Anche oggi situazione di estrema violenza in Siria. Al centro degli scontri tra esercito e milizie dell’opposizione c’è sempre la città di Aleppo, dove stamani è finito in una strage l’attacco dei ribelli ad un posto di polizia: uccisi almeno 40 agenti. I miliziani controllano circa il 60% dell’abitato.

D. - Sono legittime le proteste della Siria che sta accusando i Paesi limitrofi di inserirsi in una situazione che, secondo Damasco, rientra nella propria sovranità?
R. - E’ un’accusa infondata, in quanto la stessa Siria, quando era potente, è sempre intervenuta negli affari interni dell’Iraq, del Libano, della Turchia, della Giordania, e non si è mai tirata indietro. Adesso è chiaro che questi Paesi, dalla loro, si proteggono, ma la mia impressione è che essi, almeno la Giordania e il Libano, hanno cercato fino all’ultimo di tenersi alla larga da quanto stava e sta tuttora accadendo in Siria, limitandosi all’accoglienza dei profughi. Tuttavia, è chiaro che, loro malgrado, rimangono coinvolti. Sappiamo ad esempio che in Libano le tensioni tra alawiti e sunniti riflettono una guerra civile o confessionale in atto in Siria. Lo stesso vale per l’Iraq. Il governo centrale iracheno ha cercato di mandare le truppe al confine per limitare il flusso dei profughi ed è stato impedito dal governo autonomo turco. Quindi, quando un Paese vive un evento bellico, tutti i Paesi circostanti cercano in qualche maniera di proteggersi, ma non possono non risentire dell’impatto.
D. – Il Libano è uno dei Paesi storicamente sotto l’influenza siriana. Quali conseguenze ci possono essere per Beirut da questa situazione?
R. - Ultimamente un coinvolgimento viene paventato molto spesso. Speriamo che questo non avvenga. Il Libano cerca di fare del suo meglio, ma sappiamo che è ancora sotto l’influenza siriana, perché il governo attuale è molto vicino alla Siria, vi partecipano i filo siriani Hezbollah e anche partiti che sono considerati vicini ad Assad.
D. - Poi c’è Israele: sembra che lo Stato ebraico stia recitando un ruolo di secondo piano in una situazione che invece lo riguarda molto da vicino...
R. – Ultimamente Israele ha evidenziato il rischio che le armi chimiche o batteriologiche siriane siano trasferite a Hezbollah in Libano. Quindi, finché si tratta di un conflitto all’interno della Siria, Israele rimane a guardare, anzi forse gli conviene che il regime di Bashar al Assad continui a impegnarsi in questa guerra civile, perché questo indebolisce il governo centrale, ma alla fine Israele interviene quando invece questo conflitto supera i confini siriani per andare a minacciare la sicurezza di Paesi limitrofi, soprattutto la sua sicurezza.
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