Dopo la liberazione di Rossella Urru, prigioniera per nove mesi nel deserto africano, Giovanni Lo Porto resta l’unico italiano rapito nel mondo. Oggi sul web giornata di mobilitazione.
Sono trascorsi otto mesi dal rapimento di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano di Palermo sequestrato lo scorso 19 gennaio a Multan, in Pakistan. Lo Porto operava nel sud del Punjab, collaborando con un progetto che prevedeva la costruzione di alloggi per famiglie rimaste senza casa dopo una violenta alluvione. L’uomo è stato rapito insieme ad un collega tedesco di 70 anni, Bernd Johannes, che lavorava nella stessa Ong tedesca Welt Hunger Hilfe (Azione agraria tedesca) . Nonostante inizialmente si reputasse responsabile del rapimento il gruppo talebano pakistano Tehrik-e-Taliban, capeggiato da Hakimullah Meshsud, non ci sono ancora certezze sul caso. Infatti i talebani pakistani hanno ribadito la loro estraneità: ''Non abbiamo rapito l'italiano e il tedesco, lo abbiamo già smentito e lo ribadiamo'', come ha affermato il portavoce del gruppo estremista islamico Ihsanullah Ihsan. Giovanni è un ragazzo coraggioso e generoso, così come lo definiscono i suoi amici: “Giovanni è sempre in giro per la sua attività, in cui crede molto, che svolge generosamente e con passione perché è felice di aiutare gli altri. Non lo vediamo spesso, ma ci sentiamo e ci ha sempre detto di essere soddisfatto del lavoro che fa“. Giovanni è stato rapito negli uffici in cui lavorava e in cui ricopriva il ruolo di amministratore. Alcuni testimoni oculari hanno raccontato di aver visto quattro uomini armati entrare negli uffici della ong e portare via i due cooperanti in un automobile. Il sito online Globalist il 20 giugno scorso ha diffuso la notizia che Giovanni fosse stato ceduto ad una grossa organizzazione che potesse seguire più efficacemente il rilascio, preceduto naturalmente da un lauto riscatto. I sequestri, infatti, sono fonte di autofinanziamento per le organizzazioni criminali. Per tale motivo i rapiti sarebbero stati trasferiti in una zona a 4 ore d’auto a nord di Lahore. L’incertezza sulla sorte del loro caro spinge i familiari a lanciare un appello: “Lo Stato ci aiuti. Ci affidiamo alle autorità, al Governo, perché il nostro Giovanni torni al più presto a casa sano e salvo. Restiamo costantemente in attesa di notizie“. Mentre le istituzioni perpetuano il loro silenzio, la rete si mobilita. E’ stata indetta infatti per oggi, 19 settembre, una campagna a favore del rilascio del cooperante siciliano che invitagli aderenti a pubblicare sul proprio profilo facebook o twitter la foto di Giovanni Lo Porto.
di Chiara Bartoli
Sono trascorsi otto mesi dal rapimento di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano di Palermo sequestrato lo scorso 19 gennaio a Multan, in Pakistan. Lo Porto operava nel sud del Punjab, collaborando con un progetto che prevedeva la costruzione di alloggi per famiglie rimaste senza casa dopo una violenta alluvione. L’uomo è stato rapito insieme ad un collega tedesco di 70 anni, Bernd Johannes, che lavorava nella stessa Ong tedesca Welt Hunger Hilfe (Azione agraria tedesca) . Nonostante inizialmente si reputasse responsabile del rapimento il gruppo talebano pakistano Tehrik-e-Taliban, capeggiato da Hakimullah Meshsud, non ci sono ancora certezze sul caso. Infatti i talebani pakistani hanno ribadito la loro estraneità: ''Non abbiamo rapito l'italiano e il tedesco, lo abbiamo già smentito e lo ribadiamo'', come ha affermato il portavoce del gruppo estremista islamico Ihsanullah Ihsan. Giovanni è un ragazzo coraggioso e generoso, così come lo definiscono i suoi amici: “Giovanni è sempre in giro per la sua attività, in cui crede molto, che svolge generosamente e con passione perché è felice di aiutare gli altri. Non lo vediamo spesso, ma ci sentiamo e ci ha sempre detto di essere soddisfatto del lavoro che fa“. Giovanni è stato rapito negli uffici in cui lavorava e in cui ricopriva il ruolo di amministratore. Alcuni testimoni oculari hanno raccontato di aver visto quattro uomini armati entrare negli uffici della ong e portare via i due cooperanti in un automobile. Il sito online Globalist il 20 giugno scorso ha diffuso la notizia che Giovanni fosse stato ceduto ad una grossa organizzazione che potesse seguire più efficacemente il rilascio, preceduto naturalmente da un lauto riscatto. I sequestri, infatti, sono fonte di autofinanziamento per le organizzazioni criminali. Per tale motivo i rapiti sarebbero stati trasferiti in una zona a 4 ore d’auto a nord di Lahore. L’incertezza sulla sorte del loro caro spinge i familiari a lanciare un appello: “Lo Stato ci aiuti. Ci affidiamo alle autorità, al Governo, perché il nostro Giovanni torni al più presto a casa sano e salvo. Restiamo costantemente in attesa di notizie“. Mentre le istituzioni perpetuano il loro silenzio, la rete si mobilita. E’ stata indetta infatti per oggi, 19 settembre, una campagna a favore del rilascio del cooperante siciliano che invitagli aderenti a pubblicare sul proprio profilo facebook o twitter la foto di Giovanni Lo Porto.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.