Come nelle previsioni, non sono mancate le violenze nel venerdì di preghiera islamico, dopo le caricature e il film ritenuto blasfemo su Maometto. Due le vittime in Pakistan e stato di allerta in Afghanistan, mentre si levano diverse voci di condanna. Benedetta Capelli: ascolta
Radio Vaticana - Karachi e Peshawar sono stati i fronti più caldi delle proteste contro le vignette pubblicate in Francia e il film americano ritenuto blasfemo su Maometto. A perdere la vita negli scontri un agente e un autista di una troupe televisiva. In Pakistan, è stato di massima allerta per le manifestazioni convocate in tutte le più grandi città, nonostante gli appelli alla moderazione del governo. Preoccupazione anche in Afghanistan dove si temono disordini a Kabul ed Herat anche se la situazione al momento è tranquilla. A Tunisi, dopo il "no" delle autorità a qualsiasi manifestazione o assembramento, non si segnalano episodi. Migliaia di persone sono scese in strada a Kuala Lumpur, in Malaysia, i manifestanti hanno bruciato bandiere americane e israeliane. Di oggi la dichiarazione dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che riferendosi al film e alle vignette ha parlato di “atti dannosi e volutamente provocatori”. I rappresentanti della comunità musulmana francese hanno lanciato un appello perché non si manifesti, ma Parigi resta blindata. E sempre oggi si è levata una nuova voce di condanna. In una nota congiunta Lega Araba, Unione Africana, Unione Europea e Conferenza Islamica hanno condannato l'incitamento all'odio religioso, chiedendo il rispetto della libertà di espressione. Nel testo si ribadisce anche l'impegno per misure internazionali anti-blasfemia.
Per una riflessione su quanto sta accadendo per le vignette e il film ritenuto blasfemo, Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione di padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut: ascolta
R. – Il problema è che nel contesto arabo musulmano noi stiamo vivendo una frustrazione grandissima, perché ci sentiamo molto in ritardo riguardo al mondo mentre una volta eravamo, invece, tra i più avanzati. Questo ci rende vulnerabili a qualunque cosa. Basta che qualcuna faccia un’allusione e ci sentiamo aggrediti. Da noi, c’è gente che approfitta dell’ignoranza e delle emozioni della gente e le usa per dire: “Andiamo a rispondere a questo blasfemo!”.
D. – Secondo lei, non ci dovrebbe essere uno scatto di responsabilità da parte dell’Occidente?
R. – Nessuno Stato è in questione qui. Sono soltanto individui: una persona ha fatto un film, ma che c’entra l’America in tutto questo? Non dobbiamo limitare la libertà, dobbiamo avere una maggiore etica e dire: va bene, tu hai il diritto di farlo, ma questa è una cosa buona? Su questo punto, sì, l’Occidente deve fare un passo. Anche da parte nostra, in Oriente e nel mondo musulmano, dobbiamo fare dei passi: dobbiamo passare – direi come nella linea del Papa – dall’emozione alla ragione e la ragione – come lui la definisce - include anche l’etica. Per uscire da questa situazione, ciascuno di noi ha un passo da fare. Non si può impedire la libertà, si può solo correggerla attraverso l’etica e la spiritualità.
D. – Lei ha citato Papa Benedetto XVI che è reduce da un viaggio in Libano veramente pieno di significato. Il Libano diventa, a questo punto, modello per Oriente e per Occidente…
R. – Non è il modello, ma è un modello utile soprattutto perché essendo un Paese arabo, può aiutare tutti i Paesi arabi. E anche perché essendo un Paese dove i cristiani rappresentano un 40%, può aiutare anche l’Occidente di cultura cristiana a rivedere certe cose. E questa era l’idea del Santo Padre nei suoi discorsi, così come nell’Esortazione Apostolica. Penso ai due paragrafi essenziali dell’Esortazione, il 29 e il 30, dove parla della laicità sana e del fondamentalismo: proprio i problemi nei quali viviamo. Il Papa dice che ci vuole un equilibrio tra i due, senza escludere nessuno dei due. Il Libano è più aperto a questa doppia dimensione: la religione non è esclusa, ma la politica nel settore politico ha l’ultima parola. Questo può servire da modello in primo luogo per il mondo arabo musulmano, ma può anche essere utile per l’Occidente.
