogni parte del mondo per la giornata Mondiale della Gioventù e a Milano nello scorso fine settimana c'erano un milione di pellegrini venuti da ogni parte del mondo per il VII Congresso Mondiale delle Famiglie. Allora dobbiamo domandarci perché questo Papa mite ed intellettuale sia così popolare, perché questo pontefice definito impropriamente "panzer kardinal" riesce a radunare folle immense e perché non c'è un'altra autorità morale o politica al mondo che metta insieme milioni di persone.
Il Papa, capo del collegio episcopale per volontà di Cristo, è il primo araldo della fede, cui spetta il compito di insegnare la verità rivelata e di mostrare le sue applicazioni nel comportamento umano. Egli sente di avere la prima responsabilità della diffusione della fede nel mondo e lo fa senza risparmiarsi, governando la Chiesa e viaggiando in tutto il mondo (il prossimo viaggio all'estero in Libano è alle porte). A questo riguardo, merita innanzitutto di essere sottolineato il valore positivo della missione di Benedetto XVI di annunciare e diffondere il messaggio cristiano con gli scritti e la parola e di far conoscere la dottrina autentica del Vangelo rispondendo agli interrogativi antichi e nuovi degli uomini davanti ai problemi fondamentali della vita con le parole eterne della rivelazione.
Sarebbe riduttivo e anzi erroneo pensare ad un magistero papale consistente solo nella condanna degli errori contro la fede. Questo aspetto è senza dubbio presente nella responsabilità per la diffusione della fede, essendo anche necessario difenderla contro gli errori e le deviazioni, ma il compito essenziale del magistero di Benedetto XVI è quello di esporre la dottrina della fede promuovendo la conoscenza del mistero di Dio e dell’opera della salvezza e mettendo in luce tutti gli aspetti del disegno divino in corso di attuazione nella storia umana sotto l’azione dello Spirito Santo. E questo compito il Papa lo assolve con chiarezza, con interventi brevi e concisi e densi di contenuti religiosi che vengono apprezzati.
Benedetto XVI piace per questo e per la sua umiltà e carità. Non a caso ha scritto un'enciclica sulla carità. Nell’adempiere a questo compito il Papa esprime in forma personale ma con autorità istituzionale la “regola della fede”, a cui devono attenersi i membri della Chiesa universale – semplici fedeli, catechisti, docenti di religione cattolica, teologi – nel ricercare il senso dei contenuti permanenti della fede cristiana anche in rapporto alle discussioni che sorgono dentro e fuori della comunità ecclesiale sui vari punti o su tutto l’insieme della dottrina. È vero che tutti nella Chiesa, e specialmente i teologi, sono chiamati a compiere questo lavoro di continua chiarificazione ed esplicitazione. Ma la missione di Pietro e dei suoi successori è stabilire e ribadire autorevolmente ciò che la Chiesa ha ricevuto e creduto fin da principio, ciò che gli Apostoli hanno insegnato, ciò che la Sacra Scrittura e la tradizione cristiana hanno fissato come oggetto della fede e come norma cristiana di vita. Benedetto XVI ha la missione di proteggere il popolo cristiano contro gli errori nel campo della fede e della morale, ha il dovere di depositare la fede. E non si spaventa delle critiche corrosive e delle incomprensioni. La sua consegna è rendere testimonianza a Cristo, alla sua parola, alla sua legge, al suo amore. Ma alla coscienza della propria responsabilità nel campo dottrinale e morale, Benedetto XVI aggiunge l’impegno di essere, come Gesù, “mite e umile di cuore”. Come San Paolo sentì il bisogno di esortare Timoteo, suo discepolo: “Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina... (anche se) non si sopporterà più la sana dottrina”. Lo stesso fa Benedetto XVI ogni giorno nel suo ministero petrino, perché il suo compito è quello di ammaestrare tutte le nazioni.
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