“Ed ora vi annuncio una grande gioia, uno straordinario miracolo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel Figlio di Dio, che è il Cristo Signore. Qualche tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocifisso, portando impresse nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimmate di Cristo. Le mani e i piedi di lui erano trafitti come da chiodi penetrati dall’una e dall’altra parte, e avevano delle cicatrici dal colore nero dei chiodi. Il suo fianco appariva trafitto da una lancia, ed emetteva spesso gocciole di sangue.” (FF 309)
Così scrive frate Elia nella “Lettera a tutte le province dell’Ordine sulla morte di san Francesco”, scritta e inviata con molta probabilità nei giorni successivi alla morte di Francesco, il 3 ottobre 1226. Questo testo è molto importante perché è il primo documento sulle stimmate di san Francesco, creando così il punto di partenza di tutte le successive testimonianze del Santo assisiate “alter Cristo” e “crocifisso”. L’episodio delle stimmate è ripreso numerose volte nelle Fonti francescane, come ad esempio nella Leggenda Maggiore: “Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione. (…) L'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito. Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne. Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine dell'uomo crocifisso. Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all'indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne. Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande.” (FF 1225 – 1226)
L’impressione delle sacre stimmate sul monte della Verna è senza dubbio uno degli episodi più forti della vita di san Francesco, a volte forse dimenticato per lasciare spazio al santo del cantico delle creature e del lupo di Gubbio o all’episodio dell’incontro con il Sultano e all’attenzione al dialogo e alla pace. Sono tutti aspetti importantissimi di questo grande santo ma non va dimenticato il suo desiderio di vivere in modo sempre più forte e intimo la relazione con Dio. Poco prima di ricevere le stimmate, Francesco prega il Signore chiedendogli: “Chi se’ Tu, o dolcissimo Iddio mio? Chi sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?” (FF 1915). A queste domande segue l’apertura del libro del Vangelo da parte di Francesco per tre volte sempre sulle pagine che riportano la passione di Cristo. Significativa anche la festa della “santissima Croce del mese di settembre”, come riportano i Fioretti. Tutti elementi che ci lasciano intravvedere la vicinanza di san Francesco alla passione e alla sofferenza di Cristo: Francesco, altro Cristo.
Dopo quanto accaduto, Francesco scenderà dal monte della Verna e non vi tornerà più. Nei suoi lunghi momenti trascorsi lì aveva più volte chiesto e supplicato, pregato e cercato: ora, aveva ricevuto la risposta, non aveva più bisogno di chiedere.
Ogni anno, a settembre, La Verna torna ad essere un luogo privilegiato per la preghiera e il raccoglimento, per la supplica e l’incontro con Dio. Ogni anno, la solennità delle impressioni delle sacre stimmate ci ricorda la croce di Cristo e la sua sofferenza per noi, ma anche la croce e la sofferenza di tanti uomini e donne di oggi. In questo giorno ci piace ricordare la preghiera a san Francesco di Giovanni Paolo II pellegrino alla Verna, il 17 settembre 1993: “O San Francesco, stimmatizzato della Verna, il mondo ha nostalgia di te quale icona di Gesù crocifisso. Ha bisogno del tuo cuore aperto verso Dio e verso l’uomo, dei tuoi piedi scalzi e feriti, delle tue mani trafitte e imploranti. Ha nostalgia della tua debole voce, ma forte della potenza del Vangelo. Aiuta, Francesco, gli uomini d’oggi a riconoscere il male del peccato e a cercarne la purificazione nella penitenza. Aiutali a liberarsi dalle stesse strutture di peccato, che opprimono l’odierna società. Ravviva nella coscienza dei governanti l’urgenza della pace nelle Nazioni e tra i Popoli. Trasfondi nei giovani la tua freschezza di vita, capace di contrastare le insidie delle molteplici culture di morte. Agli offesi da ogni genere di cattiveria comunica, Francesco, la tua gioia di saper perdonare. A tutti i crocifissi dalla sofferenza, dalla fame e dalla guerra, riapri le porte della speranza. Amen”.
