13.500 scuole paritarie in Italia garantiscono, ogni anno, un risparmio allo Stato di 6 miliardi di euro
Radio Vaticana - La situazione economica non è facile tanto che ben 605 scuole nel settembre 2011 non hanno riaperto i battenti, riporta un articolo de “Il Messaggero di Sant’Antonio". A fotografare questa realtà è il rapporto “La scuola cattolica in cifre. Anno scolastico 2011-‘12”, curato dal Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana, che uscirà ad ottobre. Debora Donnini ha intervistato il direttore dello stesso Centro studi, Sergio Cicatelli:
R. – Noi stiamo monitorando la situazione da circa una quindicina d’anni e l’andamento sembra essere abbastanza chiaro: il sistema della scuola cattolica è fortemente sbilanciato sulla scuola dell’infanzia, che da sola rappresenta i due terzi dell’intero sistema della scuola cattolica; è fortemente sbilanciato sul Nord, dove troviamo circa il 60 per cento delle scuole cattoliche, mentre al Centro e al Sud la presenza è molto minore. C’è poi negli ultimi anni una crescita di forme di organizzazioni nuove, rispetto a quelle tradizionali degli Ordini, delle Congregazioni religiose. Stanno emergendo nuove forme di gestione, che nascono dall’iniziativa laicale. La grande trasformazione è proprio la presenza sempre maggiore di laici, non solo tra il corpo docente e non docente, ma anche all’interno degli organi di gestione.
D. – Da un’elaborazione dell'Agesc, Associazione genitori scuole cattoliche, emerge che, di fatto, la spesa pubblica per un allievo di scuola statale è di 6.635 euro, mentre per chi frequenta una scuola non statale lo Stato spende 661 euro all’anno. Quindi, c’è un grosso risparmio per lo Stato, per gli allievi che frequentano scuole paritarie, le quali percepiscono solo l’1% dei fondi statali per l’istruzione. Se c’è questo risparmio, perché a livello statale non s’incentivano le scuole paritarie?
R. – Sì, purtroppo la storia è lunga e affonda le sue radici nella famosa clausola costituzionale del “senza oneri” per lo Stato, una clausola sulla quale si è equivocato parecchio. Oggi come oggi ci si è resi conto che le scuole paritarie sono tutt’altro che un onere, anzi sono un investimento. Quindi, c’è una convenienza per lo Stato a sostenere le scuole paritarie perché, con dei costi minori, si offre esattamente lo stesso servizio.
D. – Secondo lei, perché appunto non incentivare queste scuole se, tra l’altro, la linea educativa da dare ai ragazzi è di fatto un diritto-dovere dei genitori?
R. – Certo, qui entra in gioco la libertà di scelta educativa delle famiglie, che è un principio riconosciuto anche dalla legislazione italiana: favorire le scuole cattoliche, oltre che qualunque altra scuola di tendenza, significa soddisfare una domanda più che legittima, un diritto naturale delle famiglie a scegliere la linea educativa per i propri figli. Non s’intende assolutamente pensare di smantellare il sistema di scuola statale, che è servito negli ultimi decenni a superare l’analfabetismo di massa della popolazione italiana, però si tratta anche di riconoscere l’efficace partecipazione di altri soggetti non statali a questo sistema plurale di educazione.
D. – C’è anche tutto l’ambito della formazione professionale, che è molto importante per introdurre le persone ad avere un mestiere, ad imparare un mestiere?
R. – Certamente, non dobbiamo dimenticare che l’impegno della scuola cattolica, parlando di scuola cattolica in maniera allargata, arriva anche e si sviluppa con il sistema della formazione professionale di ispirazione cristiana, che interessa almeno 80 mila giovani, che si rivolgono a questo settore e che, tra l’altro, con le ultime riforme, possono assolvere l’obbligo di istruzione anche all’interno della formazione professionale. E’ un sistema estremamente ampio, che con l’appendice della formazione professionale raggiunge sicuramente gli strati di popolazione meno abbienti.
