Si è svolto questa mattina, nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica, il consueto appuntamento celebrativo della figura di san Francesco Patrono d’Italia.
di Monica Cardarelli
“San Francesco: il più italiano dei santi”, questo il titolo per l’incontro di quest’anno per celebrare la figura di Francesco d’Assisi Patrono d’Italia e accogliere una riflessione sull’identità e il pluralismo religioso. Presenti all’evento il Presidente del Senato della Repubblica, Sen. Renato Schifani, il Ministro Anna Maria Cancellieri e i Senatori Anna Finocchiaro e Maurizio Gasparri. Sono intervenuti il Sottosegretario della CEI, Don. Bassiano Uggè, il Custode del Sacro Convento, padre Giuseppe Piemontese e il Vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, Mons. Domenico Sorrentino. L’incontro è stato moderato dal Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato. Presente in sala il Sindaco di Assisi, Claudio Ricci. Il Presidente Schifani introducendo l’incontro ha ricordato come “San Francesco si fece povero per divenire portatore di uno straordinario messaggio, al di fuori di ogni individualismo ed egoismo, per realizzare il bene comune, e - insieme - il rispetto della dignità di ogni persona. Un concetto moderno, che oggi possiamo liberamente riassumere nelle parole "comunità", "nazione", "patria". La povertà da lui testimoniata fu allora una lezione di moralità pubblica e indicò una strada ancora oggi da percorrere fino in fondo, quella lavorare con passione, slancio, fiducia, al di fuori di ogni logica di contrapposizione e rivalità personale, per una comunità fondata su più solidi valori.” Il lavoro e la fraternità, due punti fondamentali per Francesco che nella sequela di Cristo è riuscito ad essere vicino agli ultimi, agli esclusi, ai poveri, dando loro un aiuto anche concreto. “Al contempo, il suo messaggio di coraggio e di obbedienza si incarna oggi nella necessità di partecipazione” ha proseguito il Presidente Schifani, “nessuno può sentirsi escluso dall’offrire il proprio contributo, con l’orgoglio di farlo senza protagonismo e senza ricompensa. La partecipazione come servizio. Un servizio utile e umile. L’umiltà come valore.”
Riprendendo poi l’importanza del dialogo tanto caro a Francesco anche fuori dalla sua comunità, rivolgendosi quindi anche a chi non la pensava come lui – citando l’incontro di Francesco del Sultano – il Presidente Schifani ha ricordato il modo di porsi di Francesco, “con il suo essere semplice, umile e mite. Umiltà, mitezza, ma anche coraggio. È un modo di comunicare che sa ancora ascoltare il silenzio, che non punta mai il dito, ma che indica un percorso, nel tentativo di farsi carico delle inquietudini e delle angosce della vita quotidiana attraverso un dialogo aperto, senza confini.” Ha poi sottolineato l’attualità di Francesco per la nostra società: “Oggi, in particolare, e non è certo la prima volta, lo fa con un invito ad esercitare il potere con sobrietà, rettitudine morale e giustizia. Sapeva che le vere rivoluzioni si compiono nei cuori e, fedele all’invito del Crocifisso di San Damiano, operò per riparare e mai per distruggere. (…) Il mio auspicio è che la ricerca di dialogo e lo spirito di pace che anima il francescanesimo possano affermarsi come esempio positivo per le istituzioni e per l’intera società civile del nostro Paese, che orgogliosamente ha in Francesco il suo patrono.”
