mercoledì, settembre 05, 2012
Uno degli aspetti più drammatici che caratterizza il mondo giovanile è la mancanza di direzione della propria vita e ciò produce mancanza di senso

di Carlo Mafera

“Le crisi adolescenziali scatenano negli adulti un senso di smarrimento. L’esperienza di un Centro di consulenza psicopedagogica, alla cui base c’è l’impianto teorico della logoterapia e analisi esistenziale di Frankl, testimonia che occorre lavorare non solo con gli adolescenti, ma con gli adulti. Se essi, infatti, riprendono a credere e a sperare nella vita e nel futuro, i figli potranno sognare e impegnarsi per la realizzazione dei propri sogni”: è quanto afferma Alessandro Iannini, psicologo ed educatore del Centro di consulenza psicopedagogica SOS Ascolto Giovani al Borgo Ragazzi Don Bosco. Oggi molti giovani faticano a sviluppare un progetto di vita, vivono schiacciati sul presente, passando da un’esperienza frammentaria all’altra, senza riuscire a costruire un senso comune per la loro esistenza. In più, nella società moderna i giovani sono sempre di più oggetto e soggetto di un eccesso di consumo, e destinatari di una quantità di messaggi davvero preoccupante. Un ulteriore fattore di rischio è il crescente uso ed abuso di sostanze che creano dipendenza (fumo, alcool, cocaina, ecc.), a fronte di politiche preventive e informative inadeguate o inesistenti.

Vanno inoltre ricordate le difficoltà che molti ragazzi incontrano lungo il percorso scolastico: sono numerosi infatti i ragazzi che abbandonano la scuola precocemente, e molti di più coloro che, soprattutto nei primi anni delle scuole secondarie, vengono bocciati anche più di una volta, rischiando una precoce esclusione sociale. Infine, va ricordata, come evidenziato da ricerche e studi, la fragilità della famiglia e, accanto ad essa, la frammentazione della comunità locale. Sembrano infatti rarefatte se non scomparse le relazioni "di buon vicinato", di mutuo aiuto, grazie alle quali i problemi del singolo venivano condivisi dalla comunità e questo contribuiva, se non a risolverli, quanto meno a renderli meno drammatici.

Uno degli aspetti più drammatici che caratterizza il mondo giovanile è la carenza di un significato da dare alla propria vita . La mancanza di direzione produce mancanza di senso, un senso di vuoto difficilmente comunicabile a parole che viene percepito come disagio, malessere. Il “disagio esistenziale” di cui parla Frankl, che esprime la sensazione di disorientamento che stanno vivendo. Alcuni sembrano girare a vuoto per mesi e anni: fanno tante cose senza mai prendere posizione e decidersi su niente.

E il mondo degli adulti (genitori, insegnanti ed educatori) è anch’esso disorientato. Fa fatica a reggere il passo con i mutamenti repentini delle nuove tecnologie, cambia il modo di comunicare tra gli esseri umani e tra le generazioni. Inoltre gli adulti fanno fatica a prendere posizione rispetto ad aspetti cruciali dell’esistenza quali la famiglia, la vita umana, le diversità. Le crisi adolescenziali tipiche dell’età evolutiva, nella nostra società attuale, sono sempre più profonde e numerose e, quel che peggio, più difficilmente superabili per l’aumentata fragilità dei giovani e per la carente comunicazione con i genitori e/o con delle figure rappresentative.

Purtroppo i giovani cercano di affrontare il percorso verso l’individuazione e la ricerca della propria identità ma si scontrano con adulti impreparati, che non hanno alcuna voglia di confrontarsi, alle prese con problemi personali e, spesso, ripiegati su se stessi. I giovani sembra non abbiano più fiducia nell’altro. E tale sfiducia ha dei risvolti molto gravi e autolesivi come: la violenza individuale o di gruppo, uso di sostanze stupefacenti, alcol, gare spericolate talvolta mortali e altri atteggiamenti che violano le più elementari norme di comportamento, peraltro puniti dalla legge.

Malauguratamente il disagio giovanile ha, nei casi estremi il peggiore degli esiti e cioè quello di spingere i giovani a togliersi la vita. Infatti secondo le statistiche dopo la Lombardia, la Sicilia è la regione italiana con il più alto numero di tentati suicidi giovanili, oltre 30 mila casi tra il 2004 e il 2005 che riguardano soggetti tra gli 11 e i 24 anni.

