La città ferita da una guerra fratricida si propone in questi giorni all’Europa come la città del dialogo ospitando l’Incontro mondiale della Pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio
Città Nuova - Sarajevo Splende il sole a Sarajevo. Le stradine del piccolo centro storico sono piene di giovani che parlano, ridono, si incontrano nei numerosissimi bar che costeggiano le loro passeggiate. Sfilano volti e abbigliamenti molto diversi tra loro. Da una parte la moschea con le fontanelle per le abluzioni, dall’altra la cattedrale cattolica e la chiesa serba ortodossa. E più in là ancora l’antica sinagoga. Quanto è diversa oggi Sarajevo. La guerra che l’ha profondamente ferita per 4 anni, dal 1992 al 1995, aveva lasciato una città trivellata, buia fuori ma soprattutto triste dentro. I ricordi e i racconti erano accompagnati da interminabili silenzi. Oggi si respira un clima molto più sereno, ma non per questo meno complesso.
È qui, in questo crocevia di popoli, in questa terra che ha conosciuto il martirio, che la Comunità di sant’Egidio ha deciso di svolgere quest’anno l’Incontro mondiale delle religioni per la pace. “Living Together is the Future”, si legge nel titolo che è stato scelto per la manifestazione. È la prima volta dalla guerra che le quattro grandi comunità religiose presenti a Sarajevo, ebrei, musulmani, cattolici e ortodossi promuovono insieme un evento. «Sicuramente – dice Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio – non sono i convegni a cambiare la storia, ma qui siamo già oltre il convegno: il fatto di aver potuto organizzare per la prima volta qualcosa insieme è un fatto che parla ai cuori».
Da oggi fino al 12 settembre si svolgeranno i lavori. 28 i panel messi in programma: leader delle Chiese cristiane e rappresentanti delle religioni mondiali, testimoni del mondo arabo, politici e giornalisti parleranno di povertà, immigrazione, Transizione araba, situazione dei cristiani nelle zone di conflitto. Ci saranno il ministro pakistano, Paul Bhatti, il premier italiano Mario Monti, il presidente del Consiglio d’Europa Herman Van Rompuy.
E in questi giorni a Sarajevo si è già vissuto un evento che per la storia di tutti i Balcani ha un significato dirompente: per la prima volta il Patriarca della Chiesa ortodossa serba Irenej, a fianco dell’arcivescovo di Sarajevo, il card. Vinko Puljic, è entrato nella cattedrale cattolica ed ha partecipato alla liturgia con una nutrita delegazione di Chiese ortodosse. L’uno a fianco all’altro: il cattolico e il serbo ortodosso. Un gesto storico che ha fatto crollare molte ombre del passato, gettando una luce sul difficile processo di riconciliazione e di guarigione. «Un grande segno – ha detto in cattedrale il card. Puljic – che ci dice molto riguardo all’edificazione della pace e della via del dialogo».
Sarajevo, la Gerusalemme dell’Europa, una città simbolo oggi per chi cerca la via della riconciliazione e della pace: «Ecco perché è importante – ha detto il cardinale – che da questa città parta il grande messaggio di speranza, il messaggio di energia positiva che dice: le diversità non sono uno svantaggio ma una risorsa. Da questa diversità, infatti, nasce il bisogno di costruire un mondo in cui nella convivenza e nella tolleranza si possa sperare in un futuro migliore».
Città Nuova - Sarajevo Splende il sole a Sarajevo. Le stradine del piccolo centro storico sono piene di giovani che parlano, ridono, si incontrano nei numerosissimi bar che costeggiano le loro passeggiate. Sfilano volti e abbigliamenti molto diversi tra loro. Da una parte la moschea con le fontanelle per le abluzioni, dall’altra la cattedrale cattolica e la chiesa serba ortodossa. E più in là ancora l’antica sinagoga. Quanto è diversa oggi Sarajevo. La guerra che l’ha profondamente ferita per 4 anni, dal 1992 al 1995, aveva lasciato una città trivellata, buia fuori ma soprattutto triste dentro. I ricordi e i racconti erano accompagnati da interminabili silenzi. Oggi si respira un clima molto più sereno, ma non per questo meno complesso.
È qui, in questo crocevia di popoli, in questa terra che ha conosciuto il martirio, che la Comunità di sant’Egidio ha deciso di svolgere quest’anno l’Incontro mondiale delle religioni per la pace. “Living Together is the Future”, si legge nel titolo che è stato scelto per la manifestazione. È la prima volta dalla guerra che le quattro grandi comunità religiose presenti a Sarajevo, ebrei, musulmani, cattolici e ortodossi promuovono insieme un evento. «Sicuramente – dice Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio – non sono i convegni a cambiare la storia, ma qui siamo già oltre il convegno: il fatto di aver potuto organizzare per la prima volta qualcosa insieme è un fatto che parla ai cuori».
Da oggi fino al 12 settembre si svolgeranno i lavori. 28 i panel messi in programma: leader delle Chiese cristiane e rappresentanti delle religioni mondiali, testimoni del mondo arabo, politici e giornalisti parleranno di povertà, immigrazione, Transizione araba, situazione dei cristiani nelle zone di conflitto. Ci saranno il ministro pakistano, Paul Bhatti, il premier italiano Mario Monti, il presidente del Consiglio d’Europa Herman Van Rompuy.
E in questi giorni a Sarajevo si è già vissuto un evento che per la storia di tutti i Balcani ha un significato dirompente: per la prima volta il Patriarca della Chiesa ortodossa serba Irenej, a fianco dell’arcivescovo di Sarajevo, il card. Vinko Puljic, è entrato nella cattedrale cattolica ed ha partecipato alla liturgia con una nutrita delegazione di Chiese ortodosse. L’uno a fianco all’altro: il cattolico e il serbo ortodosso. Un gesto storico che ha fatto crollare molte ombre del passato, gettando una luce sul difficile processo di riconciliazione e di guarigione. «Un grande segno – ha detto in cattedrale il card. Puljic – che ci dice molto riguardo all’edificazione della pace e della via del dialogo».
Sarajevo, la Gerusalemme dell’Europa, una città simbolo oggi per chi cerca la via della riconciliazione e della pace: «Ecco perché è importante – ha detto il cardinale – che da questa città parta il grande messaggio di speranza, il messaggio di energia positiva che dice: le diversità non sono uno svantaggio ma una risorsa. Da questa diversità, infatti, nasce il bisogno di costruire un mondo in cui nella convivenza e nella tolleranza si possa sperare in un futuro migliore».
Maria Chiara Biagioni
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