Si è conclusa con un appello all’apertura di un dialogo nazionale tra opposizione e governo siriano la conferenza internazionale svoltasi ieri a Teheran, principale alleato di Damasco nella regione
Misna - I 29 paesi presenti all’incontro, a cui erano assenti rappresentante americani e della Lega Araba, hanno stilato un documento in cui chiedono negoziati diretti tra le parti e un immediato cessate-il-fuoco sul terreno. “Vogliamo che gli oppositori si seggano allo stesso tavolo del governo e collaborino per la messa in opera delle riforme” ha detto Ali Akbar Salehi, capo della diplomazia iraniana, senza mai evocare le dimissioni del presidente siriano Bashar al Assad ritenuto una precondizione dai parte dei rivoltosi per dialogare.
“È un errore credere che facendogli pressioni (il governo siriano, ndr) cambierà” ha aggiunto Salehi in riferimento alla politica di Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che Teheran accusa di fornire armi ai ribelli intenzionati a far cadere il governo.
Intanto sul terreno, prosegue l’assedio militare ad Aleppo e in particolare al quartiere di Salaheddin, sotto bombardamenti a raffica da diversi giorni. Proprio l’intervento dell’aviazione ha costretto i membri dell’esercito libero siriano (Els) a ritirarsi dalla città, polmone economico del paese. Una tregua nei combattimenti inoltre ha permesso al comitato internazionale della Croce rossa di portare viveri e medicinali ai civili intrappolati dal conflitto. Ma alla frontiera turca, l’afflusso dei rifugiati siriani prosegue senza sosta: negli ultimi due giorni oltre 2000 persone avrebbero varcato il confine.
Sul piano diplomatico infine, è il nome di Lakhdar Brahimi che circola con insistenza nei corridoi del Palazzo di vetro come designato da Ban Ki-moon per succedere a Kofi Annan nel suo ruolo di mediatore per la Siria. Un incarico che Annan aveva deciso di abbandonare, dopo mesi di delicati negoziati e la presentazione di un piano di pace rimasto lettera morta, deplorando la mancanza di sostegno alla sua missione da parte delle grandi potenze.
Misna - I 29 paesi presenti all’incontro, a cui erano assenti rappresentante americani e della Lega Araba, hanno stilato un documento in cui chiedono negoziati diretti tra le parti e un immediato cessate-il-fuoco sul terreno. “Vogliamo che gli oppositori si seggano allo stesso tavolo del governo e collaborino per la messa in opera delle riforme” ha detto Ali Akbar Salehi, capo della diplomazia iraniana, senza mai evocare le dimissioni del presidente siriano Bashar al Assad ritenuto una precondizione dai parte dei rivoltosi per dialogare.
“È un errore credere che facendogli pressioni (il governo siriano, ndr) cambierà” ha aggiunto Salehi in riferimento alla politica di Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che Teheran accusa di fornire armi ai ribelli intenzionati a far cadere il governo.
Intanto sul terreno, prosegue l’assedio militare ad Aleppo e in particolare al quartiere di Salaheddin, sotto bombardamenti a raffica da diversi giorni. Proprio l’intervento dell’aviazione ha costretto i membri dell’esercito libero siriano (Els) a ritirarsi dalla città, polmone economico del paese. Una tregua nei combattimenti inoltre ha permesso al comitato internazionale della Croce rossa di portare viveri e medicinali ai civili intrappolati dal conflitto. Ma alla frontiera turca, l’afflusso dei rifugiati siriani prosegue senza sosta: negli ultimi due giorni oltre 2000 persone avrebbero varcato il confine.
Sul piano diplomatico infine, è il nome di Lakhdar Brahimi che circola con insistenza nei corridoi del Palazzo di vetro come designato da Ban Ki-moon per succedere a Kofi Annan nel suo ruolo di mediatore per la Siria. Un incarico che Annan aveva deciso di abbandonare, dopo mesi di delicati negoziati e la presentazione di un piano di pace rimasto lettera morta, deplorando la mancanza di sostegno alla sua missione da parte delle grandi potenze.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.