«Una delle componenti più belle che hanno caratterizzato la mia esperienza al Quirinale è stato il rapporto con Benedetto XVI», afferma Giorgio Napolitano in un’intervista all’“Osservatore Romano”.
Città Nuova - La foto scelta dall’“Osservatore Romano” per l’intervista a Giorgio Napolitano ritrae il nostro presidente della Repubblica seduto con papa Benedetto XVI attorno a un tavolo, all’ombra di due pini nei giardini vaticani di Castel Gandolfo. A fianco del presidente si scorge la moglie Clio. Sembra una scena familiare come tante se non fosse per la straordinarietà di due personaggi dalle storie molto diverse. Da una parte, il capo di una Chiesa, finissimo teologo. Dall’altra un vero statista, proveniente dai ranghi del Partito comunista italiano. Sono quasi coetanei (il primo classe 1927; il secondo è del ’25).
L’incontro è avvenuto qualche giorno fa nella residenza estiva del pontefice, poche ore prima dell’inizio di un concerto della West-Eastern Divan Orchestra. Hanno passeggiato e parlato insieme «come persone che hanno un rapporto di schietta amicizia», dice Napolitano all’“Osservatore Romano”.
Napolitano è un uomo del Sud che ha militato con dedizione per la rinascita del nostro Mezzogiorno: durante l’occupazione nazista, negli anni ’40 ha fatto parte di un gruppo di giovani antifascisti e ha aderito, nel 1945, al Partito comunista italiano, di cui è stato militante e poi dirigente fino alla costituzione del Partito democratico della sinistra.
Ha quindi percorso strade completamente diverse da quelle di Benedetto XVI: altre tappe, altri interlocutori. Altri libri e pensatori di riferimento. Eppure, tra il papa cattolico e il politico comunista c’è una profonda vicinanza. È Napolitano stesso a confessarlo: «Abbiamo scoperto una grande affinità, abbiamo vissuto un sentimento di grande e reciproco rispetto. Ma c’è di più, qualcosa che ha toccato le nostre corde umane. E io per questo gli sono molto grato».
Oggi, Giorgio Napolitano rappresenta per noi italiani un punto di riferimento sicuro a cui guardare quando le onde del mare in cui naviga a fatica il nostro Paese si fanno minacciose e incutono timore. Ha sempre una parola giusta, ponderata, pacificante che rassicura e dà speranza. Il Papa svolge questo stesso ruolo su scala ovviamente universale e con motivazioni diverse e impossibili da comparare. Ma anche i suoi continui appelli per la pace nel mondo, le sue profonde riflessioni sulle pagine del Vangelo, la sua parola che ridice Dio al mondo di oggi, rappresentano un’autorità morale di cui l’umanità ha un radicato bisogno.
«Ci sentiamo in un certo senso vicini – spiega Napolitano –, anche perché chiamati a governare delle realtà complesse. Il papa naturalmente, oltre a essere un “capo di Stato”, è anche e soprattutto guida della Chiesa universale. Io mi trovo al vertice delle istituzioni della Repubblica italiana in un momento molto, molto difficile. È necessario far prevalere in qualsiasi contesto delle forti motivazioni di serenità, di pace, di moderazione».
Il papa e il presidente. Il capo della Chiesa e il capo di uno Stato. Il cattolico e il comunista. La loro amicizia fa capire che c’è una stagione della vita in cui i percorsi si ritrovano laddove hanno preso il loro primo avvio, e cioè nel cuore dell’uomo. Forse alla fine c’è poco da capire e da spiegare. Forse alla fine è come ha detto Napolitano: «Abbiamo trascorso un momento insieme caratterizzato da tanta semplice umanità». Bisogna allora solo trovare il coraggio di guardare fuori da noi stessi, di prendere decisioni controcorrente, di fare certe volte e se necessario un passo indietro alle proprie convinzioni per aprirsi a quelle dell’altro, nostro fratello di umanità. E di fare tutto questo durante il percorso della vita. Proprio come ne stanno dando testimonianza i due illustri ottuagenari.
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