sabato, ottobre 20, 2012
L’attività della giornalista è una testimonianza di coraggio e di lotta contro la criminalità organizzata, in particolare nei quartieri campani dove la camorra cerca di intimidire i cittadini: i ragazzi dell’emittente radiofonica di Ercolano continuano a trasmettere messaggi di speranza

di Paola Bisconti

Amalia De Simone è una giornalista professionista napoletana, che da diversi anni dirige Radio Siani, un’emittente radiofonica fondata il 21 novembre del 2009. Gli studi, dove la radio trasmette non solo tanta musica ma anche tanti messaggi di legalità, si trovano ad Ercolano, in un bene confiscato alla camorra e al boss Giovanni Birra, leader di una famiglia mafiosa, acerrima nemica del clan degli Ascione. Ercolano per anni è stata teatro di una guerra sanguinosa, dove la criminalità organizzata si era impadronita di tutto, perfino di Radio Nuova Ercolano, che veniva usata dai boss per comunicare dei messaggi agli affiliati rinchiusi nei carceri di Poggio Reale e di Secondigliano. Ora invece a sostituire quel mezzo di informazione utilizzato per scopi mafiosi c’è appunto Radio Siani, composta da un gruppo di ragazzi che hanno l’obiettivo di cambiare le cose e realizzare un domani migliore. Sulla base di questi principi di giustizia, il team radiofonico ha fondato uno spazio ispirandosi a Giancarlo Siani, giornalista ventiseienne ucciso dalla mafia il 23 settembre del 1985 in seguito ad un articolo pubblicato sul quotidiano “Il Mattino” che raccontava i particolari dell’arresto di Valentino Gionta, boss di Torre Annunziata.

La radio, che come ha specificato diverse volte Amalia De Simone non è commerciale ma ha lo scopo di sensibilizzare gli ascoltatori alla questione mafiosa, è una felice realtà che si contraddistingue in un territorio dove la mafia si è diramata in ogni settore: politica, sanità, imprenditoria, informazione. Riconosciuta come associazione di promozione sociale, la radio è anche un portale dove chiunque può esprimersi liberamente sulla questione mafia, proprio come ha sempre fatto Amalia, che ha ricevuto il premio per la libertà d’informazione, due volte il premio di Cronista dell’anno (nel 2004 e nel 2012), è stata finalista del Premio Ilaria Alpi e recentemente ha ricevuto, per conto della sua radio, il Premio Giuntella per la libertà di stampa e un riconoscimento per l’impegno civile.

Noi de La Perfetta Letizia abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare Amalia, che collabora anche con prestigiose riviste e attualmente realizza video-inchieste per il Corriere della Sera e per la Rai. I suoi reportage sono stati citati in alcuni saggi di autorevoli scrittori e la sua storia di cronista minacciata dalla mafia è stata raccontata nell’e-book “La donna che morse il cane”. De Simone è anche una delle 5 protagoniste del libro di Gerardo Adinolfi sulle donne che combattono la mafia, insieme a Maria Luisa Mastrogiovanni, che i lettori del nostro quotidiano hanno già avuto modo di conoscere.

D - L’operato di Radio Siani è molto meritorio ed al tempo stesso efficiente: quali sono i risultati più belli che ha ottenuto con il suo lodevole impegno?
R - In realtà si tratta solo di un impegno civile che ci ha permesso di avvicinare quei ragazzi appartenenti alle famiglie malavitose che attraverso Radio Siani hanno avuto modo di esprimere il loro dissenso alla mafia, lanciando una serie di messaggi contro la camorra. È una sorta di contaminazione che dà la possibilità di salvezza a questi giovani che fino ad ora hanno visto solamente la faccia del male e l’hanno vissuta come una normalità.

D - Cosa l’ha spinta a dirigere una radio così singolare e differente dalle altre?
R - Tutto è accaduto perché stavo realizzando un servizio per il programma “Linea notte” della Rai. Mi stavo occupando di beni confiscati alla mafia e dato che avevo già sentito parlare di Radio Siani ho incontrato i ragazzi. Subito dopo il lavoro ci siamo visti altre volte e ho notato in loro molto entusiasmo e il desiderio di realizzare tanti progetti, ma nello stesso tempo avevano una serie di difficoltà data la poca esperienza nel settore, così mi hanno chiesto di organizzare il loro operato. In un primo momento ho cercato di far cambiare loro idea perché non sono una diplomatica e non ho poteri forti, poi però ci siamo voluti subito bene, ci siamo resi conto che avevamo le stesse idee e quindi abbiamo cominciato questa esperienza insieme. Si tratta di un’attività di volontariato che dovrei fare nel tempo libero ma che mi prende molto di più.

