giovedì, ottobre 25, 2012
Una singolare galleria messicana espone le più disparate tecniche impiegate dai trafficanti sudamericani per lo spaccio della cocaina, insieme ad una variegata selezione di armi lussuose

di Paola Bisconti

Il museo de Enervantes, più noto come il museo de los Narcos di Città del Messico, esiste da 20 anni, ma sono in pochi ad averlo visitato. L’ingresso, infatti, è riservato agli specialisti della materia: circa 16.000 militari impegnati nella lotta contro i narcos messicani. L’esercito dello Stato, attraverso lo studio degli oggetti esposti nelle 10 sale della sede del Ministero della Difesa, può escogitare tecniche e strategie per combattere la più potente organizzazione criminale del mondo. Trecento metri quadrati sono stati allestiti con un’immensa varietà di cimeli, amuleti, cellulari e armi usate dai leader dei vari cartelli sudamericani: pistole laccate in oro e tempestate di diamanti come la Colt calibro 38, sulla quale sono stati incastonati 22 smeraldi e 389 brillanti che formano le iniziali di Amado Carrillo Fuentes, il celebre capo del cartello di Juarez morto nel 1997, oppure il fucile AR-15 appartenuto a Hèctor Luis Palma Salazar, detto El Guero, comandante del cartello di Sinalda, dove compare l’effige di una palma in oro.

All’interno del museo sono esposti anche ingegnosi e moderni mezzi impiegati per trasportare la cocaina. Si tratta di veicoli sfruttati soprattutto nel periodo più acceso nella guerra fra la Difesa Nazionale e i narcos: nella galleria è esposta la sagoma di uno dei primi sottomarini usati per raggiungere le coste degli Stati Uniti, insieme a missili che una volta lanciati venivano recuperati con l’aiuto di localizzatori satellitari e sub; sorprendente anche l’utilizzo di paracadute che trasportavano casse di metallo contenenti ingenti quantità di cocaina. Non manca l’impiego di elicotteri e aerei hi-tech che facilitano i viaggi notturni. Sorprendono alcuni arnesi decorati con delle immagini sacre, come una pistola con il disegno della Vergine di Guadalupe in oro e argento. Poi ci sono oggetti più banali come vasi e scarpe col doppio fondo, taniche di benzina, bambole, peluche, animali imbalsamati, forme di formaggio e cioccolato usati per nascondere la polvere bianca.

Oltre ad alcuni ritratti esposti nel museo che i leader si facevano commissionare con l’intento di immortalare l’aurea di potere che avevano all’interno delle organizzazioni criminali, come quello di Nachi Coronel, signore della droga, ucciso dall’esercito dello Stato, è presentata anche una minuziosa selezione delle sostanze stupefacenti coltivate nel Messico. Inoltre molti oggetti raccontano lo stile di vita degli appartenenti ai vari cartelli: manichini con tatuaggi macabri, cinture con grosse fibbie, occhiali grandi e scuri, stivali da cowboy, camice sgargianti e una serie di sombreros, utili a gettare ombra sui loro sporchi affari…

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