E' stato un "parto" rapido, ma tutt'altro che indolore: il decreto legge convertito ora dal Parlamento è di metà maggio. In partenza, le nuove norme presentavano molti aspetti decisamente discutibili.
GreenReport - Aspetti di metodo - la scelta di uno strumento legislativo d'urgenza com'è il decreto legge per una legge ordinamentale che come tale richiederebbe un confronto approfondito e articolato - e soprattutto aspetti di merito: dal testo originario del decreto legge uscivano compromessa l'indispensabile agilità e speditezza degli interventi di prima emergenza e ridimensionato quel carattere di rete orizzontale, sussidiaria, capace di collegare tra loro Stato centrale, istituzioni territoriali, cittadinanza attiva e volontariato, che è la principale ricchezza protezione civile italiana .
Non a caso, sia la Conferenza delle Regioni sia le rappresentanze istituzionali di comuni e province diedero sul decreto un giudizio radicalmente critico. La coincidenza sfortunata del terremoto dell'Emilia ha poi, ulteriormente e drammaticamente, sottolineato la distanza, talvolta davvero vistosa, tra le nuove norme e le esigenze concrete, pressanti, della gestione di grandi e vere emergenze. Nel corso dell'esame del decreto in Parlamento, molti errori sono stati corretti: è stato chiarito molto meglio che gli interventi di gestione delle emergenze possono, devono riguardare non solo il pronto soccorso ma anche il primo ripristino delle strutture, dei servizi essenziali, delle condizioni indispensabili alla vita delle comunità e alla stessa vita economica; è stata assicurata una maggiore speditezza nelle procedure.
Il risultato finale è accettabile. La legge approvata conferma che la protezione civile è un sistema orizzontale, che deve avere una forte testa nazionale ma articolazioni altrettanto solide nelle regioni, nei comuni, nel volontariato. Non meno rilevante è l'espulsione definitiva dal perimetro e dalle competenze della protezione civile delle funzioni del tutto improprie legate alla gestione dei cosiddetti "grandi eventi": si chiude così una pagina ingloriosa che soprattutto sotto i governi Berlusconi - ma va detto: non solo... - ha rischiato di trasformare un'eccellenza italiana in un simbolo di corruzione e di spreco di denaro pubblico.
Detto questo, restano molte questioni aperte. Resta apertissimo ed irrisolto, in particolare, il tema della prevenzione. Oggi la protezone civile si regge solo su una gamba, l'intervento dopo le emergenze. L'altra gamba, quella della prevenzione, è quasi inesistente. Per questo serve una svolta, che riguarda non tanto le norme di organizzazione della protezione civile quanto il complesso delle politiche pubbliche. Dobbiamo deciderci come italiani ad occuparci di terremoti e di alluvioni non soltanto quando accadono, ma 365 giorni l'anno. Finora non è avvenuto, e ciò sebbene anche sul piano dei costi prevenire i danni sia più vantaggioso che rincorrerli. Chi scrive insieme ad altri parlamentari ecologisti del Pd ha proposto, per esempio, che gli interventi per la messa in sicurezza antisismica degli edifici siano tra quelli incentivati con il credito d'imposta del 55%. Finora il governo non ha dato retta, ma noi insisteremo: per fare dell'Italia un Paese moderno, efficiente, abbattere la condizione di insicurezza e pericolo dei tanti italiani che vivono immersi nel rischio sismico, vulcanico, idrogeologico, non è meno importante che abbattere lo spread.
Roberto Della Seta
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