Drammatico il bilancio delle proteste di ieri, venerdì di preghiera islamico. Contro le vignette pubblicate in Francia e il film americano blasfemo su Maometto, sono scese in piazza centinaia di persone in molti Paesi. Il Pakistan il fronte più caldo con 26 vittime e 200 feriti. E ieri sera anche in Libia si sono registrati 4 morti a Bengasi nel corso di una manifestazione per rendere omaggio all’ambasciatore americano ucciso Stevens.
Radio Vaticana - A nulla è servita la decisione del governo pachistano di convocare per ieri la “Giornata di devozione a Maometto”: una mossa per evitare tensioni. A Islamabad, Peshawar e a Karachi - qui sono stati 12 i morti tra di loro molti poliziotti - le proteste sono degenerate, 5 i cinema messi a fuoco. Inefficace anche il blocco della telefonia mobile per impedire attacchi organizzati e la trasmissione in tv delle parole di condanna di Obama del film su Maometto. Disordini anche in Bangladesh, Malaysia e in Indonesia. Slogan anti americani si sono levati a Kabul, in Afghanistan, mentre in Tunisia, Egitto, Israele i raduni sono stati prevalentemente pacifici. In Germania, dove si attende la pubblicazione di nuove vignette su Maometto, due mosche sono state imbrattate. In Francia, gli appelli degli imam alla calma sono stati ascoltati. Ieri una dura presa di posizione è venuta dall’Alto Commissariato Onu per i diritti umani che ha parlato di “vignette irresponsabili” dopo le violenze scatenate dal film americano. Proprio per ricordare l’uccisione dell’ambasciatore statunitense a Bengasi, in Libia lo scorso 11 settembre, ieri sera 30mila persone sono scese in strada con il sostegno delle autorità. L’iniziativa, convocata anche per sciogliere i gruppi armati che si sono rifiutati di consegnare le armi, è degenerata nell’attacco alla caserma dei salafiti di Ansar al-Sharia, poi cacciati. Da qui altri assalti agli edifici di altri gruppi islamici fedeli al governo. Due ore di battaglia conclusasi con 4 morti e 40 feriti.
Per una riflessione su quanto sta accadendo per le vignette e il film ritenuto blasfemo, ascoltiamo al microfono di Benedetta Capelli la riflessione di padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:
R. – Il problema è che nel contesto arabo musulmano noi stiamo vivendo una frustrazione grandissima, perché ci sentiamo molto in ritardo riguardo al mondo mentre una volta eravamo, invece, tra i più avanzati. Questo ci rende vulnerabili a qualunque cosa. Basta che qualcuna faccia un’allusione e ci sentiamo aggrediti. Da noi, c’è gente che approfitta dell’ignoranza e delle emozioni della gente e le usa per dire: “Andiamo a rispondere a questo blasfemo!”.
D. – Secondo lei, non ci dovrebbe essere uno scatto di responsabilità da parte dell’Occidente?
R. – Nessuno Stato è in questione qui. Sono soltanto individui: una persona ha fatto un film, ma che c’entra l’America in tutto questo? Non dobbiamo limitare la libertà, dobbiamo avere una maggiore etica e dire: va bene, tu hai il diritto di farlo, ma questa è una cosa buona? Su questo punto, sì, l’Occidente deve fare un passo. Anche da parte nostra, in Oriente e nel mondo musulmano, dobbiamo fare dei passi: dobbiamo passare – direi come nella linea del Papa – dall’emozione alla ragione e la ragione – come lui la definisce - include anche l’etica. Per uscire da questa situazione, ciascuno di noi ha un passo da fare. Non si può impedire la libertà, si può solo correggerla attraverso l’etica e la spiritualità.
D. – Lei ha citato Papa Benedetto XVI che è reduce da un viaggio in Libano veramente pieno di significato. Il Libano diventa, a questo punto, modello per Oriente e per Occidente…
R. – Non è il modello, ma è un modello utile soprattutto perché essendo un Paese arabo, può aiutare tutti i Paesi arabi. E anche perché essendo un Paese dove i cristiani rappresentano un 40%, può aiutare anche l’Occidente di cultura cristiana a rivedere certe cose. E questa era l’idea del Santo Padre nei suoi discorsi, così come nell’Esortazione Apostolica. Penso ai due paragrafi essenziali dell’Esortazione, il 29 e il 30, dove parla della laicità sana e del fondamentalismo: proprio i problemi nei quali viviamo. Il Papa dice che ci vuole un equilibrio tra i due, senza escludere nessuno dei due. Il Libano è più aperto a questa doppia dimensione: la religione non è esclusa, ma la politica nel settore politico ha l’ultima parola. Questo può servire da modello in primo luogo per il mondo arabo musulmano, ma può anche essere utile per l’Occidente.
