mercoledì, settembre 05, 2012
“Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra” è il titolo emblematico del Messaggio per la VII Giornata per la salvaguardia del creato promossa dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, giustizia e pace e dalla Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il dialogo.

di Monica Cardarelli

Da sette anni ormai la data del 1 settembre ci rimanda all’appuntamento con la Giornata per la salvaguardia del creato e il relativo messaggio che viene promulgato in questo giorno. Le parole dei vescovi nel messaggio di quest’anno sono state forti e decise e hanno tenuto conto di tutti gli eventi naturali accaduti in questo anno, dal terremoto in Pianura Padana alle alluvioni a Genova, nelle Cinque Terre, in Lunigiana e nel Messinese. Non sono state cioè dimenticate le numerose ferite e sofferenze “di cui soffre la nostra terra, che possono essere guarite solo da coscienze animate dalla giustizia e da mani solidali”. Una sofferenza quindi condivisa tra l’umanità e l’intero creato, affidato all’uomo come un dono di cui essere responsabile.

Responsabilità e riconciliazione vanno però di pari passo. Infatti, “proprio perché gratuitamente donato, è necessario anche riconciliarsi quando ci accorgiamo di averlo violato. La riconciliazione parte da un cuore che riconosce innanzitutto le proprie ferite e vuole sanarle, con la grazia del Signore, nella conversione e nel gesto gratuito della confessione sacramentale. Quindi si fa anche riconciliazione con il creato, perché il mondo in cui viviamo porta segni strazianti di peccato e di mali causati anche dalle nostre mani, chiamate ora a ricostruire mediante gesti efficaci un’alleanza troppo volte infranta”. Gesti concreti quindi ed efficaci, scelte responsabili ma decise che prendono forma dalla riconciliazione e non dalla vendetta, nella prospettiva “dell’alleanza tra Dio e la sua creazione, in una reciprocità da riconoscere davanti a luoghi dove la bellezza esteriore si è fatta segno di una bellezza interiore, ma anche davanti ai tristi scempi dell’ambiente naturale, provocati dal peccato degli uomini, evidente soprattutto nelle azioni della criminalità mafiosa”.

Riprendendo il n. 48 dell’enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI, si sottolinea come debba esserci conoscenza e rispetto per quella che è la “grammatica” del creato, che indica finalità e criteri di utilizzo dei beni della creazione. Si tratta di ricreare un’alleanza tra l’uomo e il creato che tenga conto della “denuncia di ciò che viola per avidità la sacralità della vita e il dono della terra”. A questo proposito nel messaggio viene ricordata la questione dell’Eternit a Casal Monferrato, sottolineando i gravi impatti sulla salute che purtroppo continueranno a manifestarsi per anni. “L’attenzione vigilante per tale drammatica situazione e per i suoi sviluppi deve accompagnarsi alla chiara percezione che l’amianto è solo uno dei fattori inquinanti presenti sul territorio. Vi sono anzi aree nelle quali purtroppo la gestione dei rifiuti e delle sostanze nocive sembra avvenire nel più totale spregio della legalità, avvelenando la terra, l’aria e le falde acquifere e ponendo una grave ipoteca sulla vita di chi oggi vi abita e delle future generazioni”. Parole forti che diventano ancora più pregnanti quando invitano “con forza” a riflettere sul legame con la terra e in particolare sulla relazione tra comunità umana e il territorio in cui è inserita e radicata: “Il territorio è sempre una realtà naturale, con una dimensione biologica ed ecologica, ma è anche inscindibilmente cultura, bellezza, radicamento comunitario, incontro di volti: una densa realtà antropologica, in cui prende corpo anche il vissuto di fede”.

Una prospettiva senza dubbio cui dobbiamo tendere (e urgentemente) è quindi questa relazione tra l’uomo e il creato come sinonimo di legame tra creature. Un’alleanza che può realizzarsi solo se accompagnata dalla coscienza di una “universale fraternità”, sentendosi fratelli e figli dello stesso Padre.

Ultimo richiamo del Messaggio dei Vescovi (ma non certo di minor importanza) riguarda l’esempio di san Bernardino da Siena, che si è adoperato per rafforzare i Monti di pietà e i Monti frumentari, “segni di una rinascita che dà al denaro il giusto valore, diventando anche precursore di quella ‘economia di fiducia’ che sola può guarire le ferite della nostra crisi, causata da avidità e insipienza”. Quest’ultima considerazione suona come uno stimolo e al tempo stesso una responsabilità per riscoprire e rivalutare l’economia francescana, la centralità della persona nella comunità e il giusto legame con le creature e i beni della terra che il Signore ha donato a tutti gli uomini.

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