Grazie alla tecnica dell'eterogiunzione, usando assieme silicio amorfo e monocristallino, i ricercatori del Politecnico di Losanna hanno creato una cella fotovoltaica con il 22,4% di efficienza contro il 17-18% di quelle standard. La commercializzazione forse tra 3-5 anni con moduli capaci di produrre il 50-60% in più rispetto agli attuali.
Qualenergia - "Nel medio termine un impianto fotovoltaico da poco meno di 2.000 euro potrebbe bastare per produrre l'energia necessaria ad una famiglia di 4 persone", quando al momento un impianto del genere costa circa 8-9 mila euro. È questo il promettente scenario che secondo i ricercatori dell'Istituto di microingegneria dell'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) sarà reso possibile dalleinnovazioni sperimentate sotto la guida del professor Christophe Ballif che hanno portato ad una cella dall'efficenza record: 22,4%. Il team del laboratorio sul fotovoltaico dell'istituto svizzero è specializzato nel film sottile e da diversi anni si sta interessando a tecnologie “ibride” studiate per migliorare le performance delle celle, meglio note come di eterogiunzione. A rendere particolare la cella in questione è infatti una struttura “a sandwich” di due materiali diversi: si applica uno strato dallo spessore infinitesimale - un centesimo di micron – di silicio amorfo su entrambi i lati di un wafer di silicio cristallino e questo migliora la sensibilità della cella.
Affinché questo assemblamento di materiali sia efficiente l'interfaccia tra i due tipi di silicio deve essere ottimizzato; ed è proprio questo che sono riusciti a fare Antoine Descoeudres e Stephaan DeWolf, due ricercatori del laboratorio. Hanno scelto le celle FV più comuni, e dunque più economiche (al silicio “p-doped”), hanno curato la preparazione e migliorato il procedimento di applicazione del silicio amorfo, ottenendo così un fattore di conversione del 21,4%. Una percentuale senza precedenti su questo tipo di substrati: Canadian Solar quest'estate ha annunciato di aver creato una cella al silicio monocristallino con efficienza del 21,1% mentre in generale le efficienze delle altre celle di questo tipo con i rendimenti migliori vanno dal 17,5 al 19%. Con un substrato più raro e costososo poi i ricercatori svizzeri hanno superato la barriera di efficienza del 22% arrivando appunto a 22,4%. Record raggiunto anche per il voltaggio registrato sul circuito aperto, con 726 mV.
Tutti risultati, fanno sapere dall'EPFL, validati dai laboratori per il solare del Fraunhofer Institute e che saranno a breve pubblicati sull'IEEE Journal of photovoltaics. Per arrivare alla commercializzazione di queste celle occorrerà qualche anno. La ricerca è stata finanziata da Roth & Rau Switzerland, la cui casa madre, Meyer Burger, ha già iniziato a produrre macchine per assemblare questo tipo di celle a eterogiunzione. “Nel giro di 3-5 anni ci aspettiamo di produrre al costo di 100 dollari al metro quadro - stima Stefaan DeWolf – e in Svizzera quella superficie produrrebbe 200-300 kWh all'anno”.
Con la nuova tecnologia, quando e se queste celle saranno sul mercato ai costi previsti, a parità di superficie rispetto ad oggi si potrebbe produrre oltre il 50% in più di energia elettrica, con un drastico taglio ai costi della 'componente modulo' del sistema fotovoltaico.
Qualenergia - "Nel medio termine un impianto fotovoltaico da poco meno di 2.000 euro potrebbe bastare per produrre l'energia necessaria ad una famiglia di 4 persone", quando al momento un impianto del genere costa circa 8-9 mila euro. È questo il promettente scenario che secondo i ricercatori dell'Istituto di microingegneria dell'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) sarà reso possibile dalleinnovazioni sperimentate sotto la guida del professor Christophe Ballif che hanno portato ad una cella dall'efficenza record: 22,4%. Il team del laboratorio sul fotovoltaico dell'istituto svizzero è specializzato nel film sottile e da diversi anni si sta interessando a tecnologie “ibride” studiate per migliorare le performance delle celle, meglio note come di eterogiunzione. A rendere particolare la cella in questione è infatti una struttura “a sandwich” di due materiali diversi: si applica uno strato dallo spessore infinitesimale - un centesimo di micron – di silicio amorfo su entrambi i lati di un wafer di silicio cristallino e questo migliora la sensibilità della cella.
Affinché questo assemblamento di materiali sia efficiente l'interfaccia tra i due tipi di silicio deve essere ottimizzato; ed è proprio questo che sono riusciti a fare Antoine Descoeudres e Stephaan DeWolf, due ricercatori del laboratorio. Hanno scelto le celle FV più comuni, e dunque più economiche (al silicio “p-doped”), hanno curato la preparazione e migliorato il procedimento di applicazione del silicio amorfo, ottenendo così un fattore di conversione del 21,4%. Una percentuale senza precedenti su questo tipo di substrati: Canadian Solar quest'estate ha annunciato di aver creato una cella al silicio monocristallino con efficienza del 21,1% mentre in generale le efficienze delle altre celle di questo tipo con i rendimenti migliori vanno dal 17,5 al 19%. Con un substrato più raro e costososo poi i ricercatori svizzeri hanno superato la barriera di efficienza del 22% arrivando appunto a 22,4%. Record raggiunto anche per il voltaggio registrato sul circuito aperto, con 726 mV.
Tutti risultati, fanno sapere dall'EPFL, validati dai laboratori per il solare del Fraunhofer Institute e che saranno a breve pubblicati sull'IEEE Journal of photovoltaics. Per arrivare alla commercializzazione di queste celle occorrerà qualche anno. La ricerca è stata finanziata da Roth & Rau Switzerland, la cui casa madre, Meyer Burger, ha già iniziato a produrre macchine per assemblare questo tipo di celle a eterogiunzione. “Nel giro di 3-5 anni ci aspettiamo di produrre al costo di 100 dollari al metro quadro - stima Stefaan DeWolf – e in Svizzera quella superficie produrrebbe 200-300 kWh all'anno”.
Con la nuova tecnologia, quando e se queste celle saranno sul mercato ai costi previsti, a parità di superficie rispetto ad oggi si potrebbe produrre oltre il 50% in più di energia elettrica, con un drastico taglio ai costi della 'componente modulo' del sistema fotovoltaico.
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