lunedì, luglio 09, 2012
L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche lede il principio di laicità dello Stato? TAR e Consiglio di Stato, nella vicenda originata dal ricorso della Soile Lautsi per la rimozione dei crocifissi dalla scuola di Abano Terme, ritenevano di no. Si chiudeva così il primo atto di una controversia giudiziaria destinata a protrarsi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo e conclusasi solo lo scorso anno con la sentenza della Grande Camera del 18 marzo 2011. Ricostruiamo nel dettaglio, in un mini-ciclo di due articoli, le sentenze sul tema.

di Bartolo Salone

La sentenza pronunciata dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo il 18 marzo 2011 segnò la fine di una travagliata vicenda giudiziaria che vedeva contrapposti il Governo italiano e Soile Lautsi. La controversia traeva origine dalla richiesta di rimozione dei crocifissi dalle aule della scuola statale “Vittorino da Feltre”, frequentata dai figli della Lautsi, militante di una nota organizzazione ateistica italiana. Al rifiuto opposto dal consiglio di istituto, seguiva una direttiva del Ministero della Pubblica Istruzione (datata 30 ottobre 2003) con cui veniva ribadito l’obbligo dei dirigenti scolastici di garantire la presenza del crocifisso nella scuola, conformemente a quanto previsto da due regi decreti del 1924 e del 1928. La questione veniva quindi portata all’attenzione del TAR del Veneto che con sentenza n. 1110/2005 si esprimeva in senso favorevole alla ostensione dei crocifissi nelle aule scolastiche, non ravvisando alcuna violazione del principio costituzionale di laicità dello Stato. A conclusioni analoghe perveniva il Consiglio di Stato (decisione n. 556/2006), adito in appello contro la sentenza pronunciata dal TAR in primo grado.

Non dandosi per vinta, la Sig. Lautsi intentava a quel punto una causa contro il Governo italiano dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, riportando un primo successo. Con sentenza del 3 novembre 2009 infatti la Corte condannava lo Stato italiano, ravvisando nell’esposizione dei crocifissi una violazione di alcune fondamentali libertà (il diritto all’istruzione e la libertà di pensiero, coscienza e religione) riconosciute dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La sentenza suscitò in Italia, come era prevedibile, un vivace dibattito. Ma era solo il primo atto, poiché la Grande Camera avrebbe ribaltato il tanto contestato verdetto, con una sentenza che forse avrebbe meritato, per l’approfondimento del tema per l’ampiezza delle argomentazioni sviluppate, un’attenzione sicuramente maggiore di quella che i media nazionali vi hanno riservato.

Rinviando ad un successivo approfondimento l’esame delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo, sarà bene in questa sede concentrarsi sul contenuto delle su richiamate pronunce del TAR e del Consiglio di Stato, le quali si occupano della interessante questione della compatibilità delle norme sull’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche con il principio di laicità dello Stato. Premesso che, secondo la Corte costituzionale, il principio di laicità o di aconfessionalità varrebbe a connotare, quale principio supremo della Costituzione, la forma dello Stato italiano, va aggiunto che esso implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale. Dunque un concetto di laicità aperto ed inclusivo quello recepito dalla nostra Costituzione, non assimilabile al concetto di laicità quale emerge da altre esperienze giuridiche, e in particolare quella francese, ove la laicità è basata non già sulla neutralità dello Stato ma su una precisa scelta di valori.

Per verificare se l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche confligga o meno con la laicità delle istituzioni pubbliche, il TAR del Veneto conduce una accurata analisi sul significato della croce, simbolo comune a molte confessioni cristiane, pur diverse dalla cattolica. Il crocifisso, secondo il TAR, può assumere diversi significati, a seconda del luogo e del contesto in cui si colloca: una cosa è il significato, tutto religioso, che il crocifisso ha all’interno di una chiesa, un’altra quello che può avere in un’aula scolastica, ove può assumere altre valenze, non necessariamente in contrasto con le finalità educative della scuola pubblica e con il carattere “laico” dell’insegnamento. A quest’ultimo riguardo, il TAR osserva che il crocifisso non può essere ridotto ad un simbolo puramente storico-culturale, benché esso riassuma sicuramente alcuni rilevanti aspetti della nostra cultura e della nostra civiltà. La valenza storico-culturale, in altri termini, non ne annulla il significato propriamente religioso, costituendo il crocifisso comunque un sintetico richiamo ai valori fondanti del cristianesimo. Quello che bisogna allora esaminare è il modo in cui il cristianesimo, nel suo “nucleo essenziale”, si pone in rapporto ai valori sanciti dalla Costituzione repubblicana, ivi compreso il principio di laicità. Soltanto dopo aver definito tale profilo, si potrà infatti dire se l’esposizione in luogo pubblico del simbolo del cristianesimo contrasti o meno con la laicità dello Stato.