Radio Vaticana - Karachi e Peshawar sono stati i fronti più caldi delle proteste contro le vignette pubblicate in Francia e il film americano ritenuto blasfemo su Maometto. A perdere la vita negli scontri un agente e un autista di una troupe televisiva. In Pakistan, è stato di massima allerta per le manifestazioni convocate in tutte le più grandi città, nonostante gli appelli alla moderazione del governo. Preoccupazione anche in Afghanistan dove si temono disordini a Kabul ed Herat anche se la situazione al momento è tranquilla. A Tunisi, dopo il "no" delle autorità a qualsiasi manifestazione o assembramento, non si segnalano episodi. Migliaia di persone sono scese in strada a Kuala Lumpur, in Malaysia, i manifestanti hanno bruciato bandiere americane e israeliane. Di oggi la dichiarazione dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che riferendosi al film e alle vignette ha parlato di “atti dannosi e volutamente provocatori”. I rappresentanti della comunità musulmana francese hanno lanciato un appello perché non si manifesti, ma Parigi resta blindata. E sempre oggi si è levata una nuova voce di condanna. In una nota congiunta Lega Araba, Unione Africana, Unione Europea e Conferenza Islamica hanno condannato l'incitamento all'odio religioso, chiedendo il rispetto della libertà di espressione. Nel testo si ribadisce anche l'impegno per misure internazionali anti-blasfemia.
Per una riflessione su quanto sta accadendo per le vignette e il film ritenuto blasfemo, Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione di padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e Islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut: ascolta
R. – Il problema è che nel contesto arabo musulmano noi stiamo vivendo una frustrazione grandissima, perché ci sentiamo molto in ritardo riguardo al mondo mentre una volta eravamo, invece, tra i più avanzati. Questo ci rende vulnerabili a qualunque cosa. Basta che qualcuna faccia un’allusione e ci sentiamo aggrediti. Da noi, c’è gente che approfitta dell’ignoranza e delle emozioni della gente e le usa per dire: “Andiamo a rispondere a questo blasfemo!”.
D. – Secondo lei, non ci dovrebbe essere uno scatto di responsabilità da parte dell’Occidente?
R. – Nessuno Stato è in questione qui. Sono soltanto individui: una persona ha fatto un film, ma che c’entra l’America in tutto questo? Non dobbiamo limitare la libertà, dobbiamo avere una maggiore etica e dire: va bene, tu hai il diritto di farlo, ma questa è una cosa buona? Su questo punto, sì, l’Occidente deve fare un passo. Anche da parte nostra, in Oriente e nel mondo musulmano, dobbiamo fare dei passi: dobbiamo passare – direi come nella linea del Papa – dall’emozione alla ragione e la ragione – come lui la definisce - include anche l’etica. Per uscire da questa situazione, ciascuno di noi ha un passo da fare. Non si può impedire la libertà, si può solo correggerla attraverso l’etica e la spiritualità.
D. – Lei ha citato Papa Benedetto XVI che è reduce da un viaggio in Libano veramente pieno di significato. Il Libano diventa, a questo punto, modello per Oriente e per Occidente…
R. – Non è il modello, ma è un modello utile soprattutto perché essendo un Paese arabo, può aiutare tutti i Paesi arabi. E anche perché essendo un Paese dove i cristiani rappresentano un 40%, può aiutare anche l’Occidente di cultura cristiana a rivedere certe cose. E questa era l’idea del Santo Padre nei suoi discorsi, così come nell’Esortazione Apostolica. Penso ai due paragrafi essenziali dell’Esortazione, il 29 e il 30, dove parla della laicità sana e del fondamentalismo: proprio i problemi nei quali viviamo. Il Papa dice che ci vuole un equilibrio tra i due, senza escludere nessuno dei due. Il Libano è più aperto a questa doppia dimensione: la religione non è esclusa, ma la politica nel settore politico ha l’ultima parola. Questo può servire da modello in primo luogo per il mondo arabo musulmano, ma può anche essere utile per l’Occidente.
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