«Non infatti il caso, ma la finalità è presente nelle opere della
natura, e massimamente: e il fine in vista del quale esse sono state
costituite o si sono formate, occupa la regione del bello.
Uccr - La seconda prova della maturità classica di quest’anno è stata di greco. Il brano scelto dal Ministero è preso da Aristotele e presenta un buon livello di difficoltà per la traduzione: gli studenti non ne sono rimasti entusiasti. Vorrei in questa sede offrire a tutti i nostri lettori la possibilità di gustare la bellezza e la profondità di quanto afferma questo grandissimo personaggio del quarto secolo a.C., parlando di un tema che ci sta particolarmente a cuore: il rapporto tra le parti e il tutto, all’interno del mondo animale.
«Non infatti il caso, ma la finalità è presente nelle opere della natura, e massimamente: e il fine in vista del quale esse sono state costituite o si sono formate, occupa la regione del bello. Se poi qualcuno ritenesse indegna l’osservazione degli altri animali, nello stesso modo dovrebbe giudicare anche quella di se stesso; non è infatti senza grande disgusto che si vede di che cosa sia costituito il genere umano: sangue, carni, ossa, vene, e simili parti. Similmente occorre ritenere che quando si discute intorno a una parte o a un oggetto qualsiasi non si richiama l’attenzione sulla materia né si discute in funzione di essa, bensì della forma totale: si parla, per esempio, di una casa, ma non dei mattoni, della calce, del legno; e allo stesso modo – quando si tratta della natura – si parla della totalità sintetica della cosa stessa, non di quelle parti che non si danno mai separate dalla cosa stessa cui appartengono» (Aristotele, De partibus animalium).
Io credo che valga la pena sottolineare l’accento che Aristotele pone sulla “totalità sintetica della cosa stessa” piuttosto che sulle parti che “non si danno mai separate dalla cosa stessa”: penso allo studio della singola cellula, ma anche alla sua biochimica o ancora meglio a qualunque organismo. Non c’è dettaglio di un essere vivente che non acquisti senso se non all’interno del sistema: perfino il cuore, quello stupendo organo a quattro cavità che pulsa nel nostro mediastino circa centomila volte al giorno, spontaneamente e a ritmo, isolato dal contesto, strappato di tutti i suoi cavi naturali e posto sul nostro tavolo, diventa assolutamente inutilizzabile.
Se il cuore, invece, viene invece studiato nella sua location, con tutti i suoi collegamenti di vasi e di nervi (del simpatico e del parasimpatico) diventa “di più” di quello che vediamo. Difficile escludere quindi, per conto mio, l’evidenza di un “progetto”, nella vita, che assegna ad ogni parte un ruolo che non le compete per la natura della sua materia, ma che emerge dal suo collegamento con le altre.
Rimangono aperte, oggi come allora, ai tempi di Aristotele, la sfida della ricerca della base materiale di questo progetto-finalità e la sfida della sua possibile evoluzione.
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