Raddoppia il costo dei biglietti degli autobus Atp, tra le proteste dei pendolari, e resta precaria la condizione di migliaia di lavoratori
CittàNuova - L’autunno di Genova sarà un autunno del lavoro, dell’occupazione in tempo di crisi, l’autunno delle restrizioni, dei tagli alla spesa pubblica. Della cassa integrazione e dei licenziamenti. Quanto si prospetta nei prossimi mesi, dal punto di vista dell’economia e del mercato del lavoro, in questa regione è davvero ben poco rassicurante. Si comincia da un primo dato certo: da metà settembre, precisamente dal 17, viaggiare in pullman costerà il doppio. Il tragitto superiore ai 20 chilometri passerà da 1,50 a 3 euro. Batosta vera e propria per studenti e lavoratori che utilizzano questo mezzo di trasporto. L’aumento delle tariffe – fanno sapere dall’azienda – rientra nel piano di misure correttive che Atp ha intrapreso per sanare un buco di bilancio da tre milioni e mezzo di euro. «Abbiamo buone speranze per la sopravvivenza dell’azienda nel 2012 ma per il prossimo anno non siamo in grado di sapere quali e quante risorse avremmo a disposizione», conclude il presidente. Intanto il sindaco Marco Doria fa sapere che non ci saranno aumenti per i biglietti degli autobus Atm.
Nei prossimi giorni, intanto, si terrà a Parma l’incontro tra sindacati e direzione Lactalis, la società che controlla la Centrale del latte e che ha annunciato l’intenzione di chiudere il sito produttivo genovese di Fegino, dove lavorano 65 addetti. Per il sindaco del capoluogo ligure si prospettano due possibili soluzioni imprenditoriali, una che vedrebbe in campo la Centrale del latte di Alessandria e Asti, l’altra da Brescia, ma per ora mancano ancora i piani industriali. Intanto la Lactalis vuole andare avanti con la chiusura: restano poco più di due mesi di tempo per trovare una risposta.
Poi ci sono le due grandi industrie delle ex partecipazioni statali, Fincantieri e Finmeccanica. A Fincantieri attualmente lavorano solo un centinaio di addetti, gli altri 600 lavoratori del cantiere di Sestri sono in cassa integrazione, ma ne rientreranno progressivamente circa la metà, grazie ai lavori sui cassoni e alla partenza della commessa per la nuova chiatta. Resta il problema del ribaltamento a mare. «Dal luglio 2011, quando è stato firmato l’accordo di programma – spiega Manganaro, segretario Fiom – non sono mai arrivati i 70 milioni di euro necessari a far partire le gare per il ribaltamento e la situazione rischia di diventare sempre più preoccupante, se qualcosa non si sblocca a settembre dovremo tornare a farci sentire».
Per quanto riguarda Finmeccanica è silenzio totale. Resta in ballo il piano per la dismissione del civile e ci sono 5.500 lavoratori appesi a questa scelta, prima di tutti quelli di Ansaldo, che temono di essere ceduti alla Siemens. Altro settore a rischio è l’Ilva dove, scongiurata la chiusura in seguito alle decisioni dei giudici su Taranto, sono in scadenza i contratti di solidarietà, che impegnano oggi 960 lavoratori su oltre 1.700: molto probabilmente, visto la crisi del mercato, l’azienda chiederà la proroga.
Oltre a questi colossi sono ormai parecchie decine le aziende che continuano a ricorrere alla cassa integrazione, spesso in deroga, per cercare di superare una crisi che sembra non finire mai. Alla situazione di difficoltà generale, Genova assomma una serie di fattori specifici che rendono il quadro ancora più preoccupante.
Carlo Genovese
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.