martedì, agosto 07, 2012
Nel nostro viaggio tra i monasteri clariani oggi ci fermiamo a Paganica, al Monastero S. Chiara, ed accogliamo la testimonianza delle Sorelle clarisse che condividono con noi la loro realtà di comunità colpita dal terribile terremoto de L’Aquila del 2009 che, oltre a distruggere il monastero, ha causato la morte della Madre Abbadessa Maria Gemma Antonucci. Percepiamo dalle loro parole la sofferenza e il dolore ma anche il desiderio di continuare ad affidarsi all’amore paterno di Dio e alla Provvidenza che si è resa presente con tanti gesti e aiuti concreti di cui ancora hanno bisogno. Nonostante tutto, nel loro cammino non è cessata l’accoglienza e la condivisione con tutta la popolazione colpita dal sisma.

Il nostro monastero delle Sorelle Povere di S. Chiara è presente nel territorio di Paganica dal luglio del 1997 dopo il trasferimento dal centro urbano della città dell’Aquila per un posto più verde e silenzioso, più consono alla nostra vita integralmente contemplativa. La presenza delle sorelle clarisse a L’Aquila affonda le sue radici fin dal 1447, data in cui la Beata Antonia da Firenze e S. Giovanni da Capestrano fondarono il nostro Monastero dell’Eucarestia, chiamato successivamente di S. Chiara povera. Il desiderio di questi due grandi santi fu quello di riportare le regole di S. Francesco e S. Chiara al loro primitivo splendore.

Il Monastero, animato dalla Beata Antonia, splendette di santità nella povertà vissuta fino in fondo con gioiosa letizia per amore di Cristo povero. Numerose donne, vissute in totale fedeltà a Cristo, hanno popolato il Monastero fino ad arrivare ai nostri giorni. Desiderando vivere in continua fedeltà al carisma ricevuto da Chiara e Francesco d’Assisi, rispondendo al desiderio che Dio ha messo nel nostro cuore, abbiamo scelto di vivere la nostra vita in totale adesione al Vangelo, chiamate a rivivere il mistero di Gesù Cristo, rivolto costantemente al Padre in preghiera sul monte e che per noi si è fatto povero, casto e obbediente.

Il terribile terremoto del 6 aprile 2009 ha scritto una nuova pagina per la nostra storia, per L’Aquila e per numerosi territori dell’Abruzzo. Anche noi abbiamo vissuto questo dramma con tutto il suo carico di dolore, paura e smarrimento, reso tutto più acuto dalla morte della nostra amata Abbadessa Maria Gemma Antonucci, per noi davvero Madre che ci ha generato nella fede e vera sorella. Quanto ci manca la sua presenza, la sua guida, il suo sorriso! La sua vita, ora in Dio che ha così tanto amato, ci è sembrata come l’offerta di un chicco di frumento messo sotto terra perché porti molto frutto.

Pochi secondi per distruggere tutto: il Monastero, la Chiesa… ma ciò che non è stato distrutto ma anzi ne è uscito rafforzato è stata la speranza in Dio, che ci fa sentire figlie amate e custodite. Siamo vive per miracolo, comprese le sorelle gravemente ferite. Chi ha visto il Monastero nel suo interno, come i Vigili del fuoco, nostri angeli custodi, continuano a dire: ma come avete fatto ad uscire di qui?!

Il dolore di aver perso tutto, di aver perso la nostra Madre, di aver perso amici, ci ha riportato al cuore della nostra vocazione: essere Sorelle Povere di S. Chiara. Avevamo da poche ore celebrato la Domenica delle palme, siamo entrati nel lunedì Santo, una Pasqua che tutti noi abbiamo celebrato nella carne insieme al Figlio di Dio, così vicino a tutti noi nello stesso dolore e nella stessa passione. Ma proprio perché così vicino, il “buio della notte” si è rischiarato dall’alba della resurrezione perché con Lui la morte non è l’ultima parola ma la Vita e la vita nuova che vuole donarci.

Ogni dolore ci mette sempre di fronte a due strade, sta a noi scegliere: o quella della disperazione o quella dell’opportunità che si fa speranza, perché sperare è vivere, è dare un senso al presente, è camminare, è avere ragioni per andare avanti. Speranza è vivere totalmente abbandonati nelle mani di Dio, e questa si fa una forza che è potente come un vulcano, si fa come una sorgente segreta che zampilla nel cuore.

E’ questa speranza che sta facendo risorgere in noi il germoglio della vita nuova. Francesco e Chiara d’Assisi cantavano la bellezza della povertà scelta e non subita. Ai poveri, amici di Dio, non è risparmiato il dolore, ma c’è in essi un segreto che fa mantenere sempre accesa una luce, ed è proprio la speranza, perché i poveri mangiano ogni giorno dalla stessa mano di Dio che li nutre, li custodisce e li protegge. Solo i poveri sperano per tutti noi come solo i santi amano ed espiano per tutti noi.

Dopo aver sperimentato il miracolo della vita che ci è stata ridonata uscendo dalle macerie, abbiamo sperimentato il miracolo dell’amore con una raccolta che ha permesso di costruire il piccolo Monastero di legno che ora abitiamo in attesa della ricostruzione. Posto a fianco a quello crollato, continua ad accogliere i fratelli che vengono a pregare trovando riposo e ristoro in Dio a quella ferita ancora sanguinante e mai rimarginata, impressa indelebilmente nelle pieghe del cuore e della memoria, per la ricostruzione che ancora tarda a venire, per l’incertezza del futuro.

Il sorriso non si è spento sulle nostre labbra, la nostra vita scorre serena, in un quotidiano reso straordinario dalla situazione e dalla presenza di Dio. Abbiamo scelto di restare sentendoci fortemente chiamate a essere segno di speranza per la nostra gente, condividendo con essi la stessa precarietà e quanto la Provvidenza ci dona. La nostra storia riparte da queste macerie che si fanno pietre poste a fondamento di una nuova costruzione che è l’opera di Dio con noi, e siamo profondamente grate a quanti continuano a sostenerci anche materialmente nell'avventura della ricostruzione di questa Dimora di Dio.

Da qui sgorga nel cuore una preghiera:
Sii benedetto Signore per quanti si fanno strumenti del tuo Amore di Padre Provvidente!
Signore mi fido di te, Signore spero in te! Sei tu che tieni in pugno le mie sorti. Fammi cantare in cuore la speranza, la speranza per tutti. Dovremmo essere proprio noi, noi tutti qui presenti a cantare per il popolo di Dio il Cantico d’Isaia 26: “Abbiamo una città forte! Aprite le porte! Entri il popolo che si mantiene fedele e a Dio si affida… Sperate in Dio sempre! Sempre, perché Dio è roccaforte nei secoli!

Nelle nostre mani, purché ne vogliamo usare, è tutta la forza dei poveri, quella forza che ha costretto Dio a piegarsi su Maria, Francesco, Chiara e su tutti i santi, a curvarsi sulla loro povertà, sul loro silenzio denso di attesa e di fiducia.

Donaci un cuore di poveri, Signore! Allarga i confini della nostra capacità di sperare, perché in noi possa pulsare l’attesa e la speranza dell’Abruzzo e di tutti i popoli che soffrono! A te Padre, nella forza dello Spirito, te lo chiediamo per il nostro Signore Gesù Cristo, Amore povero e speranza che non delude. Amen!

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