Sarà il prossimo 3 ottobre il primo faccia a faccia tra Barack Obama e Mitt Romney, seguito da altri due confronti in diretta televisiva, uno il 16 e l’altro il 22 ottobre.
Radio Vaticana - La notizia arriva mentre a Charlotte, in North Carolina, prende il via la Convention democratica che ha l’obiettivo di rilanciare la presidenza Obama alle prese con la crisi economica e in particolare con il perdurare del tasso di disoccupazione sopra l’8 per cento. Sulla differenza tra questa Convention e quella che 4 anni fa, a Denver, lanciò la corsa di Obama alla Casa Bianca, Alessandro Gisotti ha intervistato Marilisa Palumbo, americanista del Corriere della Sera: ascolta /
R. – Il clima sarà molto diverso da allora, perché allora fu davvero un’“incoronazione”, il culmine di un sogno, almeno fino alle elezioni. L’entusiasmo era palpabile tra i delegati nello stadio di Denver. Quest’anno sarà molto diverso perché Obama è testa a testa nei sondaggi. La Convention repubblicana non ha dato grande slancio a Romney, ma resta il fatto che le condizioni sul terreno di gioco tra i due contendenti non sono molto favorevoli per Obama, il suo indice di approvazione è piuttosto basso. Le notizie sulla disoccupazione sono sempre abbastanza nere. Tra l’altro, lui parlerà giovedì sera e venerdì ci sarà il rapporto sulla disoccupazione… Obama cercherà di dipingere le elezioni come una scelta molto netta tra il passato e il futuro, cioè dirà che Romney vuole riportare l’orologio della politica indietro di anni, tutelare sempre i più ricchi, ignorare la middle class… Quindi credo che questi saranno i temi su cui Obama insisterà molto e avrà un aiutante d’eccezione che sarà Bill Clinton, che parlerà mercoledì sera. Clinton deve far ricordare ai democratici come si stava bene quando lui era presidente e dirà che è Obama l’unica persona che può riportare l’America a quei fasti.
D. - L’economia è senza dubbio il tema forte di queste elezioni presidenziali. Su questo si giocherà la partita e su questo Obama deve convincere gli americani che meglio di quanto è stato fatto non si potesse fare…
R. – Non è un’impresa facile perché secondo tutti i sondaggi almeno 7 americani su 10 dicono di stare peggio o comunque di stare come 4 anni fa. Questi sono numeri da far tremare i polsi a qualsiasi presidente uscente. Però resta il fatto che Obama ha un grande vantaggio che conserva e che non ha mai perso: il livello personale, il feeling degli elettori con lui è rimasto sempre molto forte e anche da parte dell’elettorato repubblicano c’è rispetto per la sua persona e la sua figura. Questo e anche il fatto che Romney sia una persona molto poco carismatica rappresenta un vantaggio per Obama.
D. - La politica estera è la grande assente di questa tornata elettorale. Questo può danneggiare i rapporti tra gli Stati Uniti d’America e il resto del mondo?
R. – Io non credo nel senso che poi in fondo anche l’economia in questo momento è politica estera! Anche da noi è davvero l’unico tema che conta. Quindi credo che ci sia anche comprensione sul fatto che questo sia il tema dominante della campagna elettorale. Tuttavia, è incredibile che non se ne parli, rispetto agli ultimi anni, dall’11 settembre in poi. E’ davvero un enorme cambiamento perché le guerre, in Afghanistan e Iraq, sono passate in secondo piano. In politica estera, comunque, Obama ha grandi successi da poter vantare e lo farà tanto che uno dei discorsi chiave lo farà John Kerry, che è il presidente della commissione esteri del Senato e che è uno dei papabili per succedere a Hilary Clinton che, nel caso Obama venisse rieletto, lascerebbe il posto di segretario di Stato. E tra l’altro non sarà alla convention. E’ un dato oggettivo che la politica estera non è più la priorità del Paese.
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