In tali casi, è importante perciò saper individuare i segnali di disagio del ragazzo e comprendere se le sue intenzioni suicide sono vere o soltanto metaforiche. La crisi personale si scontra con quella della cultura e del mondo degli adulti, e ognuno di loro si trova nell’impossibilità a vivere la propria adolescenza, dal momento che la società non è più in grado di offrire il contesto protettivo e strutturante che questa crisi esige.

La ricerca estrema dell’attenzione è un altro elemento significativo. Il figlio infatti gioca la sua ultima carta per farsi comprendere, per lanciare un messaggio al genitore perché lo raccolga e perché così cambi qualcosa nella relazione. E’ questo il nocciolo della questione: l’aspetto centrale che c’è in ogni tentativo di suicidio, quando questo rimane tale e non va oltre il punto di non ritorno. La psichiatria contemporanea si sforza di far capire ai genitori non tanto perché il ragazzo abbia tentato il suicidio quanto chi era il destinatario di quel tipo di messaggio. Quindi la prevenzione più efficace per questi eventi drammatici nell’ambito familiare è quella di migliorare il legame mediante l’offerta di relazione da parte dei genitori nei confronti dei figli. Un’offerta di passare il tempo insieme, di condivisione, di stringersi, di abbracciarsi, di piangere insieme senza fare troppe domande.

La malattia dell’adolescente aspirante suicida, sta nella mancanza di speranza e nell’essere diventato incapace di progettare il futuro. Il compito di chi sta accanto al potenziale suicida è invece di dare fiducia, aiutandolo a fargli intravedere un futuro. È importante mettersi accanto al ragazzo e ascoltarlo. Molti adolescenti vorrebbero parlare di ciò che li turba ed è per loro una vera consolazione e gratificazione interiore poter esprimere la propria sofferenza quando sanno di essere ascoltati, capiti ed essere presi sul serio. L’ascolto e poi la relazione è la medicina risolutiva del malessere giovanile. A tal proposito è importante sottolineare e ribadire questo concetto : i giovani esprimono in modo forte il bisogno primario di essere ascoltati, di avere interlocutori consapevoli che si aiutino reciprocamente ad impegnarsi e spendersi senza riserve. La relazione è qualcosa di vivo, di appassionante, che deve coinvolgere le emozioni e superare gli strati superficiali di indifferenza con cui l’educazione, le convenzioni sociali, l’individualismo solitamente avvolgono i rapporti tra persone.

La cosa peggiore che possono fare gli adulti è invece quella di minimizzare la sofferenza e di dire frasi generiche del tipo “passerà”. Non a caso Paolo Crepet, il famoso psicoterapeuta scrittore, ha intitolato un suo libro “Non siamo capaci di ascoltarli”. E per questo che bisogna avere gli strumenti per capire i segnali di disagio. Per esempio, le alterazioni del comportamento, quali l’isolamento, l’apatia, l’agitazione. Il malessere psichico espresso con l’irritabilità, l’ansia, gli attacchi di panico, la perdita degli interessi, i sentimenti di colpa e soprattutto la scarsa autostima.

In Nuova Zelanda è stato sperimentato con successo un nuovo videogioco di carattere psico-pedagogico che, nei casi non gravi, potrebbe essere utilizzato anche qui in Europa e in Italia. Rappresenta uno degli esempi positivi di un uso serio della tecnologia. Tutto ciò è avvenuto all’Università di Auckland in Nuova Zelanda, nel contesto del quale un gruppo di studiosi ha elaborato un videogioco per pc con finalità terapeutiche, rivolto a ragazzi che soffrono di depressione. Il gioco si chiama Sparx e i dettagli si trovano sul sito sparx.org.nz. È un gioco fantasy, in 3D, consistente in una serie di sfide-imprese che bisogna superare per imparare a controllare le proprie emozioni, impersonate dai nemici Gnat (che sta per Gloomy Negative Automatic Thoughts, cioè Pensieri impulsivi negativi e tristi). Sono sette livelli di gioco da superare in alcune settimane: “trovare la speranza”, “essere attivi”, “dominare le emozioni” e così via…

Sono presenti 2 commenti

Anonimo ha detto...

che colpa abbiamo noi genitori che dobbiamo lottare ogni giorno per la sopravvivenza, e' vero i figli bisogna capirli comprenderli ascoltarli ma lei pensa che cio possa bastare io me lo auguroper il mondo intero ma il periodo storico che stiamo attraversando non e' a nostro favore mi dispiace pensarlo ma e la cruda realta.

Anonimo ha detto...

INFATTI I GENITORI NON HANNO COLPA. DEVONO ESSERE SOSTENUTI ANCH'ESSI COME AFFERMO NELL'ARTICOLO. L'AUTORE

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