Assegnati ieri sera i Premi della Mostra del Cinema di Venezia, a chiusura di un festival di notevole spessore artistico e culturale che ha programmato una serie di film spesso concentrati sulla crisi mondiale e le sue ripercussioni sociali. Leone d’Oro al coreano Kim Ki-duk e al suo violento e profondo "Pietà".
Radio Vaticana - Immotivata la mancanza dello splendido e originalissimo film del filippino Brillante Mendoza, considerato il titolo più bello della Mostra, tenuto in considerazione dalle giurie di ispirazione cattolica. Un attento sguardo critico ha portato le giurie che s’ispirano ai valori della cultura cattolica ad assegnare il loro premi scegliendo tra una rosa di titoli aperti ai segnali di spiritualità provenienti da culture lontane, ma diretti da registi di formazione profondamente diversa. Alcuni sono stati decisi in linea con la premiazione ufficiale, che è risultata però soggetta alle volubili decisioni degli illustri giurati. Il Premio SIGNIS, legato all’Associazione Cattolica Mondiale della Comunicazione, ha espresso un verdetto singolare, premiando un film che è stato giustamente assai poco apprezzato dalla critica, "To the Wonder" di Malick. Più attenti e coraggiosi i giurati del Premio Nazzareno Taddei, istituito sei anni fa in memoria del gesuita studioso di cinema, che all’unanimità hanno riconosciuto il valore estetico e narrativo di "Pietà" di Kim Ki-duk, film che riassume in sé tutti i grandi temi che hanno quest’anno contraddistinto la Mostra: la società e il male che la debilita, le atrocità di un capitalismo spietato, la crisi colta da prospettive diverse. Il violento film del regista coreano ha meritato il Leone d’Oro, segno che le tensioni che lo attraversano e le sue immagini spesso strazianti hanno lasciato un segno su tutti. La Navicella- Venezia Cinema della Fondazione Ente dello Spettacolo è andato, splendida scelta, a "Thy Womb" del filippino Brillante Mendoza, che sorprendentemente e ingiustamente è stato del tutto ignorato dalla giuria ufficiale. Una assenza grave, perché questo film, pur adottando un registro etnografico, trascende la sfera del naturalismo e si fa vera poesia, mettendo in scena un atto d'amore totale e non scontato. Il Leone d’Argento è andato a "The Master" di Paul Thomas Anderson, pellicola di grande attualità che esplora il mondo delle sette, concentrandosi sul rapporto tra un maestro e un discepolo psicologicamente succube e ai due protagonisti, Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix è stata assegnata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. Premio Speciale della Giuria, incomprensibile verdetto, al controverso e sgradevole "Paradise: Faith" dell’austriaco Ulrich Seidl, che mette in scena isterismi religiosi di tipo patologico, immagini al limiti dell’osceno, non un film sul fanatismo, ma su una malattia che invade la mente di una donna disturbata.
Radio Vaticana - Immotivata la mancanza dello splendido e originalissimo film del filippino Brillante Mendoza, considerato il titolo più bello della Mostra, tenuto in considerazione dalle giurie di ispirazione cattolica. Un attento sguardo critico ha portato le giurie che s’ispirano ai valori della cultura cattolica ad assegnare il loro premi scegliendo tra una rosa di titoli aperti ai segnali di spiritualità provenienti da culture lontane, ma diretti da registi di formazione profondamente diversa. Alcuni sono stati decisi in linea con la premiazione ufficiale, che è risultata però soggetta alle volubili decisioni degli illustri giurati. Il Premio SIGNIS, legato all’Associazione Cattolica Mondiale della Comunicazione, ha espresso un verdetto singolare, premiando un film che è stato giustamente assai poco apprezzato dalla critica, "To the Wonder" di Malick. Più attenti e coraggiosi i giurati del Premio Nazzareno Taddei, istituito sei anni fa in memoria del gesuita studioso di cinema, che all’unanimità hanno riconosciuto il valore estetico e narrativo di "Pietà" di Kim Ki-duk, film che riassume in sé tutti i grandi temi che hanno quest’anno contraddistinto la Mostra: la società e il male che la debilita, le atrocità di un capitalismo spietato, la crisi colta da prospettive diverse. Il violento film del regista coreano ha meritato il Leone d’Oro, segno che le tensioni che lo attraversano e le sue immagini spesso strazianti hanno lasciato un segno su tutti. La Navicella- Venezia Cinema della Fondazione Ente dello Spettacolo è andato, splendida scelta, a "Thy Womb" del filippino Brillante Mendoza, che sorprendentemente e ingiustamente è stato del tutto ignorato dalla giuria ufficiale. Una assenza grave, perché questo film, pur adottando un registro etnografico, trascende la sfera del naturalismo e si fa vera poesia, mettendo in scena un atto d'amore totale e non scontato. Il Leone d’Argento è andato a "The Master" di Paul Thomas Anderson, pellicola di grande attualità che esplora il mondo delle sette, concentrandosi sul rapporto tra un maestro e un discepolo psicologicamente succube e ai due protagonisti, Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix è stata assegnata la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. Premio Speciale della Giuria, incomprensibile verdetto, al controverso e sgradevole "Paradise: Faith" dell’austriaco Ulrich Seidl, che mette in scena isterismi religiosi di tipo patologico, immagini al limiti dell’osceno, non un film sul fanatismo, ma su una malattia che invade la mente di una donna disturbata.
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