Dagli interventi che si sono susseguiti è stato affrontato anche il tema dell’identità e pluralismo culturale e religioso. “Le modalità per l’integrazione vanno ricercate e garantite dalle Istituzioni, tenendo presenti principi che tendano ad allargare la coscienza del sentirsi parte di una collettività e la pacifica convivenza tra i membri di tale collettività.” Ha affermato P. Giuseppe Piemonte, Custode del Sacro Convento, “ma l’integrazione è anche compito di ciascuno. La consapevolezza della identità della propria persona e della comunità civile di appartenenza si forma e si accresce nella individuazione e conoscenza dei principi attorno a cui si è costruita l’identità. (…) Nella Costituzione, nella cultura, nella storia e nelle tradizioni dell’Italia sono presenti i principi in base ai quali si può costruire una rispettosa e pacifica convivenza anche con uomini e donne immigrati, provenienti da altre culture e appartenenti a Religioni diverse.” P. Piemontese ha poi ha sottolineato come Francesco abbia “incarnato e proposto uno stile e un modello di relazione tuttora attuale, per la costituzione di una civile e pacifica convivenza tra persone della stessa società, con i vicini e i lontani, con persone di cultura e religione diversa, con il creato. Per lui non c’è né nemico, né rivale, né estraneo, ma ogni uomo, in quanto creatura di Dio, salvato da Gesù Cristo, è immagine di Dio e fratello da amare.” Francesco ha vissuto quindi e proposto una integrazione umana, ma anche un’integrazione sociale, poiché “abbraccia e serve i lebbrosi e in loro tutti i rifiutati della società”, e un’integrazione culturale, in quanto “accoglie chiunque ha bisogno ed esorta i frati a condividere gioiosamente la loro vita con gente di bassa condizione e disprezzata.”
Servizio, accoglienza, condivisione: alcune delle note caratteristiche della spiritualità francescana, tuttora attuali, che devono essere messe in pratica tutti i giorni. Un’integrazione che si fa dialogo, ascolto e accoglienza. Citando la Vita Seconda di Tommaso da Celano, P. Piemontese ha proseguito: “Francesco voleva che i suoi figli vivessero in pace con tutti e, verso tutti senza eccezione, si mostrassero piccoli. (FF 730) Ai frati che si recano ad annunciare il Vangelo in terre lontane affida la consegna di vivere in pace, di confessare di essere cristiani, e di non predicare ad ogni costo, ma solo quando vedranno che piace al Signore. Col Sultano di Egitto intavola un dialogo sincero e rispettoso sui temi della pace e soprattutto sulla religione e sulla verità, senza sminuire la sua identità di discepolo di Cristo.”
Ma soprattutto, Francesco “si fa pellegrino e forestiero per essere concittadino, anzi fratello di tutti (Rnb, 6), ricordando la provvisorietà e precarietà dell’esistenza umana. Infine manifesta ed esprime la qualità della sua relazione ‘fraterna’ con l’universo intero, l’amore per la creazione, la natura, gli animali, le piante, quali creature di Dio nel meraviglioso Cantico di Frate Sole”. Povertà dunque ed essenzialità che ha permesso a Francesco di essere libero e di vivere da creatura e figlio la sua vita.
All’incontro inoltre è stato presentato uno studio dello storico di francescanesimo Don Felice Accrocca, commissionato dai frati del Sacro Convento di Assisi, sulla famosa frase che definisce San Francesco d'Assisi “Il più santo tra gli italiani, il più italiano tra i santi” che non appartiene né a Pio XII né a Benito Mussolini. Don Felice Accrocca, infatti, nel suo intervento ha spiegato di aver appurato che la frase è da attribuire a Vincenzo Gioberti, che la utilizzò nella sua opera più famosa, “Del primato morale e civile degli italiani”, del 1843, per celebrare la “semplicità popolana, ma pur bella e grande, di affetti e di opere” di Francesco d’Assisi che è “il più amabile, il più poetico e il più italiano de’ nostri santi!”. Solo successivamente Enrico Filiziani, nell’articolo pubblicato sul giornale cattolico “La Vera Roma” il 18 gennaio 1903 e intitolato “Per san Francesco d’Assisi”, scrisse: “Nessuno ardisca di toccare con indegno e vile pennello uno dei capolavori della grazia! San Francesco resti, quale ce lo presenta la realtà, il più santo fra gli Italiani, il più Italiano fra i santi.” Successivamente, il 18 giugno 1939, Pio XII proclamò san Francesco insieme a santa Caterina da Siena, Patrono d’Italia. Al termine dell’incontro, è stato consegnato al Presidente Schifani una copia dello studio di Don Felice Accrocca.
