Eyahab Abu Nada lavorava 13 ore al giorno come lavapiatti per 7 dollari. Per suo padre è "un martire della disoccupazione".
Secondo alcuni vicini, il giovane ha avuto una discussione con il padre prima del gesto fatale. Il padre Sufyan (nella foto, mentre tiene un manifesto con l'immagine del figlio) ha dichiarato invece che suo figlio è "un martire della disoccupazione".
"Non avevamo alcuna idea - ha dichiarato Sufyan - che lui sarebbe andato a darsi fuoco. Ha chiamato sul cellulare una nostra amica e le ha detto di dire addio a sua madre. Giorni prima, stava vendendo buste di patatine sulla strada e la polizia municipale gli stava dietro". In precedenza, egli ha aggiunto, Eyab aveva lavorato fino a 13 ore al giorno lavando piatti per 30 shekel (circa 7 dollari Usa).
La famiglia di Eyab, otto membri, vive in drammatiche condizioni economiche e il giovane aveva lasciato la scuola per aiutare il padre a sostenere la famiglia.
Secondo le Nazioni Unite, nella Striscia di Gaza la disoccupazione arriva fino al 30%. Almeno l'80% delle famiglie non riesce a sostenersi e riceve aiuti in cibo dalle organizzazioni internazionali.
Le condizioni economiche dei palestinesi in Gaza sono peggiorate dopo il blocco stabilito da Israele sulla Striscia, che rende difficile lavorare fuori del territorio controllato da Hamas.
In passato vi sono stati altri palestinesi che si sono dati fuoco, ma quella di Eyab è la prima morte di questo tipo. Altri palestinesi sono sopravvissuti e alcuni sono ancora in cura per le ustioni.
Questa auto-immolazione ricorda da vicino quella di Mohammed Bouazizi, il tunisino 26enne universitario e disoccupato, venditore di frutta e verdura angariato dalla polizia, la cui morte ha innescato la Primavera araba, prima in Tunisia e poi nel resto del Medio oriente.
Nei mesi scorsi, anche due israeliani veterani sono morti dopo essersi dati fuoco, in protesta per i tagli alle loro pensioni che non permettevano loro di vivere.
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