martedì, settembre 04, 2012
Viaggio fra gli slum di Nairobi dove nelle più grandi baraccopoli di Korogocho e di Dandora si vive fra criminalità, miseria, malattie e corruzione.

di Paola Bisconti

Il problema della discarica di Korogocho, una delle più grandi baraccopoli di Nairobi sorta nell’area di Dandora, riguarda tutti. Persino noi italiani, e non solo perché è un dovere di ciascun cittadino interessarsi alle questioni internazionali, ma perché i legami fra chi gestisce i rifiuti del Kenya e alcune nostre aziende lasciano una scia maleodorante di affari sporchi. L’allarme è stato lanciato proprio da chi in prima persona ha avuto modo di constatare cosa accade operando fra la gente che vive negli slum sorti nella periferia della capitale keniota: i missionari comboniani si sono schierati in prima fila contro il traffico illecito dei rifiuti, hanno sostenuto la popolazione di Dandora che chiedeva l’eliminazione di cumuli di immondizia e sono riusciti a bloccare nel 2004 la distruzione delle baraccopoli prevista per costruire una tangenziale e rinnovare la linea ferroviaria.

Quest’ultima battaglia ha permesso di accendere i riflettori sul problema che coinvolgeva più di 300.000 persone, minacciate di essere sgomberate dalle loro umili abitazioni. I cittadini di Dandora chiedevano attraverso le rappresentanze politiche di spostare la discarica dove venivano scaricati quintali di rifiuti provenienti dalla grande città, ma le autorità politiche hanno volutamente confuso la richiesta tentando di smantellare tutta la zona residenziale proponendo poi un nuovo progetto che prevedeva l’ampliamento di alcune strade e la costruzione di altre. È nato così un movimento di protesta capeggiato da padre Alex Zanotelli, padre Daniele Moschetti, padre Paolo La Torre, padre John Webootsa, fratello James Iriga Gitonga e anche l’ex sindaco di Dandora, Melitus Mugabe Were, nonché deputato del movimento democratico arancione, assassinato il 29 gennaio del 2008 in seguito alla vittoria presidenziale di Kibaki su Odinga. Il suo impegno nella lotta contro la corruzione ha infastidito i responsabili dei traffici illeciti, che ricevono sostegno da parte dei mungiki, un’organizzazione criminale simile ad una setta politico-religiosa che semina crimine e povertà fra le baraccopoli di Nairobi, dove i poveri vivono con il timore di essere vittime del loro machete, detto “Panga”.

Were, insieme ai missionari comboniani, aveva chiesto la massima trasparenza negli affari di chi si sarebbe occupato dello spostamento della discarica di Dandora. In base agli accordi siglati tra Pecoraro Scanio, l’ex ministro dell’ambiente italiano, e quello keniano, l’Italia aveva firmato una convenzione per la bonifica di Dandora impiegando i contributi previsti dall’accordo di Kyoto. Tuttavia sono molti gli aspetti che hanno fatto suscitare una serie di perplessità. Il primo, e il più grave, vedeva la gestione affidata alla ditta Eurafrica management and consulting, una società italiana con sede legale a Napoli, una sede operativa a Roma e una filiale a Nairobi. L’azienda appaltatrice, senza aver sostenuto una gara regolare, ambiva a ricevere 721.000 euro per risolvere una questione tecnica della quale non aveva neanche le competenze, tanto da dover ricorrere all’aiuto della Atkins e della Howard Humphreys, società di ingegneria.

Una volta smantellata la discarica era previsto anche lo sgombero delle baraccopoli per la creazione della tangenziale, ma fortunatamente l’operazione è stata bloccata e affidata all’Apat, agenzia del ministero, e lo sfratto è stato evitato grazie alla campagna WNairobiW. Il nome porta con sé lo slogan di un movimento nato con la speranza di far valere i diritti di più di un milione di persone che tuttora sono costrette a respirare i fumi tossici di una gigantesca discarica, frutto di discordia e portatrice di malattie. L’Unep, l’organismo Onu per l’ambiente, denuncia che un numero altissimo di bambini risulta essere imbottito di metalli pesanti.

I progetti, gli accordi, le promesse sono state vane e hanno aumentato la disperazione fra gli abitanti che chiedono giustizia, anche attraverso i religiosi che da anni continuano a sostenere le loro battaglie facendole proprie. I dibattiti, i messaggi, gli articoli e i libri scritti, infatti, sono un efficace mezzo di informazione per sensibilizzare tutti ad un problema che riguarda ognuno di noi. “Il vangelo della discarica” di padre Daniele Moschetti è una testimonianza importante che raccoglie le lettere scritte agli amici durante i 7 anni di permanenza a Korogocho, in cui descrive le terribili condizioni di vita degli abitanti delle baraccopoli.

Un altro libro molto interessante, recentemente ristampato, è “Ecosofia: per R-esistere alla crisi antropologica” scritto da padre Paolo La Torre insieme a Domenico De Nigris. Il volume pubblicato dalle edizioni Etet è composto da 5 capitoli, preceduti dall’introduzione di padre Alex Zanotelli e culminanti nell’invito ai lettori dei due autori di inviare una mail che descrive i propri impegni a concretizzare uno stile di vita dove trionfa il rispetto della natura. Entrambi gli autori sono nati ad Andria nel 1967. Padre Paolo dopo gli studi filosofici, antropologici e di teologia ha lavorato nella pastorale giovanile di Lecce e di Bari per poi raggiungere Nairobi e continuare il lavoro che aveva iniziato padre Alex a Korogocho. Domenico De Nigris, dopo aver conseguito la laurea in scienze politiche, ha vissuto esperienze di volontariato in ambito sociale ed è stato responsabile del servizio politiche comunitarie della provincia di Barletta, Andria e Trani (in quest’ultima è stato anche assessore allo sviluppo economico). Entrambi raccontano attraverso la propria esperienza la possibilità di compiere un viaggio dentro se stessi per offrire poi il proprio sostegno agli altri. Occorre intraprendere l’avventura partendo dal “porto interiore” per trovare poi il coraggio di superare qualsiasi tipo di avversità. Solo in questo modo si può auspicare un nuovo umanesimo basato su una nuova saggezza, l’ecosofia, che ci consente di abitare il mondo inteso come casa comune di tutti. I riferimenti biblici, letterari e le citazioni di celebri personaggi come don Milani (che promuoveva la volontà di fare dell’educazione una forma di promozione del bene comune) sono riflessioni che ci inducono a guardare ad una nuova urbanizzazione, che considera la città come crocevia di popoli e culture e non come il divario fra ricchezza e povertà. Nairobi in questo senso rappresenta il punto di partenza per globalizzare la solidarietà e concretizzare il sogno di Daniele Comboni: “Salvare l’Africa con l’Africa”.

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