martedì, luglio 31, 2012
La domanda tornava di frequente, qualche anno fa: ma l'ecologia è una scienza? Per molti, puristi dell'epistemologia, la domanda ammetteva una semplice e netta risposta: no.  

GreenReport - Per due motivi. Perché non è una disciplina sperimentale e perché non ha una teoria solida, capace di predizioni nette. Quasi si fossero messe d'accordo, le due più note e diffuse riviste scientifiche, l'inglese Nature e l'americana Science propongono in due delle loro ultime edizioni, due articoli che affrontano entrambe le questioni. Su Science il biofisico Jeff Gore, del Massachusetts institute of technology di Boston, insieme ai suoi collaboratori affronta il tema del "modello ecologico". Che non è esattamente il tema di una teoria ecologica, ma ci si avvicina. I modelli, infatti, sono assunzioni astratte che trovano un impiego sempre più largo in quella nuova forma epistemologica della scienza che è la simulazione al computer.

La gran parte dei sistemi naturali sono complessi, ovvero hanno un enorme numero di agenti che hanno tra di loro un ancora più elevato numero di relazioni. La loro dinamica è spesso non lineare e comunque difficile da prevedere, a causa della nostra limitata potenza di calcolo. Per secoli l'evoluzione dei sistemi complessi è stata considerata un problema intrattabile dalla scienza, che ha puntato la sua attenzione su sistemi semplici e a evoluzione lineare.

Grazie ai computer, la potenza di calcolo ha subito un'autentica transizione di fase. È stato, così, possibile mettere a punto "modelli" di un sistema e farli "girare" nel calcolatore: una, due, milioni di volte. Magari cambiando una variabile per verificare, come diceva Edward Lorenz, se "il battito d'ali di una farfalla in Amazzonia è in grado di scatenare una tempesta imprevista in Texas".

I sistemi ecologici sono, per l'appunto, sistemi complessi. Hanno un gran numero di agenti che hanno un fittissimo numero di relazioni. Cosicché succede spesso che facendo girare i "modelli ecologici" nel computer essi non riescano a riprodurre ciò che davvero è accaduto nella realtà. E, soprattutto, non sempre riescono a prevedere con precisione ciò che accadrà nella realtà.

Nella gran parte dei "modelli ecologici", per esempio, al crescere del tasso di complessità cresceva anche il tasso di stabilità. Più un sistema ecologico modellizzato era ricco di agenti e di relazioni, più risultava stabile. Cosa che in realtà non sempre succede.

Tuttavia i modelli tendono a evolvere e a raffinarsi. Con i loro modelli Jeff Gore e collaboratori hanno visto anche nelle simulazioni al computer che in molti ecosistemi esistono specie chiave in grado di dare stabilità al sistema anche in condizioni di relativa semplicità. E che aumentando il numero delle specie e delle relazioni tra le specie non sempre aumenta la stabilità. Proprio come succede in natura. Morale, i modelli ecologici non sono diventati deterministici, ma il loro grado di affidabilità tende ad aumentare.

La rivista Nature, invece, descrive il progetto Metatrone, che Jean Clobert, ricercatore del Consiglio nazionale delle Ricerche francese (CNRS) è riuscito a farsi finanziare per 1,6 milioni di euro e a impiantare sui Pirenei. In breve si tratta di una vasta area, 4 ettari, suddivisa in padiglioni di 100 metri quadri, pieni zeppi di sensori in grado di seguire i movimenti di alcuni animali. Per il momento di lucertole e di farfalle. I padiglioni sono connessi. Le separazioni possono essere chiuse o aperte a piacere. E in ciascun padiglione possono essere fatti variare alcuni parametri di base, come la temperatura, la luminosità, l'umidità. In questo modo, sostiene il francese, è possibile verificare come le specie si diffondono negli ecosistemi naturali e, di conseguenza, cosa rende più stabile un ecosistema rispetto a un altro.

Per quanto molto sofisticato, sostengono alcuni, l'apparato sperimentale di Clobert è pur sempre artificiale. E nulla assicura che, nella natura selvaggia, le lucertole, le farfalle e le altre specie si comportano in maniera omologa.

Tuttavia molti ne sono certi: lassù, sui Pirenei, sta nascendo l'«ecologia sperimentale». In definitiva, lo sviluppo di modelli teorici in grado di approssimare sempre meglio il comportamento reale e la messa a punto di tecniche sempre più raffinate che consentono la sperimentazione potrebbero consentire presto di ribaltare completamente l'antica idea e fare dell'ecologia una «scienza esatta» (ancorché di natura probabilistica e non deterministica).

Una possibilità, questa, che non ha solo un valore accademico. Perché se l'ecologia migliora la sua capacità di fare previsioni, ci consente di indirizzare il futuro degli ecosistemi. Ci sottrae alibi vecchi e un po' abusati e ci attribuisce nuove responsabilità.

di Pietro Greco


È presente 1 commento

raffaele ibba ha detto...

Mi pare che il modello di più facile utilizzo epistemologico sia presente in Genesi 1, e Giobbe 38 e 39 ... e pure 40! ... e vai! senza badare a spese!
Un modello matematico è affidabile solo in quanto i suoi strumenti di calcolo sono affidabili e non so fino a che punto questo sia vero ... o sia sempre "verificabile" in ogni livello dello strumento di calcolo.
Oltre al fatto, "naturalmente" ... bisogna dirlo, che una lucertola in una campagna di Udine ha comportamenti diversi da una lucertola in una campagna di Trapani. Anche la stessa lucertola.
Il problema è il determinismo.
Cosa possiamo predire con certezza in modo da garantirci il futuro? e questo fatto è reso possibile dal fatto che proprio noi sappiamo cos'è il bene e cos'è il male.
La scelta è sempre libera e, assai spesso, indeterminata ed indeterminabile, cioè imprevedibile come ricorda una famosa migrazione di topi dalla Scandinavia all'Europa continentale nel corso del XVII secolo.
ciao r

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