D - Il territorio campano, insieme alla gran parte del meridione, è la “culla” della criminalità organizzata, ma i recenti fatti di cronaca hanno dimostrato come questa si sia infiltrata anche al nord. Quanto ha contribuito proprio il giornalismo a svelare questi retroscena così scottanti nelle regioni settentrionali?
R - Quando si raccontano questo tipo di storie si descrive sempre un intreccio tra il mondo economico e la criminalità organizzata. Sono i soldi che interessano alla mafia, che cerca di essere presente un po’ ovunque, dalle amministrazioni comunali alle “stanze dei bottoni economiche”, ecco perché si è infiltrata in tanti settori: giochi, scommesse, lotto, videopoker, ristorazione, edilizia, eccetera. Il collegamento tra le mafie del sud e l’imprenditoria e la politica del nord non sorprende più soprattutto il cronista. È necessario però che non si faccia calare l’attenzione sul problema, anzi è indispensabile andare sempre più a fondo.

D - Lei è una delle protagoniste dell’e-book “La donna che morse il cane”: avrebbe mai potuto immaginare che nella sua carriera professionale sarebbe andata incontro a questo tipo di rischi? O è stata sempre consapevole del pericolo quando ha sfidato il sistema corrotto?
R - Io non ho sfidato niente, ho fatto solo quello che ritengo sia giusto fare. Diciamo che periodicamente c’è qualcuno che mi infastidisce ma non sono quel tipo di minacce fisiche e verbali a cui pensano tutti. Sono in realtà delle interferenze che quotidianamente incontro, ma accade a chiunque svolge il mio stesso lavoro, quindi incidono molto nella vita di un giornalista soprattutto se precario o free-lance. Chiaramente avevo messo in conto questo aspetto, ma non bisogna enfatizzare troppo questi segnali perché penso che la migliore cosa per contrastare tutto questo sia continuare a svolgere la propria attività in maniera naturale senza fare atti di eroismo né piangersi addosso.

D - Una delle battaglie di Radio Siani è quella che favorisce il consumo critico, la preferenza cioè ad acquistare prodotti venduti dalle attività commerciali che non pagano il pizzo. Ci racconti di questo progetto così sentito dall’imprenditoria locale.
R - Attraverso le trasmissioni radiofoniche, alcune particolarmente seguite da un’utenza giovanile, si affronta la questione e si cerca di far comprendere alla gente che durante l’acquisto occorre avere un atteggiamento attento cercando di prediligere quei prodotti venduti dai commercianti che resistono e hanno detto no alla camorra. La mafia tenta di imporre non solo l’estorsione di tangenti ma anche il commercio di alcuni prodotti come il pesce, il latte, la mozzarella e il caffè in alcuni bar.

D - I libri sono passati di moda, la tv è una “cattiva maestra”, il cinema italiano è in perenne crisi soprattutto di valori (salvo qualche rara eccezione), l’informazione è troppo spesso soggiogata dalle correnti politiche che la influenzano; rimane fuori dal contesto la radio: se tutte emulassero l’esempio di Radio Siani almeno nella libertà di espressione, si potrebbe sperare in un cambiamento radicale o non basterebbe per scuotere le coscienze di tutti?
R - Non sono del tutto d’accordo con questa analisi perché penso che ci siano delle buone eccezioni come alcuni giornali soprattutto on line, nell’editoria con la pubblicazione di libri che affrontano la questione mafiosa, così come c’è un forte risveglio nel cinema, basti pensare alle ultime pellicole realizzate da un anno e mezzo a questa parte da registi come Guido Lombardi, i fratelli Taviani e Matteo Garrone. Credo che ci sia un fermento in questo senso e Radio Siani non è l’unico esempio di libertà, questo lo dico con cognizione di causa perché io stessa ho la possibilità di pubblicare le mie inchieste in alcuni programmi della Rai o su testate come il Corriere della Sera, che sono molto forti, e i miei pezzi hanno trovato sempre la giusta evidenza. Chi fa questo mestiere non lo fa solo per se stesso ma con l’obiettivo di cambiare lo stato delle cose. È pur vero che ci sono dei casi in cui il cronista non può esprimersi liberamente ma di solito questo accade quando si trova in uno stato precario… tuttavia c’è chi ugualmente decide di resistere!

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