giovedì, agosto 30, 2012
La comunità si trova in un'area molto remota e gli Indiani che hanno rinvenuto i corpi hanno dovuto affrontare un lungo cammino  

GreenReport - Survival International denuncia che «un gruppo di cercatori d'oro ha massacrato una comunità di Yanomami venezuelani isolati». L'organizzazione che difende i popoli indigeni dice di averlo appreso da alcuni testimoni che hanno raccontato di aver trovato «corpi e ossa bruciati» vicino alla comunità di Irotatheri, nella regione di Momoi, lungo il fiume Ocamo, vicino al confine del Venezuela con il Brasile.

L'Ong dice che «dai primi indizi sembra che le persone massacrate siano circa 80, ma il numero preciso delle vittime è impossibile da stabilire ora. Al momento, i sopravvissuti rinvenuti sono solo 3. Sembra che il massacro sia avvenuto in luglio, ma il fatto è stato scoperto solo ora. La comunità si trova in un'area molto remota e gli Indiani che hanno rinvenuto i corpi hanno dovuto affrontare un lungo cammino per raggiungere l'insediamento più vicino e denunciare la tragedia». Pare che i sopravvissuti si siano salvati dall'attacco omicida dei garimpeiros brasiliani solo perché erano a caccia mentre la loro comunità veniva data alle fiamme.

L'eccidio è confermato da una denuncia del 27 agosto inviata dall'associazione indigena "Horonami Organización Yanomami" alle autorità militari di Puerto Ayachuco. Un folto gruppo di organizzazioni indigene dell'Amazzonia in una dichiarazione congiunta «sollecita il governo nazionale e altre istituzioni dello Stato del Venezuela ad aprire immediatamente un investifazione criminale, a recarsi sul luogo del massacro posto del massacro e ad adottare un accordo bilaterale con il Brasile per il controllo e la vigilanza dei movimenti dei garimpeiros nell'alto Ocamo, la zone del massacro e di presenza degli Yanomami minacciati dalle attività incontrollate dei garimpeiros. Si ricorda che la mancanza di indagini e di adottare le misure necessarie a seguito del caso di Haximu, potrebbe compromettere la responsabilità internazionale dello Stato venezuelano, che permetterebbe ad agenti stranieri di attaccare i cittadini venezuelani nel proprio territorio».

Luis Shatiwe Yanomami, un leader dell'organizzazione yanomami Coronami, che ha incontrato i testimoni della strage a Parima, ha detto: «Stiamo denunciando la presenza di molti cercatori d'oro illegali da tre anni». Secondo Eliseo, uno Yanomami che vive nell'area dove è avvenuto l'eccidio, gli Indiani che hanno scoperto il massacro avrebbero trovato «Corpi e ossa bruciati, e i resti carbonizzati di uno sciabono», la casa comune della tribù.

Non è la prima volta che i minatori abusivi massacrano in massa gli Yanomami. Negli anni ottanta, 40.000 cercatori d'oro brasiliani invasero la terra degli Yanomami, sparando agli Indiani, distruggendo i loro villaggi e diffondevano malattie letali. In soli 7 anni morì il 20% degli Yanomami. Solo dopo una lunga campagna internazionale condotta da David Kopenawa Yanomami, da Survival e dala Commissione pro Yanomami, nel 1992 la terra degli Yanomami fu finalmente perimetrata come "Parco Yanomami" e i cercatori d'oro furono espulsi. Ma questo non impedì, come spiega Survival, che «Nel 1993 vennero assassinati 16 Yanomami della comunità di Haximu, in Brasile. Per quel fatto, un gruppo di minatori fu successivamente incriminato per genocidio. Al momento non è ancora stata compiuta nessuna indagine sui fatti recenti».

Stephen Corry, direttore generale di Survival ha detto: «Un'altra scioccane tragedia per gli Yanomami. Un altro crimine da aggiungere alla lunga lista delle violenze. Tutti i governi della regione amazzonica devono fermare la crescita incontrollata delle attività minerarie, del disboscamento e della colonizzazione illegali che affliggono i territori indigeni. Queste attività finiscono inevitabilmente con il massacro di uomini, donne e bambini indiani. Le autorità del Venezuela devono consegnare i killer alla giustizia e mandare un segnale forte in tutta la regione: l'uccisione degli Indiani non resterà più impunita. Disboscamento e attività minerarie devono finire».


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