Forti aumenti dei prezzi del granturco, della farina e dalla soia stanno accrescendo il rischio di un ripetersi della crisi alimentare del 2007-2008.
Misna - Lo sostengono in un documento diffuso oggi a Roma tre agenzie specializzate dell’Onu, evidenziando i pericoli che gravano sui paesi del Sud del mondo importatori di cibo. “Dobbiamo agire subito – sottolineano l’Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione (Fao), il Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) – per assicurarci che queste impennate dei prezzi non si trasformino in una catastrofe capace di colpire nei prossimi mesi decine di milioni di persone”.
Secondo le agenzie dell’Onu, i rincari sono frutto di fattori congiunturali e strutturali, dalla siccità che ha colpito i campi del Midwest americano a una crescita della popolazione mondiale stimato in 80 milioni di persone l’anno. Nel documento si sottolinea che per ridurre il rischio di un’offerta di cereali insufficiente bisogna investire nell’agricoltura dei paesi importatori di cibo. Paesi, sottolineano le agenzie dell’Onu, che hanno spesso “un enorme potenziale per aumentare la produzione” e in prospettiva garantire “lavoro e reddito” nelle aree rurali dove vive il 70% dei poveri del mondo.
Altri impegni necessari, si legge nel documento, sono la riduzione degli sprechi nella catena alimentare e “una revisione delle scelte sui biocarburanti” quando i mercati globali sono “sotto pressione”.
Il testo diffuso oggi è solo l’ultimo di una serie a mettere in guardia dai rischi di una nuova crisi alimentare. Alla fine di agosto la Banca mondiale ha stimato che i prezzi del cibo sono aumentati nell’ultimo anno di circa il 6%.
Misna - Lo sostengono in un documento diffuso oggi a Roma tre agenzie specializzate dell’Onu, evidenziando i pericoli che gravano sui paesi del Sud del mondo importatori di cibo. “Dobbiamo agire subito – sottolineano l’Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione (Fao), il Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) – per assicurarci che queste impennate dei prezzi non si trasformino in una catastrofe capace di colpire nei prossimi mesi decine di milioni di persone”.
Secondo le agenzie dell’Onu, i rincari sono frutto di fattori congiunturali e strutturali, dalla siccità che ha colpito i campi del Midwest americano a una crescita della popolazione mondiale stimato in 80 milioni di persone l’anno. Nel documento si sottolinea che per ridurre il rischio di un’offerta di cereali insufficiente bisogna investire nell’agricoltura dei paesi importatori di cibo. Paesi, sottolineano le agenzie dell’Onu, che hanno spesso “un enorme potenziale per aumentare la produzione” e in prospettiva garantire “lavoro e reddito” nelle aree rurali dove vive il 70% dei poveri del mondo.
Altri impegni necessari, si legge nel documento, sono la riduzione degli sprechi nella catena alimentare e “una revisione delle scelte sui biocarburanti” quando i mercati globali sono “sotto pressione”.
Il testo diffuso oggi è solo l’ultimo di una serie a mettere in guardia dai rischi di una nuova crisi alimentare. Alla fine di agosto la Banca mondiale ha stimato che i prezzi del cibo sono aumentati nell’ultimo anno di circa il 6%.
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