Tutti a parlare della P.A.S. (sindrome di alienazione genitoriale)... ma anche a desiderare la serenità che produce un matrimonio stabile
dello psicologo Gennaro Iasevoli
Spero che dopo tanto clamore le nuove coppie di genitori evitino, ove possibile, di incorrere in dannose separazioni, tanto incisive sulla tranquillità dei figli. Noto innanzitutto che la P.A.S. nasce nelle famiglie prima molto unite che poi si sfasciano, mentre è meno sentita quando i genitori già da sempre si vedono poco, magari per ragioni di lavoro. Noi tutti chiamiamo genitori possessivi quelli che pur concedendo una vita normale ai loro figli stanno sempre a far loro domande e a dar loro suggerimenti dettagliati ed “asfissianti”, anche sulle normali esperienze di relazione scolastiche di ogni giorno, punto per punto. I genitori possessivi diventano essi stessi l’obiettivo della vita del figlio che ormai non ha più spazi personali da dedicare alla scoperta del mondo esterno, quando torna da scuola. Parlo di ragazzi di sei-dieci anni che sono costretti a vedere la vita soltanto in funzione del soddisfacimento del volere di uno o di ambedue i genitori.
In genere il genitore che condiziona il figlio facendolo alla fine colpire dalla PAS compie una serie di gravi errori educativi, cominciando col riferire al figlio confidenze troppo grandi e sconvolgenti per la giovane età. Per esempio dice di soffrire molto da quando si è sposato/a, di sentirsi solo/a per l’abbandono della moglie o del marito, di rimanere sempre con pochi soldi, di non potersi curare le malattie, di non poter andare in villeggiatura, tutto per colpa del coniuge. Il ragazzo sente queste sofferenze del genitore e ne soffre tantissimo, anche quando dorme e quando va a scuola. Non sa rispondere né trovare un rimedio ed intanto sa solo sperare che la situazione migliori, cedendo frattanto a crisi di ansia e di angoscia, talvolta osservabili attraverso un comportamento chiuso e scontroso. Non odia mai né teme il genitore sotto accusa, e soltanto in casi di continuo “martellamento”accusatorio da parte del genitore che si sente leso (a torto o a ragione che sia) reagisce con la fuga, con l’auto-isolamento o con la richiesta di soccorso. Quindi è chiaro che sto insistendo sul fatto che il ragazzo non si fa quasi mai convincere da uno dei genitori sui torti dell’altro ed anche quando dà ragione al genitore che lamenta il danno lo fa più per acquiescenza che per convinzione; anzi, quando stanco delle pressioni psicologiche comincia a dare anche risposte illogiche, allora significa che si sta istaurando la sofferenza tipica della sindrome di allontanamento forzato di un genitore.
Che fare? Io direi di agire con gli strumenti della psicologia principalmente per i genitori, controllando in maniera collaborativa il loro comportamento e soprattutto i loro obiettivi mentali, sentendo le loro proposte per vedere se tutto o quasi tutto è a posto e per scongiurare anche l’esistenza di eventuali patologie psichiche sempre in agguato, così come sofferenze esistenziali che condizionano inevitabilmente anche il rapporto con i figli. Ripeto quindi che è fondamentale un primo approccio psicologico che riguardi i genitori: se la coppia “si agita troppo” coinvolge negativamente anche i figli.
A questo punto che cosa devo rispondere a quanti dicono di dover ascoltare il parere dei diretti interessati, cioè dei figli contesi? Dico che il parere dei figli si deve ascoltare con molto riguardo, tenendo presente che in genere si tratta di ragazzi che devono essere amati e curati. In vari casi noi dall’esterno non riusciamo ad osservare bene i figli contesi, che magari contro ogni regola psicologica e giuridica vengono di nascosto indottrinati già al mattino sin dal risveglio; poi durante i pasti, e ancora di sera prima di addormentarsi, tutta una serie di minuziose comunicazioni, ripetizioni insieme martellanti, affettuose, mielose ed asfissianti, che magari finiscono per soppiantare le spontanee fantasie infantili, e quindi vanno a condizionare il volere del ragazzo, riducendolo ad uno sventurato costretto a nascondersi senza aver fatto niente.