di Monica Cardarelli
Così scrive frate Elia nella “Lettera a tutte le province dell’Ordine sulla morte di san Francesco”, scritta e inviata con molta probabilità nei giorni successivi alla morte di Francesco, il 3 ottobre 1226. Questo testo è molto importante perché è il primo documento sulle stimmate di san Francesco, creando così il punto di partenza di tutte le successive testimonianze del Santo assisiate “alter Cristo” e “crocifisso”. L’episodio delle stimmate è ripreso numerose volte nelle Fonti francescane, come ad esempio nella Leggenda Maggiore: “Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell'aria, giunse vicino all'uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l'effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l'atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l'anima con la spada dolorosa della compassione. (…) L'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito. Scomparendo, la visione gli lasciò nel cuore un ardore mirabile e segni altrettanto meravigliosi lasciò impressi nella sua carne. Subito, infatti, nelle sue mani e nei suoi piedi, incominciarono ad apparire segni di chiodi, come quelli che poco prima aveva osservato nell'immagine dell'uomo crocifisso. Le mani e i piedi, proprio al centro, si vedevano confitte ai chiodi; le capocchie dei chiodi sporgevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Le capocchie nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere; le punte, invece, erano allungate, piegate all'indietro e come ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sul resto della carne. Il fianco destro era come trapassato da una lancia e coperto da una cicatrice rossa, che spesso emanava sacro sangue, imbevendo la tonaca e le mutande.” (FF 1225 – 1226)
L’impressione delle sacre stimmate sul monte della Verna è senza dubbio uno degli episodi più forti della vita di san Francesco, a volte forse dimenticato per lasciare spazio al santo del cantico delle creature e del lupo di Gubbio o all’episodio dell’incontro con il Sultano e all’attenzione al dialogo e alla pace. Sono tutti aspetti importantissimi di questo grande santo ma non va dimenticato il suo desiderio di vivere in modo sempre più forte e intimo la relazione con Dio. Poco prima di ricevere le stimmate, Francesco prega il Signore chiedendogli: “Chi se’ Tu, o dolcissimo Iddio mio? Chi sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?” (FF 1915). A queste domande segue l’apertura del libro del Vangelo da parte di Francesco per tre volte sempre sulle pagine che riportano la passione di Cristo. Significativa anche la festa della “santissima Croce del mese di settembre”, come riportano i Fioretti. Tutti elementi che ci lasciano intravvedere la vicinanza di san Francesco alla passione e alla sofferenza di Cristo: Francesco, altro Cristo.
Dopo quanto accaduto, Francesco scenderà dal monte della Verna e non vi tornerà più. Nei suoi lunghi momenti trascorsi lì aveva più volte chiesto e supplicato, pregato e cercato: ora, aveva ricevuto la risposta, non aveva più bisogno di chiedere.
Ogni anno, a settembre, La Verna torna ad essere un luogo privilegiato per la preghiera e il raccoglimento, per la supplica e l’incontro con Dio. Ogni anno, la solennità delle impressioni delle sacre stimmate ci ricorda la croce di Cristo e la sua sofferenza per noi, ma anche la croce e la sofferenza di tanti uomini e donne di oggi. In questo giorno ci piace ricordare la preghiera a san Francesco di Giovanni Paolo II pellegrino alla Verna, il 17 settembre 1993: “O San Francesco, stimmatizzato della Verna, il mondo ha nostalgia di te quale icona di Gesù crocifisso. Ha bisogno del tuo cuore aperto verso Dio e verso l’uomo, dei tuoi piedi scalzi e feriti, delle tue mani trafitte e imploranti. Ha nostalgia della tua debole voce, ma forte della potenza del Vangelo. Aiuta, Francesco, gli uomini d’oggi a riconoscere il male del peccato e a cercarne la purificazione nella penitenza. Aiutali a liberarsi dalle stesse strutture di peccato, che opprimono l’odierna società. Ravviva nella coscienza dei governanti l’urgenza della pace nelle Nazioni e tra i Popoli. Trasfondi nei giovani la tua freschezza di vita, capace di contrastare le insidie delle molteplici culture di morte. Agli offesi da ogni genere di cattiveria comunica, Francesco, la tua gioia di saper perdonare. A tutti i crocifissi dalla sofferenza, dalla fame e dalla guerra, riapri le porte della speranza. Amen”.
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