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di Monica Cardarelli
“San Francesco: il più italiano dei santi”, questo il titolo per l’incontro di quest’anno per celebrare la figura di Francesco d’Assisi Patrono d’Italia e accogliere una riflessione sull’identità e il pluralismo religioso. Presenti all’evento il Presidente del Senato della Repubblica, Sen. Renato Schifani, il Ministro Anna Maria Cancellieri e i Senatori Anna Finocchiaro e Maurizio Gasparri. Sono intervenuti il Sottosegretario della CEI, Don. Bassiano Uggè, il Custode del Sacro Convento, padre Giuseppe Piemontese e il Vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, Mons. Domenico Sorrentino. L’incontro è stato moderato dal Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato. Presente in sala il Sindaco di Assisi, Claudio Ricci. Il Presidente Schifani introducendo l’incontro ha ricordato come “San Francesco si fece povero per divenire portatore di uno straordinario messaggio, al di fuori di ogni individualismo ed egoismo, per realizzare il bene comune, e - insieme - il rispetto della dignità di ogni persona. Un concetto moderno, che oggi possiamo liberamente riassumere nelle parole "comunità", "nazione", "patria". La povertà da lui testimoniata fu allora una lezione di moralità pubblica e indicò una strada ancora oggi da percorrere fino in fondo, quella lavorare con passione, slancio, fiducia, al di fuori di ogni logica di contrapposizione e rivalità personale, per una comunità fondata su più solidi valori.” Il lavoro e la fraternità, due punti fondamentali per Francesco che nella sequela di Cristo è riuscito ad essere vicino agli ultimi, agli esclusi, ai poveri, dando loro un aiuto anche concreto. “Al contempo, il suo messaggio di coraggio e di obbedienza si incarna oggi nella necessità di partecipazione” ha proseguito il Presidente Schifani, “nessuno può sentirsi escluso dall’offrire il proprio contributo, con l’orgoglio di farlo senza protagonismo e senza ricompensa. La partecipazione come servizio. Un servizio utile e umile. L’umiltà come valore.”
Riprendendo poi l’importanza del dialogo tanto caro a Francesco anche fuori dalla sua comunità, rivolgendosi quindi anche a chi non la pensava come lui – citando l’incontro di Francesco del Sultano – il Presidente Schifani ha ricordato il modo di porsi di Francesco, “con il suo essere semplice, umile e mite. Umiltà, mitezza, ma anche coraggio. È un modo di comunicare che sa ancora ascoltare il silenzio, che non punta mai il dito, ma che indica un percorso, nel tentativo di farsi carico delle inquietudini e delle angosce della vita quotidiana attraverso un dialogo aperto, senza confini.” Ha poi sottolineato l’attualità di Francesco per la nostra società: “Oggi, in particolare, e non è certo la prima volta, lo fa con un invito ad esercitare il potere con sobrietà, rettitudine morale e giustizia. Sapeva che le vere rivoluzioni si compiono nei cuori e, fedele all’invito del Crocifisso di San Damiano, operò per riparare e mai per distruggere. (…) Il mio auspicio è che la ricerca di dialogo e lo spirito di pace che anima il francescanesimo possano affermarsi come esempio positivo per le istituzioni e per l’intera società civile del nostro Paese, che orgogliosamente ha in Francesco il suo patrono.”