Nessun figlio di separati o di divorziati deve essere convinto o costretto da chicchessia a nascondersi! Partiamo da qui e vigiliamo sulle sue scelte incondizionate, senza suggeritori, fidandoci principalmente della scuola, attraverso i pareri espressi dalle componenti più esperte e deputate allo scopo, a partire dai docenti, dai dirigenti e dagli specialisti che la costituiscono. Il padre e la madre non dovrebbero ostinarsi nell’isolamento e nella funzione genitoriale assolutizzante o privilegiata di tipo “proprietario”, ma dovrebbero accettare – o almeno permettere – la condivisione affettiva del figlio; e sarebbe bello, ripeto, una volta per tutte avere più fiducia nell’aiuto e nei suggerimenti della scuola e degli specialisti, che possono consentire le soluzioni più utili a salvaguardare il figlio, che rimane purtroppo vittima indifesa dopo le burrasche genitoriali. Parlo appunto di burrasche perché ho visto in molti casi che si tratta semplicemente di incomprensioni passeggere, spesso inspiegabili sul piano logico…
dello psicologo Gennaro Iasevoli
Spero che dopo tanto clamore le nuove coppie di genitori evitino, ove possibile, di incorrere in dannose separazioni, tanto incisive sulla tranquillità dei figli. Noto innanzitutto che la P.A.S. nasce nelle famiglie prima molto unite che poi si sfasciano, mentre è meno sentita quando i genitori già da sempre si vedono poco, magari per ragioni di lavoro. Noi tutti chiamiamo genitori possessivi quelli che pur concedendo una vita normale ai loro figli stanno sempre a far loro domande e a dar loro suggerimenti dettagliati ed “asfissianti”, anche sulle normali esperienze di relazione scolastiche di ogni giorno, punto per punto. I genitori possessivi diventano essi stessi l’obiettivo della vita del figlio che ormai non ha più spazi personali da dedicare alla scoperta del mondo esterno, quando torna da scuola. Parlo di ragazzi di sei-dieci anni che sono costretti a vedere la vita soltanto in funzione del soddisfacimento del volere di uno o di ambedue i genitori.
In genere il genitore che condiziona il figlio facendolo alla fine colpire dalla PAS compie una serie di gravi errori educativi, cominciando col riferire al figlio confidenze troppo grandi e sconvolgenti per la giovane età. Per esempio dice di soffrire molto da quando si è sposato/a, di sentirsi solo/a per l’abbandono della moglie o del marito, di rimanere sempre con pochi soldi, di non potersi curare le malattie, di non poter andare in villeggiatura, tutto per colpa del coniuge. Il ragazzo sente queste sofferenze del genitore e ne soffre tantissimo, anche quando dorme e quando va a scuola. Non sa rispondere né trovare un rimedio ed intanto sa solo sperare che la situazione migliori, cedendo frattanto a crisi di ansia e di angoscia, talvolta osservabili attraverso un comportamento chiuso e scontroso. Non odia mai né teme il genitore sotto accusa, e soltanto in casi di continuo “martellamento”accusatorio da parte del genitore che si sente leso (a torto o a ragione che sia) reagisce con la fuga, con l’auto-isolamento o con la richiesta di soccorso. Quindi è chiaro che sto insistendo sul fatto che il ragazzo non si fa quasi mai convincere da uno dei genitori sui torti dell’altro ed anche quando dà ragione al genitore che lamenta il danno lo fa più per acquiescenza che per convinzione; anzi, quando stanco delle pressioni psicologiche comincia a dare anche risposte illogiche, allora significa che si sta istaurando la sofferenza tipica della sindrome di allontanamento forzato di un genitore.
Che fare? Io direi di agire con gli strumenti della psicologia principalmente per i genitori, controllando in maniera collaborativa il loro comportamento e soprattutto i loro obiettivi mentali, sentendo le loro proposte per vedere se tutto o quasi tutto è a posto e per scongiurare anche l’esistenza di eventuali patologie psichiche sempre in agguato, così come sofferenze esistenziali che condizionano inevitabilmente anche il rapporto con i figli. Ripeto quindi che è fondamentale un primo approccio psicologico che riguardi i genitori: se la coppia “si agita troppo” coinvolge negativamente anche i figli.
A questo punto che cosa devo rispondere a quanti dicono di dover ascoltare il parere dei diretti interessati, cioè dei figli contesi? Dico che il parere dei figli si deve ascoltare con molto riguardo, tenendo presente che in genere si tratta di ragazzi che devono essere amati e curati. In vari casi noi dall’esterno non riusciamo ad osservare bene i figli contesi, che magari contro ogni regola psicologica e giuridica vengono di nascosto indottrinati già al mattino sin dal risveglio; poi durante i pasti, e ancora di sera prima di addormentarsi, tutta una serie di minuziose comunicazioni, ripetizioni insieme martellanti, affettuose, mielose ed asfissianti, che magari finiscono per soppiantare le spontanee fantasie infantili, e quindi vanno a condizionare il volere del ragazzo, riducendolo ad uno sventurato costretto a nascondersi senza aver fatto niente.
Nessun figlio di separati o di divorziati deve essere convinto o costretto da chicchessia a nascondersi! Partiamo da qui e vigiliamo sulle sue scelte incondizionate, senza suggeritori, fidandoci principalmente della scuola, attraverso i pareri espressi dalle componenti più esperte e deputate allo scopo, a partire dai docenti, dai dirigenti e dagli specialisti che la costituiscono. Il padre e la madre non dovrebbero ostinarsi nell’isolamento e nella funzione genitoriale assolutizzante o privilegiata di tipo “proprietario”, ma dovrebbero accettare – o almeno permettere – la condivisione affettiva del figlio; e sarebbe bello, ripeto, una volta per tutte avere più fiducia nell’aiuto e nei suggerimenti della scuola e degli specialisti, che possono consentire le soluzioni più utili a salvaguardare il figlio, che rimane purtroppo vittima indifesa dopo le burrasche genitoriali. Parlo appunto di burrasche perché ho visto in molti casi che si tratta semplicemente di incomprensioni passeggere, spesso inspiegabili sul piano logico…
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