Radio Vaticana - La situazione economica non è facile tanto che ben 605 scuole nel settembre 2011 non hanno riaperto i battenti, riporta un articolo de “Il Messaggero di Sant’Antonio". A fotografare questa realtà è il rapporto “La scuola cattolica in cifre. Anno scolastico 2011-‘12”, curato dal Centro studi per la scuola cattolica della Conferenza episcopale italiana, che uscirà ad ottobre. Debora Donnini ha intervistato il direttore dello stesso Centro studi, Sergio Cicatelli:
R. – Noi stiamo monitorando la situazione da circa una quindicina d’anni e l’andamento sembra essere abbastanza chiaro: il sistema della scuola cattolica è fortemente sbilanciato sulla scuola dell’infanzia, che da sola rappresenta i due terzi dell’intero sistema della scuola cattolica; è fortemente sbilanciato sul Nord, dove troviamo circa il 60 per cento delle scuole cattoliche, mentre al Centro e al Sud la presenza è molto minore. C’è poi negli ultimi anni una crescita di forme di organizzazioni nuove, rispetto a quelle tradizionali degli Ordini, delle Congregazioni religiose. Stanno emergendo nuove forme di gestione, che nascono dall’iniziativa laicale. La grande trasformazione è proprio la presenza sempre maggiore di laici, non solo tra il corpo docente e non docente, ma anche all’interno degli organi di gestione.
D. – Da un’elaborazione dell'Agesc, Associazione genitori scuole cattoliche, emerge che, di fatto, la spesa pubblica per un allievo di scuola statale è di 6.635 euro, mentre per chi frequenta una scuola non statale lo Stato spende 661 euro all’anno. Quindi, c’è un grosso risparmio per lo Stato, per gli allievi che frequentano scuole paritarie, le quali percepiscono solo l’1% dei fondi statali per l’istruzione. Se c’è questo risparmio, perché a livello statale non s’incentivano le scuole paritarie?
R. – Sì, purtroppo la storia è lunga e affonda le sue radici nella famosa clausola costituzionale del “senza oneri” per lo Stato, una clausola sulla quale si è equivocato parecchio. Oggi come oggi ci si è resi conto che le scuole paritarie sono tutt’altro che un onere, anzi sono un investimento. Quindi, c’è una convenienza per lo Stato a sostenere le scuole paritarie perché, con dei costi minori, si offre esattamente lo stesso servizio.
D. – Secondo lei, perché appunto non incentivare queste scuole se, tra l’altro, la linea educativa da dare ai ragazzi è di fatto un diritto-dovere dei genitori?
R. – Certo, qui entra in gioco la libertà di scelta educativa delle famiglie, che è un principio riconosciuto anche dalla legislazione italiana: favorire le scuole cattoliche, oltre che qualunque altra scuola di tendenza, significa soddisfare una domanda più che legittima, un diritto naturale delle famiglie a scegliere la linea educativa per i propri figli. Non s’intende assolutamente pensare di smantellare il sistema di scuola statale, che è servito negli ultimi decenni a superare l’analfabetismo di massa della popolazione italiana, però si tratta anche di riconoscere l’efficace partecipazione di altri soggetti non statali a questo sistema plurale di educazione.
D. – C’è anche tutto l’ambito della formazione professionale, che è molto importante per introdurre le persone ad avere un mestiere, ad imparare un mestiere?
R. – Certamente, non dobbiamo dimenticare che l’impegno della scuola cattolica, parlando di scuola cattolica in maniera allargata, arriva anche e si sviluppa con il sistema della formazione professionale di ispirazione cristiana, che interessa almeno 80 mila giovani, che si rivolgono a questo settore e che, tra l’altro, con le ultime riforme, possono assolvere l’obbligo di istruzione anche all’interno della formazione professionale. E’ un sistema estremamente ampio, che con l’appendice della formazione professionale raggiunge sicuramente gli strati di popolazione meno abbienti.
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