Dagli interventi che si sono susseguiti è stato affrontato anche il tema dell’identità e pluralismo culturale e religioso. “Le modalità per l’integrazione vanno ricercate e garantite dalle Istituzioni, tenendo presenti principi che tendano ad allargare la coscienza del sentirsi parte di una collettività e la pacifica convivenza tra i membri di tale collettività.” Ha affermato P. Giuseppe Piemonte, Custode del Sacro Convento, “ma l’integrazione è anche compito di ciascuno. La consapevolezza della identità della propria persona e della comunità civile di appartenenza si forma e si accresce nella individuazione e conoscenza dei principi attorno a cui si è costruita l’identità. (…) Nella Costituzione, nella cultura, nella storia e nelle tradizioni dell’Italia sono presenti i principi in base ai quali si può costruire una rispettosa e pacifica convivenza anche con uomini e donne immigrati, provenienti da altre culture e appartenenti a Religioni diverse.” P. Piemontese ha poi ha sottolineato come Francesco abbia “incarnato e proposto uno stile e un modello di relazione tuttora attuale, per la costituzione di una civile e pacifica convivenza tra persone della stessa società, con i vicini e i lontani, con persone di cultura e religione diversa, con il creato. Per lui non c’è né nemico, né rivale, né estraneo, ma ogni uomo, in quanto creatura di Dio, salvato da Gesù Cristo, è immagine di Dio e fratello da amare.” Francesco ha vissuto quindi e proposto una integrazione umana, ma anche un’integrazione sociale, poiché “abbraccia e serve i lebbrosi e in loro tutti i rifiutati della società”, e un’integrazione culturale, in quanto “accoglie chiunque ha bisogno ed esorta i frati a condividere gioiosamente la loro vita con gente di bassa condizione e disprezzata.”
Servizio, accoglienza, condivisione: alcune delle note caratteristiche della spiritualità francescana, tuttora attuali, che devono essere messe in pratica tutti i giorni. Un’integrazione che si fa dialogo, ascolto e accoglienza. Citando la Vita Seconda di Tommaso da Celano, P. Piemontese ha proseguito: “Francesco voleva che i suoi figli vivessero in pace con tutti e, verso tutti senza eccezione, si mostrassero piccoli. (FF 730) Ai frati che si recano ad annunciare il Vangelo in terre lontane affida la consegna di vivere in pace, di confessare di essere cristiani, e di non predicare ad ogni costo, ma solo quando vedranno che piace al Signore. Col Sultano di Egitto intavola un dialogo sincero e rispettoso sui temi della pace e soprattutto sulla religione e sulla verità, senza sminuire la sua identità di discepolo di Cristo.”
Ma soprattutto, Francesco “si fa pellegrino e forestiero per essere concittadino, anzi fratello di tutti (Rnb, 6), ricordando la provvisorietà e precarietà dell’esistenza umana. Infine manifesta ed esprime la qualità della sua relazione ‘fraterna’ con l’universo intero, l’amore per la creazione, la natura, gli animali, le piante, quali creature di Dio nel meraviglioso Cantico di Frate Sole”. Povertà dunque ed essenzialità che ha permesso a Francesco di essere libero e di vivere da creatura e figlio la sua vita.
All’incontro inoltre è stato presentato uno studio dello storico di francescanesimo Don Felice Accrocca, commissionato dai frati del Sacro Convento di Assisi, sulla famosa frase che definisce San Francesco d'Assisi “Il più santo tra gli italiani, il più italiano tra i santi” che non appartiene né a Pio XII né a Benito Mussolini. Don Felice Accrocca, infatti, nel suo intervento ha spiegato di aver appurato che la frase è da attribuire a Vincenzo Gioberti, che la utilizzò nella sua opera più famosa, “Del primato morale e civile degli italiani”, del 1843, per celebrare la “semplicità popolana, ma pur bella e grande, di affetti e di opere” di Francesco d’Assisi che è “il più amabile, il più poetico e il più italiano de’ nostri santi!”. Solo successivamente Enrico Filiziani, nell’articolo pubblicato sul giornale cattolico “La Vera Roma” il 18 gennaio 1903 e intitolato “Per san Francesco d’Assisi”, scrisse: “Nessuno ardisca di toccare con indegno e vile pennello uno dei capolavori della grazia! San Francesco resti, quale ce lo presenta la realtà, il più santo fra gli Italiani, il più Italiano fra i santi.” Successivamente, il 18 giugno 1939, Pio XII proclamò san Francesco insieme a santa Caterina da Siena, Patrono d’Italia. Al termine dell’incontro, è stato consegnato al Presidente Schifani una copia dello studio di Don Felice Accrocca.
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