Oggi, 21 luglio, ricorre l’undicesimo anniversario del G8 di Genova: quest’anno il ricordo dei fatti avviene in un clima decisamente differente rispetto agli anni precedenti
di Paola Bisconti
Le sentenze emanate il 5 e il 13 luglio hanno chiuso un capitolo della storia italiana che ha destato scalpore e ha suscitato indignazione, sia per la protesta violenta dei black bloc e dei militanti di estrema destra sia per il modo in cui le forze dell’ordine reagirono per riportare l’ordine nel capoluogo ligure. Tra i no-global erano presenti anche alcuni giornalisti e fotoreporter, e anche loro furono vittime dei pestaggi, come per esempio Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera e Eligio Paoni che, mentre era intento a fotografare il corpo di Carlo Giuliani, fu malmenato e intimidito dai poliziotti che accostarono la sua testa a quella sanguinante del ragazzo ormai deceduto. La sua macchina fotografica venne distrutta, così come sono stati fatti sparire i dischi e il materiale informatico che conteneva i documenti e le informazioni attinenti alle proteste: le prove erano custodite all’interno della scuola Pascoli che la sera del 21 luglio ospitava l’infermeria e il servizio legale del Genoa Social Forum.
Adiacente all’istituto scolastico c’è l’edificio Diaz, che quel sabato sera, intorno alle 22, fu invaso da un elevato numero di poliziotti e di carabinieri. Una volta fatta irruzione nella scuola messa a disposizione dal comune come dormitorio per i manifestanti, gli agenti iniziarono a picchiare i ragazzi presenti, tanto da lasciare evidenti tracce di sangue sui pavimenti, sui termosifoni, sui muri; una delle vittime entrò in coma per due giorni. I manifestanti furono tutti arrestati e portati nella caserma di Bolzaneto dove non poterono contattare i propri legali, subirono altre torture e furono costretti a spogliarsi mentre erano schermiti dai poliziotti, che colti da una frenesia surreale invocavano regimi dittatoriali e i loro leader. L’arresto in massa senza un mandato di cattura è stato giustificato in un dossier scritto dalla questura di Genova che denunciava la presenza di armi fra i manifestanti che alloggiavano quella notte nella scuola Diaz. Tuttavia un video realizzato da Primo Canale, un’emittente televisiva locale, registrò la scena in cui un agente entrava nell’edificio con una busta contenente due molotov da nascondere per poter successivamente accusare i manifestanti. In seguito il poliziotto, messo alle strette dalle prove, confessò la verità.
I colpevoli di queste azioni sono stati puniti solo recentemente, e durante tutti questi anni dirigenti e capisquadra delle pattuglie di quel summit maledetto hanno continuato a prestare servizio; il prefetto Gianni De Gennaro, che ha sempre negato le sue responsabilità riguardo gli avvenimenti, ha nel frattempo condotto una brillante carriera professionale: nel 2007 Giuliano Amato, all’epoca Ministro dell’Interno, lo nominò capo di gabinetto, mentre ora ricopre un rilevante ruolo politico nel governo. La condanna definitiva pronunciata dai pm Enrico Zucca e Francesco Cardona non prevede il carcere per Giovanni Luperi, Francesco Gratteri, Vincenzo Canterini, Gilberto Calderozzi, Filippo Ferri, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola, Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi, Massimiliano Di Bernardini, solo perché le loro pene sono coperte dall’indulto, ma dovranno risarcire le parti civili lese.
Di gran lunga più severe sono state le sanzioni rivolte ai dieci manifestanti accusati di aver saccheggiato e devastato la città. Così la magistratura ha ritenuto più grave la distruzione delle vetrine rispetto al reato di tortura compiuto dalle Forze dell’Ordine verso esseri umani. L’impunità di queste azioni è favorita dal codice penale che risale al 1930, quindi coevo al periodo fascista, che ammise l’applicazione del contestatissimo “Codice Rocco”. Per svecchiare un sistema che appartiene alla dittatura e che per questo è intollerabile in un paese democratico sono intervenuti ben 30.000 firmatari dell’appello “10x100. Genova non è finita” che chiedeva l’annullamento della pena dei dieci ragazzi imputati. Chi ha aderito non accetta l’idea che a scontare le colpe dei fatti di quel G8 siano dei ragazzi scelti tra la folla e diventati dei capri espiatori. 98 anni e 9 mesi era il tempo complessivo previsto per i 10 no-global (da cui il nome della campagna) che il 13 luglio sono stati ritenuti tutti colpevoli; a Luca Finotti, Marina Cugnaschi, Vincenzo Vecchi, Francesco Puglisi è stato concesso lo sconto della pena mentre i ricorsi di Alberto Funaro e Ines Morasca sono stati rigettati; infine la posizione di Carlo Arculeo, Antonio Valguarnera, Carlo Cuccomarino e Dario Ursino è da riesaminare. Così di quella che fu definita la “notte cilena”, una “macelleria messicana”, come dichiarò il vice questore aggiunto Michelangelo Fornier che era presente durante i pestaggi, o, secondo Amnesty International, “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la II Guerra Mondiale”, rimane lo sconcerto e un malcontento generale.
A dimostrare l’evidenza dei fatti ci sono numerose testimonianze filmate, scritte, disegnate, cantate che raccontano cosa davvero è accaduto a Genova da giovedì 19 a domenica 22 luglio di undici anni fa. Fra le molteplici pubblicazioni citiamo quella di Concita De Gregorio, “Non lavate questo sangue”, o il graphic novel “Quella notte alla Diaz”, scritto e disegnato da Christian Marra, che in quei giorni prese parte al corteo e fu vittima delle percussioni della polizia. Anche Francesco Barilli e Manuel De Carli hanno scelto il fumetto per raccontare la storia di “Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova”, e poi c’è lo scatto fotografico di Dylan Martinez per l’agenzia Reuters, che rende con un’immagine il momento clou della tragedia, quella del genovese ventitreenne colto nell’atto di lanciare l’estintore contro chi poi gli sparò. Per approfondire l’argomento è essenziale la visione di alcuni documentari che con la crudezza di alcune scene spiegano perfettamente ciò che è stato: “Le strade di Genova” di Davide Ferrario, il cortometraggio di Francesca Comencini “Carlo Giuliani, ragazzo”, la celebre pellicola cinematografica “Diaz. Don’t clean up this blood” di Daniele Vicari e numerosi altri video realizzati da giornalisti coraggiosi.
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Sono presenti 2 commenti
Quello che successe a Genova in occasione del G8 fu estremamente grave. Il comportamento di taluni appartenenti alle forze dell'ordine è ingiustificabile e le condanne riportate dimostrano la fondatezza delle denunce a suo tempo fatte. Non possiamo però dimenticarci che a Genova in quei giorni regnò l'anarchia e che a creare quella situazione non furono certo i poliziotti, bensì taluni manifestanti facinorosi, anzi, usiamo il termine appropriato, delinquenti. Per cui non facciamone dei martiri, per favore, ed evitiamo di strumentalizzare l'operato della magistratura, altrimenti sembra che la magistratura agisca bene solo quando condanni la polizia e non quando punisce altrettanto motivatamente i no-global. E non si tratta - si badi bene - di capri espiatori, bensì di soggetti condannati per reati specifici e ben circostanziati.
Onore al prefetto Gratteri ed a tutti i poliziotti ingiustamente condannati. E' giusto invece che chi ha messo a ferro e fuoco la città di Genova marcisca nelle patrie galere. Si dovrebbe gettare la chiave. Ma con questa magistratura che condanna dei valorosi poliziotti, purtoroppo ce poco da sperare per l'Italia.
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