E’ prevista per oggi ad Abidjan una riunione di emergenza dei ministri degli Esteri e della Difesa della Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao), dopo due giorni di incontri tra capi di stato maggiore degli eserciti dei paesi della regione.
Misna - In agenda c’è la stesura del progetto di dispiegamento di una forza internazionale nel Nord del Mali, da cinque mesi sotto il controllo di gruppi armati islamici e tuareg. Due settimane fa il presidente di transizione del Mali, Dioncounda Traoré, ha formalmente chiesto alla Cedeao un sostegno per aiutare Bamako a riconquistare le regioni settentrionali e recuperare l’integrità territoriale del paese. In un’altra lettera indirizzata al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha sollecitato “sostegno e accompagnamento per far fronte alla peggior crisi della storia, per rafforzare le proprie capacità in materia di assistenza umanitaria, di negoziato e di riforma delle forze di sicurezza”.
Dopo mesi di stallo politico, la doppia richiesta fatta da Traoré ha dato luogo a incomprensioni e dubbi sulla natura esatta di un intervento militare esterno in Mali: Bamako non contempla il dispiegamento di truppe sul proprio territorio ma si aspetta soltanto un sostegno logistico e aereo. La precisazione è venuta fuori dopo un accesso dibattito interno, guidato da chi, a cominciare dall’ex giunta militare di Amadou Haya Sanogo, non vuole soldati stranieri in patria ed è convinto che l’esercito maliano da solo può farcela. Eppure da mesi la Cedeao si era detta pronta a inviare 3300 soldati forniti dagli eserciti nazionali di alcuni paesi membri dell’organismo regionale. La divergenza di opinioni tra i responsabili maliani si ripresenta all’interno stesso della Cedeao, tra paesi pro intervento e quelli, come Senegal e Ghana, che non intendono fornire truppe.
“Il successo di un intervento in Mali dipenderà dalla chiarezza degli accordi presi, dalla coerenza politica e militare tra la Cedeao e le autorità di Bamako” ha dichiarato Kadré Désiré Ouédraogo, presidente in carica della Commissione Cedeao alla vigilia della riunione. Prima di votare una risoluzione di via libera all’intervento militare, anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha precisato aspettarsi “una richiesta chiara e precisa” dalla Cedeao. L’occasione buona per sbloccare la crisi del Nord potrebbe arrivare il 26 settembre, quando a New York si terrà una conferenza internazionale sul Sahel presieduta da Ki-moon.
Intanto dal Nord del Mali è giunta la notizia della distruzione da parte di ribelli islamici di un’importante mausoleo, quello di Cheik El Kebir, a 330 chilometri a nord di Gao. La responsabilità del fatto viene attribuita al Movimento per l’unità e il Jihad in Africa occidentale (Mujao). Il mausoleo in questione rappresenta un punto di riferimento per la comunità dei Kounta, considerata quella dei marabutti arabi presenti anche in Algeria, Mauritani e Niger. A luglio era stato il gruppo armato di Ansar Al Din ad aver distrutto alcuni mausolei di Timbuctù, città patrimonio mondiale dell’umanità.
Misna - In agenda c’è la stesura del progetto di dispiegamento di una forza internazionale nel Nord del Mali, da cinque mesi sotto il controllo di gruppi armati islamici e tuareg. Due settimane fa il presidente di transizione del Mali, Dioncounda Traoré, ha formalmente chiesto alla Cedeao un sostegno per aiutare Bamako a riconquistare le regioni settentrionali e recuperare l’integrità territoriale del paese. In un’altra lettera indirizzata al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha sollecitato “sostegno e accompagnamento per far fronte alla peggior crisi della storia, per rafforzare le proprie capacità in materia di assistenza umanitaria, di negoziato e di riforma delle forze di sicurezza”.
Dopo mesi di stallo politico, la doppia richiesta fatta da Traoré ha dato luogo a incomprensioni e dubbi sulla natura esatta di un intervento militare esterno in Mali: Bamako non contempla il dispiegamento di truppe sul proprio territorio ma si aspetta soltanto un sostegno logistico e aereo. La precisazione è venuta fuori dopo un accesso dibattito interno, guidato da chi, a cominciare dall’ex giunta militare di Amadou Haya Sanogo, non vuole soldati stranieri in patria ed è convinto che l’esercito maliano da solo può farcela. Eppure da mesi la Cedeao si era detta pronta a inviare 3300 soldati forniti dagli eserciti nazionali di alcuni paesi membri dell’organismo regionale. La divergenza di opinioni tra i responsabili maliani si ripresenta all’interno stesso della Cedeao, tra paesi pro intervento e quelli, come Senegal e Ghana, che non intendono fornire truppe.
“Il successo di un intervento in Mali dipenderà dalla chiarezza degli accordi presi, dalla coerenza politica e militare tra la Cedeao e le autorità di Bamako” ha dichiarato Kadré Désiré Ouédraogo, presidente in carica della Commissione Cedeao alla vigilia della riunione. Prima di votare una risoluzione di via libera all’intervento militare, anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha precisato aspettarsi “una richiesta chiara e precisa” dalla Cedeao. L’occasione buona per sbloccare la crisi del Nord potrebbe arrivare il 26 settembre, quando a New York si terrà una conferenza internazionale sul Sahel presieduta da Ki-moon.
Intanto dal Nord del Mali è giunta la notizia della distruzione da parte di ribelli islamici di un’importante mausoleo, quello di Cheik El Kebir, a 330 chilometri a nord di Gao. La responsabilità del fatto viene attribuita al Movimento per l’unità e il Jihad in Africa occidentale (Mujao). Il mausoleo in questione rappresenta un punto di riferimento per la comunità dei Kounta, considerata quella dei marabutti arabi presenti anche in Algeria, Mauritani e Niger. A luglio era stato il gruppo armato di Ansar Al Din ad aver distrutto alcuni mausolei di Timbuctù, città patrimonio mondiale dell’umanità.
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