34 anni fa moriva Giovanni Battista Montini. Chiamato nel 1963 alla Cattedra di Pietro, ebbe il non facile compito di portare a termine il Concilio Vaticano II. Nel suo autorevole magistero l’Humanae Vitae, la Populorum progressio e la Sacerdotalis Caelibatus. Un Papa riservato e umile, ma deciso nel rispetto del Magistero, della Tradizione e della conoscenza della Scrittura.
di Alberto Giannino
Il 6 agosto 1978 moriva a Castel Gandolfo Papa Paolo VI. Già diplomatico in Polonia con Pio XI, Sostituto alla Segreteria di Stato con il futuro Pio XII, poi Pro-Segretario di Stato con Mons. Tardini, venne promosso Arcivescovo di Milano quando il Papa volle che si costruisse una capacità pastorale che non possedeva, in quanto era sempre stato nella Curia Romana. Uomo di grande cultura (conosceva tutti i teologi e filosofi francesi nella lingua originaria), aveva studiato alla Gregoriana Diritto civile e Diritto canonico, mentre all’Università statale seguiva i corsi di Lettere e Filosofia. Montini fu promosso cardinale da papa Giovanni XXIII, del quale divenne poi successore. In eredità da papa Giovanni XXIII ebbe il Concilio Vaticano II, che era iniziato da circa un anno. E lui ebbe il compito e il privilegio di portarlo a termine mediando tra conservatori e progressisti. Grazie all’esperienza maturata in Vaticano accanto a Pio XI e Pio XII era infatti un profondo conoscitore della macchina curiale e conosceva personalmente centinaia di vescovi e tutti i cardinali: questo era il suo vantaggio. E nel 1965 chiuderà dopo quattro sessioni il Concilio Vaticano II che si era aperto nel novembre 1962 con la presenza di 2.500 fra vescovi, cardinali e patriarchi da tutto il mondo.
Paolo VI viene ricordato nei suoi 15 anni di pontificato (dal 1963 al 1978) non solo per il Concilio ecumenico, ma anche per due Lettere Encicliche: la Humanae Vitae e la Sacerdotalis Caelibatus. Nella prima ribadirà la condanna alla pillola anticoncezionale, all’aborto e al matrimonio contrario alla procreazione. “Richiamando gli uomini all'osservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita. [...] In conformità con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio, dobbiamo ancora una volta dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l'interruzione diretta del processo generativo già iniziato, e soprattutto l'aborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. È parimenti da condannare, come il magistero della Chiesa ha più volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che temporanea, tanto dell'uomo che della donna. È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione”.
Nella seconda Lettera enciclica stabilì che il clero dovesse rimanere celibe, come aveva decretato a suo tempo il Concilio di Trento. Per anni ci furono discussioni accorate su questi tempi e, ancora oggi, nella Chiesa e nella società civile se ne discute. Paolo VI scrisse anche la famosa Populorum progressio in cui sollecita i governanti di tutto il mondo a schierarsi accanto ai popoli che muoiono di fame: “I popoli della fame – afferma Paolo VI - interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia.” (par. 37 Populorum progressio).
Paolo VI viene ricordato anche per i suoi Viaggi apostolici all’estero: a Bogotà, in India, in Uganda, in terra santa, all’Onu e a Ginevra. E quelli in Italia: Cagliari, Venezia, Pisa, e Pescara.
Alcuni preti o intellettuali o giornalisti che non lo conoscevano bene avevano coniato per lui il nome di “Paolo Mesto”. Ma in realtà fu un uomo nel privato molto brillante, profondamente spirituale, umile e riservato, un uomo di "cortesia infinita". E circa il tono amletico, dubbioso, malinconico che gli veniva attribuito, Paolo VI così rispondeva: “E’ contrario al genio del cattolicesimo, al regno di Dio, indugiare nel dubbio e nell'incertezza circa la dottrina della fede”. Certo era un Papa riservato e timido, ma la riservatezza non è una qualità necessariamente negativa.
Da ultimo Paolo VI è passato alla storia per l’intenso e proficuo dialogo ecumenico con i Fratelli Ortodossi, con gli Ebrei e i Protestanti. Quale supremo Pastore della Chiesa, guidò il popolo di Dio alla contemplazione del volto di Cristo, Redentore dell'uomo e Signore della storia. E proprio l'amorevole orientamento della mente e del cuore verso Cristo fu uno dei cardini del Concilio Vaticano II. Al centro di tutto, sempre Cristo: al centro delle Sacre Scritture e della Tradizione, nel cuore della Chiesa, del mondo e dell'intero universo.
L’ultimo atto che turbò il suo pontificato e la sua persona fu l’assassinio dell’onorevole Aldo Moro il 9 maggio 1978 da parte delle Brigate Rosse. Il Papa scrisse invano una supplica a questi uomini e si rivolse a Dio domandandogli perché avesse abbandonato un uomo buono e mite.
Nel suo testamento Paolo VI chiese un funerale sobrio e una sepoltura nella nuda terra in una semplice bara di legno, senza monumenti. Potremmo veramente dire, con l'apostolo Paolo, che la grazia di Dio in lui “non è stata vana” (cfr 1 Cor 15,10): ha valorizzato le sue spiccate doti di intelligenza e il suo amore appassionato alla Chiesa ed all'uomo. Mentre la Chiesa intera rende grazie a Dio per il dono di questo grande Papa, tutti ci impegniamo a far tesoro dei suoi insegnamenti.
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Sono presenti 3 commenti
Grazie per il suo bellissimo ricordo del grande papa Paolo VI, a me particolarmente caro perché Papa della mia adolescenza e mio concittadino! Quanto ero fiera di essere della città del Papa! In molti desideriamo che venga presto riconosciuto Venerabile e Beato!In molti ci domandiamo-anche- senza voler fare polemiche- perché ,per lui, non ci sia mai stata una "corsia" speciale nell'iter della causa di beatificazione come è avvenuto per Giovanno Paolo II.Anche Paolo VI non era meno Santo!
Un cordiale saluto. Licia S. di Brescia
Mi associo a quanto detto dalla signora Licia S. di Brescia. Papa Giovanni XXIII e Paolo VI meritano, a pieno titolo, il MAGNO dopo i loro nomi, con atto solenne della Chiesa.
Enrico Campitelli, abruzzese.
E'stato anche per me il papa della mia infanzia.
Un grande uomo di fede, intriso di "Cristo".
Un pontefice straordinario.
Delle sue innumerevoli qualità vorrei mettere in risalto la sua grande umiltà.
Voleva bene a tutti e in modo particolare a chi gli era più avverso. E'stato un grande dono di DIO, PAOLO VI, alla Chiesa e a tutto il mondo.
Spero e prego per la sua beatificazione, anche se per me PAOLO VI in Paradiso, ove ora dimora è gia Santo
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