Sottolinea al riguardo il TAR che, al di là del ben noto adagio evangelico “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, il cristianesimo, con la sua forte accentuazione del precetto dell’amore per il prossimo e ancor più con l’esplicita prevalenza data alla carità sulla fede stessa, contiene quelle idee di tolleranza, eguaglianza e libertà che sono alla base dello Stato laico moderno. Da qui la conclusione (condivisa alfine anche dal Consiglio di Stato) che il crocifisso è simbolo insieme di un’evoluzione storica e culturale (e quindi dell’identità) del nostro popolo e di quel sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa che innervano la nostra Carta costituzionale e che concorrono a delineare lo Stato in senso laico. Posto dunque che una delle principali radici dei principi costituzionali di libertà è proprio il cristianesimo (non a caso nella redazione della Costituzione e nella fissazione dei principi di laicità ha avuto una parte decisiva l’elemento culturale di ispirazione cristiana), “sarebbe sottilmente paradossale escludere un segno cristiano da una struttura pubblica in nome di una laicità che ha sicuramente una delle sue fonti lontane proprio nella religione cristiana”.

D’altro canto, il simbolo della croce – continua il TAR – non può essere inteso come un segno escludente. E’ vero che in generale i simboli religiosi implicano un meccanismo di esclusione dell’infedele, ma questo non vale per il cristianesimo e la ragione sta nel fatto che il cristianesimo, unica fra le religioni, considera secondaria la stessa fede nell’onnisciente di fronte alla carità, cioè al rispetto per il prossimo (e qui potrebbe venir in mente la parabola del buon samaritano). La croce “non può quindi escludere nessuno senza rinnegare sé stessa; anzi, essa costituisce, in un certo senso, il segno universale dell’accettazione e del rispetto per ogni essere umano in quanto tale, indipendentemente da ogni sua credenza, religiosa o meno”. Ne deriva pertanto che il crocifisso, quale simbolo di una particolare storia, cultura e identità nazionale, oltre che espressione di alcuni principi laici della comunità, “può essere legittimamente collocato nelle aule della scuola pubblica, in quanto non solo non contrastante, ma addirittura affermativo e confermativo del principio della laicità dello Stato repubblicano”. Anzi, aggiungerà il Consiglio di Stato nella sua pronuncia, nel contesto culturale italiano appare difficile trovare un altro simbolo che si presti ad esprimere meglio quei valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato.

Sono presenti 3 commenti

Anonimo ha detto...

Non bisogna togliere il Crocifisso dalla aule, oppure ovunque sia,ma bisogna assolutamente prendere tutti i musulmani metterli sui barconi vecchi e rispedirli nei loro paesi di origine, perchè sono loro che hanno cominciato questa assurda storia nel nostro paese che li ospita e gli dà da mangiare !

Cristiano ha detto...

Ci sono musulmani italiani nati in Italia, e dove vuoi metterla con questi?
E tutte le altre confessioni? Dei cristiani non cattolici che usano la croce e non il crocifisso? (il TAR non sa la differenza)
Dove vuoi mettere anche tutti gli atei, agnostici, liberi pensatori, areligiosi e non religiosi italiani nati in Italia. Su barconi vecchi e rispedirli... dove?
[Ricordiamoci di queste persone, che tutte insieme fanno la seconda (non)confessione religiosa più numerosa qui in Italia.]

Bartolo Salone ha detto...

Riporto, a titolo puramente informativo, uno stralcio della sentenza del Tar Veneto da cui risulta che la differenza tra croce e crocifisso viene presa in esame, benché non ritenuta rilevante ai fini del giudizio, in quanto la prassi applicativa ha ormai da tempo decretato la sostanziale assimilabilità ed interscambiabilità tra i due simboli. Ecco il testo:
"4.1. Va in via preliminare rilevato che questo Tribunale considera - ai fini del presente giudizio e di una valutazione complessiva della questione - equivalenti i simboli della croce e del crocifisso, come già indicato nell’ordinanza di questo TAR n. 56 del 2004 e prima ancora dal Consiglio di Stato nel parere n. 63 del 1988, anche se non ignora certo le differenze tra i due segni. Va a tale proposito rammentato che l’approccio delle varie confessioni cristiane rispetto alla rappresentazione del Cristo risulta alquanto diversificato; basti pensare alle note e variegate posizioni sul punto della chiesa cattolica, delle chiese riformate e ortodosse, di quella valdese, anglicana, vetero-cattolica, hussita, copta e armena.
Si deve peraltro tener conto che nella prolungata prassi applicativa della normativa regolamentare, che, come si vedrà in seguito, menziona solo il crocifisso, le singole scuole pubbliche espongono spesso una semplice croce. Posto che anche nel diritto amministrativo è ipotizzabile la configurabilità di una consuetudine quale fonte non scritta di diritto, il comportamento univoco, ripetuto e costante per un certo numero di anni risulta idoneo ad integrare la formazione di una consuetudine interpretativa della norma regolamentare.
(...) In sostanza, tenuto conto della consuetudine applicativa (e quindi anche interpretativa) della normativa sull’esposizione di tale simbolo nelle scuole, i due oggetti – croce e crocifisso - possono essere considerati assimilabili e intercambiabili".

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