Radio Vaticana - A nulla è servita la decisione del governo pachistano di convocare per ieri la “Giornata di devozione a Maometto”: una mossa per evitare tensioni. A Islamabad, Peshawar e a Karachi - qui sono stati 12 i morti tra di loro molti poliziotti - le proteste sono degenerate, 5 i cinema messi a fuoco. Inefficace anche il blocco della telefonia mobile per impedire attacchi organizzati e la trasmissione in tv delle parole di condanna di Obama del film su Maometto. Disordini anche in Bangladesh, Malaysia e in Indonesia. Slogan anti americani si sono levati a Kabul, in Afghanistan, mentre in Tunisia, Egitto, Israele i raduni sono stati prevalentemente pacifici. In Germania, dove si attende la pubblicazione di nuove vignette su Maometto, due mosche sono state imbrattate. In Francia, gli appelli degli imam alla calma sono stati ascoltati. Ieri una dura presa di posizione è venuta dall’Alto Commissariato Onu per i diritti umani che ha parlato di “vignette irresponsabili” dopo le violenze scatenate dal film americano. Proprio per ricordare l’uccisione dell’ambasciatore statunitense a Bengasi, in Libia lo scorso 11 settembre, ieri sera 30mila persone sono scese in strada con il sostegno delle autorità. L’iniziativa, convocata anche per sciogliere i gruppi armati che si sono rifiutati di consegnare le armi, è degenerata nell’attacco alla caserma dei salafiti di Ansar al-Sharia, poi cacciati. Da qui altri assalti agli edifici di altri gruppi islamici fedeli al governo. Due ore di battaglia conclusasi con 4 morti e 40 feriti.
Per una riflessione su quanto sta accadendo per le vignette e il film ritenuto blasfemo, ascoltiamo al microfono di Benedetta Capelli la riflessione di padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:
R. – Il problema è che nel contesto arabo musulmano noi stiamo vivendo una frustrazione grandissima, perché ci sentiamo molto in ritardo riguardo al mondo mentre una volta eravamo, invece, tra i più avanzati. Questo ci rende vulnerabili a qualunque cosa. Basta che qualcuna faccia un’allusione e ci sentiamo aggrediti. Da noi, c’è gente che approfitta dell’ignoranza e delle emozioni della gente e le usa per dire: “Andiamo a rispondere a questo blasfemo!”.
D. – Secondo lei, non ci dovrebbe essere uno scatto di responsabilità da parte dell’Occidente?
R. – Nessuno Stato è in questione qui. Sono soltanto individui: una persona ha fatto un film, ma che c’entra l’America in tutto questo? Non dobbiamo limitare la libertà, dobbiamo avere una maggiore etica e dire: va bene, tu hai il diritto di farlo, ma questa è una cosa buona? Su questo punto, sì, l’Occidente deve fare un passo. Anche da parte nostra, in Oriente e nel mondo musulmano, dobbiamo fare dei passi: dobbiamo passare – direi come nella linea del Papa – dall’emozione alla ragione e la ragione – come lui la definisce - include anche l’etica. Per uscire da questa situazione, ciascuno di noi ha un passo da fare. Non si può impedire la libertà, si può solo correggerla attraverso l’etica e la spiritualità.
D. – Lei ha citato Papa Benedetto XVI che è reduce da un viaggio in Libano veramente pieno di significato. Il Libano diventa, a questo punto, modello per Oriente e per Occidente…
R. – Non è il modello, ma è un modello utile soprattutto perché essendo un Paese arabo, può aiutare tutti i Paesi arabi. E anche perché essendo un Paese dove i cristiani rappresentano un 40%, può aiutare anche l’Occidente di cultura cristiana a rivedere certe cose. E questa era l’idea del Santo Padre nei suoi discorsi, così come nell’Esortazione Apostolica. Penso ai due paragrafi essenziali dell’Esortazione, il 29 e il 30, dove parla della laicità sana e del fondamentalismo: proprio i problemi nei quali viviamo. Il Papa dice che ci vuole un equilibrio tra i due, senza escludere nessuno dei due. Il Libano è più aperto a questa doppia dimensione: la religione non è esclusa, ma la politica nel settore politico ha l’ultima parola. Questo può servire da modello in primo luogo per il mondo arabo musulmano, ma può anche essere utile per l’Occidente.
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